L’ex presidente Donald Trump è tornato stamani a Washington nel tribunale d’appello della Corte federale per chiedere l’immunità ed evitare di essere processato con l’accusa di aver tentato di sovvertire il risultato delle presidenziali del 2020. Nella sua prima apparizione in tribunale a Washington – una delle quattro città in cui deve affrontare procedimenti penali – Trump si è seduto accanto ai suoi avvocati al tavolo della difesa, osservando attentamente e occasionalmente prendendo appunti e parlando con i suoi legali.
La corte d’appello è composta da tre giudici, due di nomina democratica e uno scelto dai repubblicani. In aula, oltre all’ex presidente, anche il super procuratore Jack Smith, che guida le indagini federali su Trump.
Il primo dicembre il magistrato federale Tanya Chutkan aveva respinto la richiesta dell’immunità presidenziale. Da qui l’appello di questa mattina degli avvocati di Trump. Il giudice Chutkan nella sua decisione aveva stabilito che l’ufficio della presidenza non conferisce un “pass per uscire gratis di prigione”. Il procuratore Speciale Jack Smith, che è determinato a mantenere il caso nei tempi previsti, ha cercato di scavalcare l’udienza di oggi chiedendo alla Corte Suprema di decidere sull’immunità. I giudici però hanno rifiutato di intervenire senza prima il parere della Corte d’Appello.
Anche questa mattina i giudici erano molto scettici che i Padri Fondatori avessero previsto nella Costituzione l’immunità presidenziale per i crimini penali. Per quasi due ore John Sauer, l’avvocato dell’ex presidente, ha sostenuto che Trump aveva diritto all'”immunità assoluta” in quanto nel 2020, aveva agito nel pieno delle sue funzioni di presidente degli Stati Uniti, che si sentiva defraudato della vittoria.
Gli ex presidenti godono di un’ampia immunità dalle azioni legali per azioni intraprese nell’ambito dei loro doveri ufficiali alla Casa Bianca. Ma poiché nessun ex presidente prima di Trump è mai stato rinviato a giudizio per un crimine penale, i tribunali non si sono mai interrogati se l’immunità presidenziale possa estendersi ai procedimenti criminali. “Ammettiamo per ipotesi che un presidente venda ad un paese nemico i segreti dell’arsenale nucleare americano, o ordini l’uccisione di un suo rivale politico – aveva retoricamente chiesto Jack Smith nei giorni scorsi – non può essere perseguito perché gode dell’immunità presidenziale?”
Nelle 45 pagine del rinvio a giudizio rilasciate ad agosto dal super procuratore Jack Smith, l’ex presidente è accusato di essere al centro di un complotto architettato per bloccare il trasferimento democratico dei poteri e riconoscere la vittoria di Joe Biden.

L’interferenza nelle elezioni è solo uno dei molti capi d’accusa, più di novanta, che hanno finora raggiunto Donald Trump.
“Mai – ha sostenuto in apertura di udienza James Pearce, il sostituto procuratore che rappresenta l’ufficio di Jack Smith – nella storia della nostra nazione, c’è stato un presidente che reclama l’immunità per crimini penali”. Pearce ha sostenuto che i presidenti non hanno diritto all’immunità assoluta e che, in ogni caso, gli atti per i quali Trump è accusato, tra cui il complotto per arruolare falsi elettori negli stati vinti da Biden e le pressioni sul vicepresidente Mike Pence per respingere il conteggio dei voti elettorali del 6 gennaio 2021 – non rientrano nelle mansioni lavorative ufficiali di un presidente.
Con Donald Trump davanti a loro i tre giudici della corte d’appello hanno espresso profondo scetticismo sul fatto che l’ex presidente potesse godere dell’immunità presidenziale. I magistrati hanno anche messo in dubbio l’utilità dell’appello, facendo capire che la richiesta di revisione del giudizio di primo grado potrebbe anche essere respinta e quindi mantenere la decisione del tribunale di primo grado.
Nel corso delle lunghe discussioni, i giudici hanno ripetutamente sollecitato l’avvocato di Trump a difendere le affermazioni secondo cui l’ex presidente sarebbe stato protetto da accuse penali. L’avvocato ha cercato di non rispondere riparandosi dietro il concetto di immunità presidenziale. “Autorizzare il perseguimento di un presidente per atti ufficiali aprirebbe un vaso di Pandora dal quale questa nazione potrebbe non riprendersi mai”, ha detto l’avvocato Sauer.

“Penso che sia paradossale affermare che il suo dovere costituzionale di presidente di vigilare sulla fedele esecuzione delle leggi gli consenta di violare il diritto penale”, ha affermato il giudice Karen LeCraft Henderson, nominata dall’ex presidente George W. Bush.
La decisione che i magistrati prenderanno avrà enormi implicazioni sia per lo storico procedimento penale contro Trump, sia per la questione più ampia, e giuridicamente non verificata, se un ex presidente possa essere perseguito per atti criminali commessi quando era alla Casa Bianca. Probabilmente porrà anche le basi per ulteriori ricorsi davanti alla Corte Suprema federale.
Un verdetto rapido è fondamentale per il procuratore speciale Jack Smith e il suo team, che sono ansiosi di portare il caso – ora in pausa in attesa della decisione di questo appello – al processo prima delle elezioni di novembre. Ma gli avvocati di Trump, oltre a cercare ottenere l’archiviazione del caso, sperano di beneficiare di un lungo processo di appello che potrebbe far slittare i tempi ben oltre la data di inizio messa in calendario per il 4 marzo, anche fino a potenzialmente dopo le elezioni.
Dopo l’udienza Trump ha parlato con i giornalisti all’hotel Waldorf-Astoria, che era il Trump International Hotel, definendolo “un giorno davvero importante”. Ha insistito di non aver fatto nulla di male e ha affermato di essere perseguito dall’amministrazione Biden per motivi politici.