Donald Trump non può più insultare gli inquirenti. Lo ha deciso questa mattina il giudice federale Tanya Chutkan che ha emesso ufficialmente un ordine di censura parziale nei confronti dell’ex presidente, impedendogli di indirizzare i suoi commenti ai testimoni, impiegati del tribunale, inquirenti e pubblici ministeri nel processo in cui è stato incriminato per i suoi tentativi per ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020.
Qualsiasi violazione dell’ordinanza ha detto il magistrato può comportare sanzioni, tra cui multe, termini aggiuntivi per il rilascio anticipato del processo o persino l’incarcerazione.
Il procuratore speciale Jack Smith, che sta indagando sul caso, aveva chiesto un ordine di censura perchè gli insulti lanciati da Trump potenzialmente possono “pregiudicare” il corso della giustizia, rendendo più difficile la scelta dei giurati, la partecipazione del personale del tribunale, e causare un effetto “agghiacciante” su chi sarà chiamato a testimoniare.
“Non si può permettere all’imputato di portare intenzionalmente questo caso davanti al tribunale dell’opinione pubblica”, ha sostenuto in apertura dell’udienza per la pubblica accusa Molly Gaston.

Una richiesta questa che ha lasciato il giudice Chutkan nella difficile posizione di bilanciare la necessità di proteggere il corso della giustizia con il diritto alla libertà di parola dell’ex presidente.
Donald Trump, come è noto, è stato incriminato per aver cospirato per frodare gli Stati Uniti, di aver organizzato un complotto per ostacolare un procedimento ufficiale e cospirazione contro i diritti dei cittadini. Il processo federale a Washington inizierà il 4 marzo.
Durante l’infuocata udienza nell’aula federale, il giudice Tanya Chutkan ha rimproverato gli avvocati dell’ex presidente per le ripetute dichiarazioni fatte da Trump nei suoi comizi secondo cui qualsiasi tentativo di censurare le sue accuse agli inquirenti costituiva una violazione dei suoi diritti del Primo Emendamento.

“La questione non è se mi piaccia o meno il linguaggio che usa Trump – ha detto il magistrato – si tratta di un linguaggio che rappresenta un pericolo per l’amministrazione della giustizia, per i testimoni, per gli inquirenti. Il fatto che Trump sia un candidato alle primarie per le elezioni presidenziali non gli dà carta bianca per diffamare i dipendenti pubblici che stanno facendo il loro lavoro”, ha aggiunto.
Negli ultimi mesi, Trump ha attaccato ripetutamente Chutkan, definendola “di parte” e “che odia Trump”, minacciandola addirittura il giorno dopo la sua nomina quando affermò “Se mi insegui, io ti prenderò”. E l’ex presidente si è lanciato in infuocati comizi definendo i pubblici ministeri “una squadra di delinquenti” e ha attaccato un testimone definendolo “un maiale senza fegato”. Ha anche definito lo Special Counselor Jack Smith, che sta istruendo il caso, “uno squilibrato” e “delinquente”, “prevenuto”. Dopo aver detto in un altro comizio che era stato incriminato da “una squadra di pericolosi socialisti”.
“Non permetto di usare una parola come “delinquente” per descrivere un pubblico ministero che fa il suo lavoro. Questo non è consentito a nessun altro imputato”, ha detto Chutkan. Ripetendo poi all’avvocato Lauro, che difende Trump, “Il fatto che il suo cliente stia conducendo una campagna politica non gli permette di dire quello che vuole.”
John Lauro a un certo punto ha sostenuto che le parole dell’ex presidente non potevano essere limitate a causa della sua candidatura presidenziale: “Ogni singola questione relativa a questo caso ha anche risvolti politici”, ha detto l’avvocato, il quale ha pure sostenuto che non c’era bisogno di un’ordinanza di censura se il processo fosse stato ritardato fino a dopo le elezioni.
“La politica si ferma davanti alla porta di questa aula di tribunale”, lo ha bruscamente interrotto il giudice Chutkan, e quindi ha emesso l’ordinanza.
Trump potrà continuare a prendersela con il presidente Joe Biden e il Dipartimento di Giustizia, ma le battute e gli insulti sui magistrati, sugli inquirenti e testimoni gli potrebbero costare cara.