Sulla rivista FP, Foreign Policy il professor Stephem M. Walt, docente di Relazioni Internazionali ad Harvard, pubblica un articolo – The Morality of Ukraine’s War Is Very Murky – che fin dal titolo fa confusione, come spesso capita a chi applica categorie morali a fenomeni che morali non potranno mai essere, come le guerre gran porcheria comunque e sempre.
Già il titolo, che vuole essere altamente morale, è invece altamente politico. Definire war quanto accade in Ucraina è sbagliato. Non di guerra trattasi ma di aggressione, il che comporta che le guerre siano due distinte: una di aggressione, una di difesa. Sul piano morale sono facce della stessa medaglia che esprimono non la diversità ma l’opposizione: l’una è immorale, l’altra morale. Al professore di Harvard non può sfuggire la definizione del maggior polemologo della storia, il prussiano von Clausewitz, sulla guerra come “duello ingrandito”. Nel duello (notare la radice “due” del termine), le parti in contesa consentono allo scontro: vogliono giocarsela sino in fondo. Nel caso di specie non vi è duello: lo scontro l’ha deciso una sola delle parti, l’altra è costretta a resistere, così che non di Ukraine’s War si tratta (v. titolo di FP), ma di Russsia’s War.
Di conseguenza l’aggettivo murky appare fuori contesto: di dark e gloomy (tanto significa murky) nel conflitto non c’è nulla. Nell’aggressione russa tutto appare chiaro e trasparente: violazione dei confini, interferenza negli affari interni di uno stato sovrano, crudeltà contro i civili compresi vecchi donne e bambini, distruzione e inquinamento di territorio e città, sradicamento di cultura, etc etc.
Sul piano strettamente morale, difendersi è non solo legittimo ma doveroso. L’etica impone al difensore dei limiti (li impone anche all’aggressore, ma questo, agendo, si è messo completamente fuori dal piano etico): la difesa deve essere moderata e non andare oltre il respingimento dell’azione avversa, non deve mai uccidere e distruggere oltre il necessario e il “costretto”. Al tempo stesso impone di agire: il capofamiglia ha l’obbligo morale di difendere il suo focolare, come il capo di stato il suo popolo. Il novecento ha guardato con disprezzo ai Quisling di turno.

Walt camuffa con principi morali tesi politiche che appartengono all’armamentario propagandistico del Cremlino, e mostra molte delle debolezze di un certo pensiero internazionalista statunitense.
Che l’Ucraina non sia un paese pienamente democratico: dal che si dedurrebbe la liceità dell’aggressione contro un paese non pienamente democratico, persino a prescindere dalla democraticità dell’aggressore (come nel caso della Russia), specie – viene da aggiungere – se non dotato di armi nucleari.
Che vi siano elementi di nazismo in Ucraina: peccato che siano anche in Germania, negli Stati Uniti, in Danimarca e Svezia, nella stessa Russia, e in tanti altri paesi.
Che ci sia lo zampino Nato dietro la resistenza ucraina: come se a combattere non fosse un intero popolo che sta dando prova di ammirevole eroismo.
Il prof. Walt espone un calcolo molto poco morale. Quando chiama gli ucraini alla resa “umanitaria”, parte dal presupposto che i russi possano ammazzare e distruggere più di quanto potranno mai fare loro, disponendo di una popolazione tre volte superiore e di fattori strategici che difetterebbero agli ucraini laddove venisse a mancare l’aiuto esterno (questo punto è centrale; ci si tornerà). L’argomento non va respinto a priori, essendo razionale e fondato su dati reali, ma porta dritto a chiedersi se quindi ogni bullo armato da stato potrà occupare qualunque nazione a suo piacimento e metterne a capo un Pétain qualunque, perché “we must look beyond abstract principles and consider the real-world consequences of different choices.“ E se invece fosse “astratto” proprio questo modo di ragionare, viste le conseguenze reali che la sua applicazione comporterebbe? La Seconda grande guerra fu figlia anche dell’appeasement di un Chamberlain, così come la vittoria anche del warmongering (parola di Stalin) di un Churchill.
L’articolo, dietro la premessa morale, agita di continuo il calcolo di convenienza, molto poco morale viene da dire. Così quando porta l’Afghanistan come caso nel quale l’abbandono statunitense e Nato sarebbe stato motivato dalla valutazione morale dell’eccesso dei costi, rispetto al mantenimento della tutela delle popolazioni locali. Chissà invece se la vera “immoralità”, per usare un termine caro all’autore e alla politologia americana in genere, sia stata quella di illudere gli afghani su un sostegno che in realtà non si era pronti a garantire oltre un certo nostro costo, perché l’interesse dominante di Usa e Nato era politico: distruggere “il santuario” terroristico locale. Raggiuntolo, sigillatolo con l’accordo di Doha del febbraio 2020, la missione poteva dirsi conclusa. Tanto peggio per il popolo afghano.
E qui si arriva al punto centrale del camuffamento degli interessi politici con una presunta morale: in ambedue i casi (Ucraina e Afghanistan), al prof. Walt non sembra interessare molto cosa vogliano i popoli oggetto di aggressione. La confusione tra politica e morale, in quest’ambito, risalta nella seguente citazione: “you’d be morally culpable if you helped them act as they wished and the result was disastrous.” Dal che si deduce che chi aiuta a resistere contro il bullo, diventa “moralmente colpevole” di un eventuale esito disastroso. Sarebbe forse più corretto dire che chi era sin dall’inizio consapevole dei rischi che quei due popoli correvano (le intelligence statunitense e britannica, ad esempio) avrebbe dovuto e potuto prevenire le aggressioni che i due popoli avrebbero subito. Nel caso ucraino, è davvero difficile sostenere che gli amici di Kyiv e le Nazioni Unite, tra il 2014 e il 2022, non avrebbero potuto ad esempio creare in qualche modo una fascia di salvaguardia addosso ai confini o appena dentro il territorio ucraino, a difesa del principio di sovranità. Si pensi a quanti lutti, anche nelle fila russe, si sarebbero risparmiati.
L’imperativo politico ed etico del nostro tempo è battersi in ogni modo per la sopravvivenza del pianeta e delle acquisizioni positive della specie umana. Non aiuta l’obiettivo lasciare mano libera alle ideologie e ai regimi aggressivi. La loro voracità, dice la storia, è insaziabile, e le pretese si accrescono con le conquiste che vengono consentite attraverso atti di non resistenza che saranno letti come debolezza e acquiescenza, non come ragionevolezza. Quindi come lasciapassare per ulteriori violazioni e stragi.