I repubblicani hanno fatto della sicurezza alla frontiera con il Messico uno dei cardini della loro piattaforma politica tanto che oggi una sessantina di deputati, con a capo lo speaker della Camera Mike Johnson, sono andati in Texas, al confine per denunciare le disfunzioni del sistema dopo che ieri la Casa Bianca aveva ordinato la riapertura di quattro punti d’ingresso che erano stati chiusi il mese scorso.
Lo speaker durante il tour al confine ha detto che si attiene alle politiche di un disegno di legge approvato a maggio alla Camera senza un solo voto democratico. Vuole costruire un muro di confine e imporre nuove restrizioni a chi richiede asilo. I democratici hanno definito questa legislazione “crudele” e “anti-immigrazione” e Biden ha detto che avrebbe posto il veto. “Se il presidente Biden vuole un disegno di legge di spesa supplementare incentrato sulla sicurezza nazionale, è meglio che inizi con la difesa della sicurezza nazionale americana”, ha affermato. Johnson aggiungendo: “Vogliamo mettere in sicurezza il confine”.
Biden ha espresso la volontà di scendere a compromessi politici poiché il numero storico di migranti che attraversano il confine rappresenta una sfida crescente per la sua campagna di rielezione del 2024.
I repubblicani chiedono misure restrittive per chi vuole entrare negli Stati Uniti, anche per chi vuole chiedere asilo. Denunciano le disfunzioni di un sistema immigratorio obsoleto ancorato all’ultima riforma sulla sicurezza dei confini fatta da Ronald Reagan quando cellulari, GPS e droni e tutta la sorveglianza elettronica non era stata ancora inventata. Una legge vecchia non adeguata ai nostri tempi, che non vuole concedere la cittadinanza neanche a quanti da bambini sono stati portati illegalmente negli Stati Uniti dai loro genitori, o alle persone che scappano dalle persecuzioni politiche e religiose. Un diritto d’asilo che è parte storica della nascita degli Stati Uniti.
I repubblicani non hanno la forza politica al Congresso per far passare una legge restrittiva e hanno legato le misure restrittive per l’immigrazione all’approvazione del bilancio federale. Una prova di forza anche se la loro maggioranza alla Camera in questi giorni si è ulteriormente ridotta in seguito all’espulsione di George Santos, alle dimissioni dell’ex speaker Kevin McCarthy, e tra un paio di settimane lascerà anche Bill Johnson. Ora sono al comando con solo 6 voti, mentre al Senato sono in minoranza. Uno stallo istituzionale che, usando la logica, potrebbe essere superato solo con la mediazione, ma questo Congresso è avvelenato dalla retorica e la mediazione viene considerata debolezza. Così nulla si muove e i due partiti scavano le trincee accusandosi reciprocamente senza proporre soluzioni. Addirittura oggi il congressman repubblicano Mark Green ha detto che mercoledì prossimo avvierà il dibattito nella Commissione Parlamentare che lui presiede per mettere sotto inchiesta il segretario della Homeland Security, Alejandro Mayorkas, per le disfunzioni del sistema immigratorio.
Non avendo la forza per varare una riforma dell’immigrazione il passo successivo dei repubblicani è stato quello di imporre regole più severe per chi vuole entrare nel Paese. Per fare questo, come pedina di scambio, hanno bloccato il sostegno dell’assistenza militare a Israele e Ucraina.
I tentativi per trovare un accordo vengono anche mortificati dalla retorica intransigente sull’immigrazione fatti dall’ex presidente Donald Trump.
A dicembre, il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer e il leader della minoranza Mitch McConnell avevano affermato in una dichiarazione congiunta che i negoziati stavano facendo “progressi incoraggianti”, ma che “rimangono questioni impegnative”.

Il viaggio in Texas al confine con il Messico dello speaker Mike Johnson avviene mentre tra pochi giorni i parlamentari affronteranno la battaglia sui finanziamenti governativi. Il Congresso dovrà affrontare non una ma due scadenze, il 19 gennaio e il 2 febbraio, per evitare lo shutdown degli uffici federali.
A metà novembre il Congresso ha rinviato la soluzione approvando una legge ponte provvisoria estendendo i finanziamenti governativi fino al 19 gennaio per alcune agenzie federali tra cui il Pentagono, l’assistenza ai veterani, i trasporti, l’edilizia abitativa e il Dipartimento dell’Energia. Il resto del governo sarà finanziato fino al 2 febbraio. Una soluzione per dare ai legislatori più tempo per raggiungere un accordo per approvare il bilancio di spesa per l’intero anno. In assenza di un accordo il Congresso dovrà ora decidere se approvare nuovamente un disegno di legge temporaneo, o chiudere le attività federali.
Da dire che i leader democratici e repubblicani del Senato sono contrari a un provvedimento temporaneo. “E’ semplicemente inaccettabile. È devastante, in particolare per la difesa, e abbiamo tutte queste guerre in corso, quindi dobbiamo raggiungere un accordo sui livelli più alti e ottenere un risultato il prima possibile”, ha detto McConnell a dicembre.
Dopo che Johnson è stato eletto speaker, alcuni conservatori hanno segnalato che gli avrebbero dato il tempo di trovare una soluzione. Da ricordare che l’ex speaker Kevin McCarthy era stato estromesso dai parlamentari seguaci di Trump proprio per questo. Così i margini di manovra per Mike Johnson sono strettissimi e non è chiaro se cercherà il compromesso, avviando un dialogo, o uno scontro puntando al lockdown.
Johnson dovrà anche guidare la sua ristretta maggioranza attraverso l’inchiesta di impeachment del GOP sul presidente Joe Biden. A dicembre la Camera ha votato per formalizzare l’indagine di impeachment su Biden ma finora non sono emersi illeciti da parte del capo della Casa Bianca, un fatto che mette in difficoltà i parlamentati repubblicani nei distretti più competitivi.