Non lo vogliono. Sono stati i suoi stessi compagni di partito a silurare per la seconda volta James Jordan, l’arcigno presidente della Commissione Giustizia che si è candidato alla carica di speaker alla Camera.
Jordan, che ha ricevuto l’appoggio dell’ex presidente Donald Trump, per il secondo giorno consecutivo, non ha raggiunto i 217 voti necessari per essere eletto. I 212 democratici hanno votato all’unanimità per il leader della Camera, Hakeem Jeffries di New York, mentre i repubblicani hanno dato 199 voti a Jordan e 22 per altri. Nella votazione di ieri Jordan aveva preso un voto in più. Un voto che evidenzia come le pressioni e le velate minacce fatte nelle ultime 24 ore dalla destra del partito ai loro stessi colleghi non siano servite a nulla. E il voto in meno di oggi lo sottolinea. Ai parlamentari che non vogliono Jordan, e ai loro familiari, sono state fatte pressioni per votare per lui. Alcuni commentatori televisivi di Fox News hanno telefonato ai “dissidenti” minacciandoli di non ospitarli più ai loro programmi televisivi se non avessero sostenuto la sua candidatura.
Con la Camera divisa con 221 repubblicani e 212 democratici, chiunque si candidi per la carica di speaker può permettersi di perdere solo 4 voti.
Per Jordan quella di oggi è stata una bocciatura pesante, ma anche annunciata, che lascia i Repubblicani e la Camera nel caos: sono ormai 15 giorni che manca uno speaker. Un fatto che ha paralizzato le attività legislative in un momento cruciale fra le richieste di aiuti per Israele e Ucraina e in vista dello shutdown. Resta un mistero per ora come i Repubblicani intendano sbloccare la situazione che loro stessi hanno creato.

Le difficoltà nel partito di maggioranza sono nel trovare un nuovo speaker. Complicazioni dovute alle profonde divisioni interne istigate da Donald Trump che lo hanno spostato molti parlamentari su posizioni sempre più estreme. Ma non solo. Dato il risicato margine della maggioranza (dei 435 parlamentari che formano la Camera, 221 sono repubblicani, 212 democratici e due seggi sono vacanti, la maggioranza è di 217) basta il voto di 4 parlamentari dissenzienti per farla venire meno. E all’interno del partito la minoranza più radicale e agguerrita, detta le leggi. Per sfiduciare McCarthy sono bastati i voti di otto dei battaglieri deputati del Freedom Caucus. Ma questo è stato possibile solo perché Kevin McCarthy, a gennaio quando dopo 14 votazioni che lo avevano respinto, si è piegato alla minoranza e ha approvato nello statuto della Camera una nuova regola che permette anche ad un solo parlamentare di chiedere la rimozione dello speaker. Una decisione che ha creato l’impossibilità di gestire il partito.
Prima di Jordan i repubblicani avevano scelto come candidato per l’incarico Steve Scalise, leader della maggioranza alla Camera e Repubblicano conservatore, ma di posizioni più moderate. Scalise stesso, dopo la prima votazione in cui era stato bocciato, aveva rinunciato capendo di non poter conquistare il sostegno degli ultras per ottenere la nomina.
Jordan, che è un deputato dell’Ohio, fa parte di questa minoranza di posizioni estremiste. Nel 2015 fu uno dei fondatori del Freedom Caucus, gruppo che raccoglie alcuni degli esponenti Repubblicani più conservatori. Venne definito da John Boehner, l’ex speaker repubblicano della Camera ai tempi di Obama, un “terrorista legislativo”, per le sue posizioni particolarmente radicali. Dal 2016 diventò uno dei più fedeli alleati di Donald Trump, fece parte del suo collegio difensivo durante il primo impeachment e successivamente ebbe un ruolo non marginale nel tentativo di mettere in discussione l’esito del voto delle presidenziali del 2020. Da gennaio è presidente della Commissione giustizia della Camera, posizione che gli ha permesso di avviare alcune indagini nei confronti del presidente Joe Biden, di bloccare il patteggiamento tra Hunter Biden e la procura federale del Delaware e di accusare il Dipartimento della Giustizia di usare magistrati e tribunali come arma politica per colpire Donald Trump. E sia ben chiaro che nei 15 anni che è parlamentare non ha presentato, né assecondato, una sola proposta di legge.

I repubblicani alla Camera sono suddivisi in 5 differenti gruppi. Il meno conservatore, il Republican Study Committee, è quello che è guidato da Kevin Hern al quale appartengono 173 parlamentari. Jordan, invece, è parte dell’House Freedom Caucus, il gruppo più reazionario legato ai MAGA, del quale fanno parte 33 parlamentari.
La posta in gioco è molto alta. Le attività federali – e gli aiuti militari ed economici a Israele e all’Ucraina dipendono dall’approvazione da parte del Congresso. I leader repubblicani del Senato sono furenti con i loro compagni di partito alla Camera che non legiferano. L’immagine che viene fuori dalla caotica gestione della Camera fa preoccupare i politici a poco più di un anno dalle elezioni del 2024.
Date le difficoltà per trovare un nuovo speaker tra i deputati repubblicani si sta parlando dell’ipotesi di prolungare e modificare l’incarico di Patrick McHenry, il parlamentare del North Carolina, che dalla defenestrazione di Kevin McCarthy è stato nominato speaker temporaneo, ma solo per gestire le votazioni per eleggerne uno nuovo. In molti vorrebbero votare una mozione per dare a McHenry il potere di svolgere temporaneamente i compiti dello speaker per permettere alla Camera di votare nuove leggi considerando il fatto che il 17 di Novembre scade la proroga per approvare il bilancio federale.