I democratici vincono e traballano, i repubblicani perdono e si compattano. Le elezioni di martedì si sono tenute dopo che i sondaggi avevano messo in evidenza le perplessità dell’elettorato sulla seconda candidatura di Joe Biden per la Casa Bianca tanto che, secondo questi sondaggi, se si votasse oggi Trump lo batterebbe. Un dèja vu delle elezioni del 2020, quando tutti i sondaggi davano Trump in testa.
Nonostante la vittoria alle elezioni di martedì scorso, i democratici prendono le distanze da Joe Biden. Questo perché molti dei voti per i successi dei dem sono stati ottenuti con i voti degli indipendenti i quali con l’estremismo dei Maga non vogliono avere nulla a che spartire.
Il vittorioso governatore del Kentucky Andy Beshear non ha voluto l’appoggio politico di Biden proprio per questo. In Virginia, invece, la pesante sconfitta dei repubblicani ha fatto desistere il governatore Glenn Youngkin dai suoi propositi presidenziali. E anche in questo caso la vittoria dei dem è maturata con il voto degli indipendenti che delle questioni come il diritto delle donne per la maternità hanno sposato la causa dei democratici.
Dopo la batosta un portavoce del governatore ha affermato che Youngkin ora si concentrerà alla vittoria del partito per le prossime elezioni.
A meno di un anno dal voto delle presidenziali la situazione elettorale si è involuta: i Democratici hanno in Biden un candidato ufficiale che molti elettori della base non vorrebbero; mentre i Repubblicani devono ancora ufficialmente sceglierne uno, sapendo però che nella lista c’è solo un nome. E questo nonostante i novantuno capi d’accusa che pendono su Trump in quattro inchieste, e il processo civile in corso a New York. Ma Trump sempre più spostato a destra con i Maga si è alienato il voto degli indipendenti.
L’ex presidente continua a essere popolare tra i repubblicani mentre Biden, nonostante la sua poderosa agenda economica che ha riportato in carreggiata l’economia dopo la pandemia e che ha portato ai minimi storici il tasso di disoccupazione, non riesce a convincere gli elettori che lui è la persona giusta da confermare alla Casa Bianca.

Martedì i successi dei democratici ci sono stati sia nelle aree rosse, quelle tradizionalmente repubblicane, che in quelle blu, tradizionalmente democratiche. Questo perché anche dove i democratici sono stati battuti, come è avvenuto per Brandon Presley in Tennessee, la sconfitta è stata una vittoria per i dem perché Presley è stato sconfitto con meno del 5 % dei voti dal governatore Tate Reeves legato ai Maga. Il Tennessee è uno Stato in cui 3 anni fa Trump ha vinto con il 16% dei voti in più di quelli di Biden.
Risultati che evidenziano questa dicotomia tra la debolezza di Biden nei sondaggi e le vittorie degli altri democratici e la crescente popolarità di Trump e le sconfitte dei repubblicani. E la spiegazione è proprio data dall’appoggio degli indipendenti ai temi sociali.
A un anno dalle elezioni presidenziali Biden e Trump si trovano alle prese con due grandi incognite: per il democratico il crollo della popolarità, per il repubblicano i processi.
In questo clima di incertezza ieri c’è stato l’annuncio da parte del senatore democratico della West Virginia Joe Manchin di non ricandidarsi alle elezioni del 2024.
Un doppio pugno per i suoi compagni di partito perché in West Virginia si candida il popolare ex governatore repubblicano Jim Justice che, molto probabilmente conquisterà la carica attualmente detenuta da Manchin e, a meno di altri clamorosi sviluppi, con la sua vittoria i repubblicani riconquisteranno la maggioranza al Senato.

Poi Manchin non ha voluto elaborare i suoi programmi futuri e corrono voci che potrebbe candidarsi per la Casa Bianca da indipendente o che andrà a dirigere il gruppo politico “No Lables”. Se si dovesse candidare non vincerà, ma porterà via altri voti a Joe Biden. Una tesi questa non molto probabile. Il presidente già è alle prese con la candidatura di Robert Kennedy Jr, leader dei no vax che potrebbe portar via voti sia a Donald Trump, che allo stesso presidente perché con un nome come Kennedy potrebbe essere visto con simpatia anche dai democratici.
Oggi poi anche Jill Stein, la candidata dei Verdi, ha lanciato la sua campagna per le presidenziali del 2024. Nel 2016 Jill Stein portò via l’1% dei voti a Hillary Clinton, un margine minuscolo che però fu sufficiente a dare la vittoria a Donald Trump.
“La realtà è che in questo momento abbiamo a che fare con un elettorato molto insoddisfatto. E per quanto gli elettori siano scontenti del presidente, sono più inferociti con i repubblicani e con le loro esagerazioni su questioni come l’aborto o su un secondo mandato per Trump”, ha sostenuto la stratega democratica Lis Smith ai microfoni di ABC News.
“Da oggi fino a novembre 2024 ci saranno molti sondaggi – scrive John Nichols su The Nation – che sicuramente incoraggeranno e scoraggeranno alternativamente Biden e i democratici. Ma è improbabile che la maggior parte di essi offra idee su come vincere le elezioni del prossimo anno. D’altro canto, i risultati delle votazioni di fine anno del 2023 ritracciano una road map già fatta nelle elezioni del 2020 che il presidente e i suoi alleati farebbero bene a seguire”.