SI profila una rivoluzione in Europa con il cambio di rotta al governo della Polonia: le elezioni di domenica nel grande paese indicano la fine degli otto anni di potere del partito PiS (Diritto e Giustizia) e del suo leader Jaroslaw Kaczynsky. Il PiS ha vinto la maggioranza relativa (35,38%, anche se ha perso ben 41 seggi rispetto alle elezioni precedenti) e in prima battura dovrebbe essergli offerta la possibilità di formare un esecutivo, ma non ha alleati per raggiungere i 231 seggi necessari in parlamento, il Seim.
In seconda battuta, invece, la Coalizione Civica di Donald Tusk con il 30,7% può formare un ampio fronte con il partito di centrodestra Terza Via (appena creato, ha ottenuto il 14,4%) e il partito Nuova Sinistra. Insieme hanno 248 seggi.
La via dunque sembra segnata e infatti Donald Tusk esulta. Significa una svolta nei rapporti con Bruxelles: avere a Varsavia una coalizione che avrà magari problemi a decidere su alcuni temi interni, ma che è dichiaratamente europeista. Tusk stesso nella scorsa legislatura europea era stato Presidente del Consiglio europeo. “Questa è la fine dei tempi bui, è la fine del governo PiS” aveva dichiarato già domenica sera dopo i primi exit poll. “Ha vinto la Polonia, ha vinto la democrazia”.

Perché è importante? Perché nel quadro della Unione Europea, la Polonia è un paese di rilievo, coi suoi quasi 40 milioni di abitanti, e gli otto anni del governo PiS hanno visto una progressiva erosione sia dei diritti civili (incluso il diritto all’aborto nonostante le tante manifestazioni delle donne polacche) e una costante alienazione da Bruxelles, con la Polonia unita all’Ungheria di Viktor Orbàn nel fare opposizione, per esempio, alle politiche di redistribuzione dei migranti e al Green New Deal contro il cambiamento climatico.
L’affluenza molto alta e i risultati del voto indicano invece che l’elettorato polacco in maggioranza vuole riavvicinare il paese alle politiche dell’Europa unita. Si è recato alle urne il 74,38% degli elettori, il miglior risultato dalla caduta del regime comunista nel 1989. Il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, ha elogiato “il potere enorme della società civile”: nella capitale ha votato l’84,92% degli elettori registrati.
Cosa succederà adesso? Un governo a guida Tusk non avrà comunque vita facile. Il partito Nuova Sinistra vorrebbe ridurre la considerevole influenza della Chiesa cattolica sulle istituzioni; come anche la Coalizione civica, vorrebbe tornare indietro sul tema – cruciale nel dibattito degli ultimi anni – dell’interruzione di gravidanza, resa illegale da una sentenza del 2020 anche in caso di gravi difetti del feto, per ridare alle donne la scelta di abortire entro le 12 settimane. Il partito di centrodestra Terza Via potrebbe accettare ma vuole un referendum in materia.

Soprattutto, molti provvedimenti potrebbero incontrare il veto del Presidente Andrzej Duda, esponente del PiS di Kaczinsky.
Nel frattempo, a Bruxelles si festeggia, intensamente se non apertamente. La questione dell’aborto ma anche i tentativi di limitare l’indipendenza della magistratura e della stampa hanno provocato forti attriti negli ultimi anni, portando l’Ue a trattenere miliardi di euro di fondi destinati a Varsavia.