Terza incriminazione per Donald Trump. Un gran giurì federale ha ritenuto valide le prove e le testimonianze rese nel corso dell’inchiesta e ha formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex presidente per i fatti del 6 gennaio 2021 quando una moltitudine di suoi sostenitori prese d’assalto il Congresso. Un tentativo insurrezionale pochi minuti dopo che l’ex presidente, con parole infuocate, aveva sostenuto le bugie dei brogli elettorali nel voto che aveva consegnato la vittoria a Joe Biden.
Donald Trump dovrà comparire in tribunale giovedì prossimo alle 4 del pomeriggio. Per lui quattro capi d’accusa, tra cui cospirazione per frodare il governo degli Stati Uniti e ostacolare il conteggio elettorale per aver tentato di ribaltare le elezioni del 2020. L’accusa di 45 pagine, firmata dal giudice federale Moxila A. Upadhyaya che ha supervisionato il gran giurì, afferma che l’ex presidente ha più volte dimostrato che era “determinato a rimanere al potere” nonostante “avesse perso”. Secondo la Cnn nell’atto di rinvio a giudizio sono nominate anche sei persone che avrebbero preso parte alla congiura: Rudy Giuliani, Sidney Powell, John Eastman, Jeffrey Clark, Kenneth Chesebro e una sesta persona della quale non è stato rivelato il nome, ma che secondo numerose “voci”sarebbe Jason Miller. Per loro l’incriminazione ancora non c’è stata.
Il procuratore Speciale Jack Smith ha commentato la decisione. L’assalto al Congresso “venne istigato dalle bugie di Donald Trump” ha detto Jack Smith, aggiungendo di volere un “processo veloce” e ha sottolineato come l’atto di incriminazione sia solo “un atto di accusa” che dovrà poi essere confermato o smentito da un tribunale. Il procuratore ha annunciato che le indagini su “altri individui” coinvolti nella vicenda “continuano”. Smith ha quindi ringraziato il suo staff, compresi quanti, nel dipartimento di Giustizia, svolsero le prime indagini sui fatti del 6 gennaio. Su richiesta del Dipartimento della Giustizia il rinvio a giudizio è stato parzialmente secretato.
Il team legale di Trump è stato informato nel tardo pomeriggio che l’ex presidente sarebbe stato incriminato. Un portavoce di Trump, Steven Cheung, ha accusato l’amministrazione Biden di tentare di interferire con le elezioni del 2024 prendendo di mira l’attuale leader del GOP.
L’accusa segna una nuova importante fase nelle indagini di Smith sull’ex presidente e sui suoi aiutanti e alleati, arrivando quasi due mesi dopo che Trump e il suo cameriere sono stati incriminati per aver tentato di nascondere i documenti riservati e trama per impedire ai funzionari del governo di recuperarli.
Nonostante la gravità dei problemi con la giustizia Donald Trump è sempre avanti nei sondaggi rispetto ai rivali repubblicani alla Casa Bianca. L’ex presidente è in testa nelle preferenze dell’elettorato repubblicano nonostante la tempesta giudiziaria che lo insegue. Secondo un sondaggio di New York Times-Sienna, l’ex presidente ha il 54% delle preferenze mentre il governatore della Florida Ron DeSantis continua a perdere colpi e scende al 17%. L’ex vicepresidente Mike Pence, il senatore Tim Scott e l’ex governatrice del South Carolina Nikki Haley hanno il 3%. Trump è in vantaggio in ogni gruppo demografico e in ogni area geografica e il sondaggio.
Ad Atlanta il gran giurì statale deve decidere se convalidare con le raccomandazioni espresse dalla giuria speciale che ha già indagato sui tentativi dell’ex presidente di forzare gli amministratori locali a “trovargli” i voti che gli avrebbero dato la vittoria nello Stato alle elezioni del 2020. Una decisione sarebbe imminente.
Nel mondo MAGA poco importa che il procuratore speciale Jack Smith prosegua con le sue inchieste. Per i seguaci dell’ex presidente questi sono solo tentativi di ingerenze elettorali ordinate da Joe Biden per cercare di impedire a Trump di prendere parte alle presidenziali.
L’ex presidente è stato già incriminato a marzo a New York perché avrebbe pagato un’attrice porno, Stormy Daniels, durante la campagna elettorale del 2016 in cambio del suo silenzio sulla relazione che avevano avuto dieci anni prima.
Secondo “Rolling Stones” gli attuali avvocati di Donald Trump come ultima strategia avrebbero deciso di scaricare tutte le colpe dei suoi tentativi destabilizzanti sui precedenti consiglieri legali che lo hanno aiutato e consigliato mentre cercava di ribaltare le elezioni del 2020. Dopo la vittoria elettorale di Joe Biden nel 2020, Trump aveva un’armata di avvocati, Rudy Giuliani, Sidney Powell, John Eastman che per difendere le sue bugie sulle elezioni truccate diffondevano le folli teorie del complotto e spingevano gli stati a ribaltare i risultati.
La propensione di Trump a incolpare gli assistenti per i suoi problemi legali è stata una specie di strategia di uscita per l’ex presidente. Mentre il procuratore distrettuale di New York Alvin Bragg si preparava a incriminare Trump per i pagamenti a Stormy Daniels all’inizio di quest’anno, Trump aveva segnalato che intendeva scaricare tutte le responsabilità sul suo ex avvocato Michael Cohen, che ha organizzato i pagamenti. Così come quando i pubblici ministeri hanno accusato Allen Weisselberg, il direttore finanziario della Trump Organization, di frode fiscale per benefici accessori non dichiarati, Trump ha pubblicamente incolpato la società di contabilità della società Mazars USA, affermando che “La società altamente pagata avrebbe dovuto raccogliere regolarmente queste cose – abbiamo fatto affidamento su loro.”
Trump e i suoi consiglieri avevano precedentemente cercato di prendere le distanze tra loro e il suo ex capo dello staff Mark Meadows, con alcuni stretti collaboratori di Trump che dipingevano l’aiutante di Trump come un potenziale “capro espiatorio” per il 6 gennaio. La Commissione d’Inchiesta del 6 gennaio ha ascoltato Meadows la scorsa estate. In una dichiarazione Trump ha detto ad alcuni suoi alleati che non era sempre a conoscenza delle attività del suo capo dello staff nel periodo precedente all’ assalto al Campidoglio.
Tutte queste pendenze legali comportano ingenti compensi agli avvocati e il pac “Save America” usato dall’ex presidente per pagarli chiede ora il rimborso di 60 milioni di dollari donati a un’altra organizzazione in sostegno di Trump. Una mossa che, riporta il New York Times, segnala un’altra potenziale crisi mentre Trump si dovrà affrontare questa terza incriminazione.
Save America ha speso nei primi sei mesi di quest’anno 40 milioni di dollari in spese legali per Trump e i suoi testimoni, una cifra che si va ad aggiungere ai 16 milioni spesi nei due anni precedenti.