Si è concluso con un nulla di fatto, almeno ufficialmente, il “vertice di pace” convocato dal presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi per cercare una soluzione alla nuova sanguinosissima guerra fra il movimento estremista Hamas e lo Stato di Israele: scopo primario, trovare un modo di tutelare i civili.
Non c’è una dichiarazione finale condivisa fra tutti i partecipanti che annoveravano per l’Occidente la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, il premier spagnolo Pedro Sanchez, presidente di turno dell’Unione europea; il premier greco Kyriakos Mitsotakis, quello di Cipro Nikos Christodoulides, i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito; le autorità europee con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, e il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Presenti invece per i paesi arabi i rappresentanti di Giordania e Qatar; ma c’erano anche delegati di Russia, Cina, e Stati Uniti. Troppe le divisioni fra i paesi arabi e quelli occidentali circa le responsabilità da attribuire a Israele e Hamas: punti chiave del contendere, il diritto israeliano all’autodifesa, la condanna di Hamas per l’offensiva efferata del 7 ottobre, la condanna di Israele per i bombardamenti continui da due settimane su Gaza.
Sul terreno della Striscia di Gaza, intanto, Israele continua a bombardare e sarebbe sempre più prossimo ad avviare l’offensiva di terra; lo dice l’esercito dello Stato ebraico. Dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas in territorio israeliano che è costato circa 1.400 morti, nella Striscia di Gaza secondo funzionari palestinesi sono state uccise circa 4.000 persone.
Per la prima volta da due settimane, venti camion di aiuti umanitari sono entrati nel sud della Striscia di Gaza dal valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Contenevano sostanzialmente farmaci, acqua e alimenti. La riapertura del valico è il frutto di lunghissime contrattazioni con Israele, che governa le frontiere della Striscia, e che alla fine ha accettato di far passare queste forniture essenziali, ma non carburante. Una volta passato il confine, il contenuto è stato trasferito in veicoli palestinesi di dimensioni minori per la distribuzione sul territorio della Striscia.

La riapertura del valico è un segnale di distensione ma secondo l’Onu si tratta di “una goccia nel mare”. Juliette Touma dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi del vicino oriente ha detto alla BBC che i civili a Gaza hanno necessità “di forniture umanitarie continue e sostenibili, incluso carburante per gli impianti di fornitura idrica”. Larga parte della Striscia è senz’acqua corrente – e senza elettricità – da due settimane, la poca acqua disponibile viene raccolta da fontanelle per strada. Secondo l’OMS, la fornitura minima quotidiana per le necessità di 1 persona dovrebbe essere di 100 litri di acqua. La situazione abituale per un abitante della Striscia è la disponibilità di 84 litri a testa. Secondo l’OMS, adesso ogni abitante dispone di 3 litri al giorno.
Ci sono altri camion con la bandiera dell’Onu in attesa sul lato egiziano del confine. Secondo l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) hanno a bordo farmaci da pronto soccorso e rifornimenti per 1.200 persone; attrezzature di pronto soccorso per ospedale da campo per 235 pazienti; e farmaci per malattie croniche per 1.500 persone, farmaci e dotazioni sanitarie di base sufficienti per 300mila persone per tre mesi. “Sono rifornimenti essenziali per i feriti o per chi combatte con malattie croniche” dice l’OMS “e che per due settimane hanno avuto accesso limitato a strutture sanitarie e grave carenza di farmaci e forniture mediche”.
Secondo l’Onu, il contenuto dei camion entrati per ora è una goccia nel mare in un territorio governato da Hamas col pugno di ferro, dove vivono oltre due milioni di persone, sottoposte a bombardamenti da due settimane, con le forniture di acqua e corrente tagliate da Israele; di solito una “prigione a cielo aperto” secondo le organizzazioni umanitarie, da 14 giorni una trappola senza uscita.
Un altro possibile segnale distensivo: Hamas ha liberato due ostaggi per la prima volta dal 7 ottobre, due donne con cittadinanza statunitense, madre e figlia, Judith e Natalie Raanan, 59 e 17 anni. Sono sono due sui duecentodieci ostaggi (nuovo bilancio) presi dall’organizzazione estremista in Israele due settimane fa. La diplomazia internazionale continua a lavorare per la liberazione degli altri ostaggi, che sono al fulcro dell’azione israeliana.
Ma per loro la situazione è estremamente preoccupante. I miliziani di Hamas hanno portato via anche bambini, anziani, e malati. Venerdì mattina l’esercito israeliano ha annunciato che “la maggior parte di loro” sono ancora vivi. La liberazione delle cittadine israelo-statunitensi ha ravvivato le speranze per le famiglie; sarebbe stata trattata in particolare dal Qatar, anche se non è chiaro perché siano state rilasciate proprio loro.