È durata poco più di un anno la carriera politica di George Santos, il parlamentare repubblicano eletto nel terzo distretto elettorale di New York, quello che copre la parte Ovest di Long Island e Queens.
E’ stato espulso dalla Camera. 311 parlamentari hanno votato per la sua espulsione, 114 si sono opposti e due si sono astenuti dal voto.
Una mossa insolita. Nei quasi 250 anni di storia degli Stati Uniti solo 5 parlamentari sono stati sbattuti fuori dal Congresso prima di lui. L’ultimo nel 2002, James Trafficant, condannato per dieci capi di imputazione tra cui corruzione, cospirazione per frodare gli Stati Uniti, ostruzione alla giustizia, evasione fiscale e racket.
George Santos è stato incriminato dagli inquirenti federali per associazione a delinquere finalizzata a commettere reati contro gli Stati Uniti, due capi di imputazione per frode telematica, due capi di imputazione per aver rilasciato dichiarazioni materialmente false alla Commissione elettorale federale, due capi di imputazione per falsificazione di documenti presentati per ostacolare la FEC, Federal Election Commission, due capi di imputazione per furto di identità aggravato e uno per una frode per benefici assistenziali senza averne diritto. Il suo processo è stato fissato per il 9 settembre 2024. Il parlamentare ha dichiarato nei giorni scorsi che non si sarebbe ricandidato.
Secondo gli inquirenti federali Santos ha rubato le identità delle persone che gli avevano inviato contributi elettorali, ha effettuato addebiti sulle loro carte di credito senza la loro autorizzazione e ha presentato falsi rapporti elettorali che elencavano prestiti e contributi inesistenti.

La scorsa settimana la Commissione Etica della Camera ha concluso l’inchiesta condotta dagli inquirenti della Camera. Un rapporto finale di 57 pagine che ha esaminato gli aspetti finanziari della sua elezione alla Camera. Migliaia di dollari presi dal fondo elettorale per acquisti personali, botox, cravatte di Hermes, rimborsi per prestiti mai fatti, viaggi e soggiorni che non avevano nulla a che fare con la sua campagna elettorale. Ma non solo. Anche se aveva un lavoro in Florida, percepiva gli assegni di disoccupazione di sostegno per quanti avevano perso il lavoro per il Covid. E per questo è scattata la prima incriminazione federale. Poi, successivamente, scavando nei rapporti finanziari presentati alla Commissione Elettorale Federale, sono arrivate le altre denunce penali.
Il parlamentare di New York era finito sotto i riflettori per essersi inventato di sana pianta parte della sua vita. Eletto come Repubblicano a New York, in un distretto Democratico, Santos aveva costruito una biografia superba, ma fasulla.
Ha affermato di aver lavorato per Goldman Sachs e Citigroup, di aver preso due lauree, una in giurisprudenza al Baruch College, e di aver perso la madre, morta nell’attacco terroristico alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001, mentre quattro dipendenti del suo staff erano rimasti vittime del massacro al nightclub Pulse di Orlando, Florida, nel 2016. La madre, Fatima Devolder, è morta tre anni dopo e l’11 Settembre del 2001 era in Brasile. La laurea in legge non c’è mai stata e non è mai stato uno studente del Baruch Law School
Bugie a raffica durante la campagna elettorale: raccontava di essere ricco, di essere un broker di Wall Street, di avere una villa agli Hamptons, di aver ottenuto borse di studio per le sue qualità atletiche, affermava che i nonni erano ebrei ucraini sopravvissuti all’Olocausto. Balle raccontate per poi chiedere soldi per la sua campagna elettorale.

Un piccolo giornale locale, peraltro repubblicano, il “North Shore Leader”, aveva scoperto le bugie di Santos prima delle elezioni. E le aveva pubblicate. Non abitava dove diceva di abitare, non aveva nessuna villa agli Hamptons, non era un finanziere di Wall Street, non era “un broker di successo”, aveva scritto Grant Lally, il direttore del settimanale. Ma nessuno dei grandi giornali, e tantomeno lo sfidante del partito democratico, ha fatto un controllo prima delle elezioni.
Solo dopo che era stato eletto il New York Times gli aveva chiesto conto della storia della sua origine ebrea e Santos aveva risposto, ammiccando: “Non sono proprio ebreo, diciamo che mi considero ebreo”. Un’affermazione che ha fatto esplodere l’attenzione dei giornali nazionali. Ogni giorno, da metà novembre, ne è spuntata una nuova: non era neanche laureato, non aveva inventato nessuna “tecnologia per catturare il carbonio”, e non era vera neanche la storia che la famiglia, in un momento di difficoltà economiche, lo avesse costretto a lasciare il prestigioso liceo Horace Mann School nel Bronx “mesi prima” che si diplomasse.
Ma Santos è molto più di un “bugiardo compulsivo”: secondo gli inquirenti federali è un truffatore che ha usato donazioni elettorali per comprarsi vestiti di sartoria e spese personali e abbonamenti ai siti porno. Tra le accuse c’è anche la truffa nel 2016 ai danni di un veterano di guerra in Iraq, il cui cane malato aveva bisogno di cure urgenti. Santos aveva lanciato una campagna di raccolta fondi su Gofund.me per pagare le spese mediche, salvo poi tenersi tutte le donazioni, tremila dollari.
Tra le tante bugie raccontate anche quella della sua carriera sportiva: affermava di essere un campione di pallavolo al college. Una frottola di troppo finita sui giornali che ha svegliato il risentimento di alcuni vecchi amici che, con foto alla mano, hanno detto che l’unica attività sportiva di Santos faceva era quella di andare al Carnevale di Rio dove sfilava vestito da drag queen.