L’ex presidente Donald Trump continua a dominare la scena politica americana. Il suo tentativo di riconquistare la Casa Bianca nonostante i suoi numerosi conti aperti con la giustizia accende l’entusiasmo dei suoi sostenitori che interpretano le numerose incriminazioni che pendono su di lui come una persecuzione politica. Un paradossale concetto di un inappropriato uso della legge che l’ex presidente è riuscito a far digerire ai suoi sostenitori che lo appoggiando dentro e fuori dal parlamento. Per loro le incriminazioni sono solo tentativi per cercare di bloccare la sua rielezione. Manovre oscure ordite da Biden, Fbi, Dipartimento della Giustizia per metterlo in difficoltà nella sua corsa per la Casa Bianca.
La probabile imminente incriminazione federale per aver preparato un complotto per rimanere al potere anche dopo aver perso le elezioni, così come il possibile rinvio a giudizio per il tentativo di forzare gli amministratori locali della Georgia di “trovargli i voti” per farlo vincere in quello Stato, sembrano non preoccuparlo anche se rischia anni di prigione. L’ex presidente continua ad avere in mano il partito e non c’è spazio per chi dissente.
Questa mattina alla Camera un gruppo di parlamentari sostenitori dell’ex presidente ha avviato l discussione per cancellare dagli atti parlamentari i due impeachment dell’ex presidente. Un colpo di pugna per eliminare i due processi parlamentari che gli sono stati fatti. Una cosa che non ha precedenti nella storia americana. Una battaglia che contrappone i conservatori intransigenti – che stanno premendo per il voto – contro i repubblicani moderati che hanno già avvertito lo speaker della Camera, Kevin McCarthy, che voteranno contro questa proposta. Ma se McCarthy non metterà quanto prima nell’agenda dei lavori il voto per questa risoluzione rischia l’ira di Trump e dei suoi alleati. Se invece lo speaker dovesse decidere di portare la proposta in aula e questa sarà respinta ci sarebbe una indiretta convalida dei due impeachment di Trump, mettendo in risalto, in un momento in cui i suoi problemi legali si vanno accumulando, che neanche i suoi compagni di partito credono più in lui.
Una questione che rischia di mettere in difficoltà McCarthy nei suoi equilibrismi per mantenere unito il suo partito.

Il concetto dell’ “expungement”, la cancellazione, non è nuovo. Un gruppo di repubblicani alla Camera – tra cui la presidente della conferenza GOP, Elise Stefanik – ha introdotto il mese scorso una legislazione progettata per cancellare i due impeachment di Trump dal record storico della Camera. Una proposta che era stata ventilata, ma non aveva avuto seguito. La discussione si è riaccesa dopo che McCarthy la settimana scorsa aveva incautamente affermato che Trump non è il candidato più forte per la nomina presidenziale del GOP, facendo capire che i suoi problemi con la giustizia potrebbero mettere in pericolo la sua candidatura. Uno “scivolone” per il quale ha dovuto fare ammenda, in parte promettendo di mettere al voto la cancellazione dei due impeachment entro la fine di settembre. Ora McCarthy nega di aver fatto questa promessa, ma i conservatori nel suo partito insistono che le affermazioni sono state fatte e minacciano di sfiduciarlo.
“Deve mantenere le promesse fatte”, ha detto il rappresentante Byron Donalds membro del Freedom Caucus e stretto alleato di Trump. “Spero che questa misura venga messa ai voti prima della pausa di agosto”, ha detto ai giornalisti la congresswoman Marjorie Taylor Greene, sponsor principale di una delle risoluzioni, aggiungendo in seguito che “questi sono impeachment che non avrebbero mai dovuto essere votati, e quindi vorremmo cancellarli”.
La cancellazione dei record parlamentari è un anatema per molti repubblicani moderati, in particolare per quelli che devono affrontare la rielezione in distretti competitivi, che ora stanno cercando di prendere le distanze da Trump.
Il primo impeachment, alla fine del 2019, è derivato dalla minaccia dell’ex presidente di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina a meno che i leader di quel paese non avessero avviato un’indagine per corruzione sul principale rivale politico di Trump, Joe Biden. Il secondo impeachment, all’inizio del 2021, ha preso di mira il ruolo di Trump nell’attacco del 6 gennaio al Campidoglio, condotto dai suoi sostenitori che cercavano di ribaltare la sua sconfitta elettorale.
Due votazioni che hanno fatto di Trump il primo presidente ad essere messo sotto accusa parlamentare due volte, “salvato” dall’allora maggioranza repubblicana del Senato. L’ex presidente poi si vendicò e fece terra bruciata intorno ai parlamentari repubblicani che avevano votato con i democratici per il suo impeachment. Molti di loro non vennero rieletti o non si ricandidarono. Una punizione che ha lasciato il segno. Tanto che domenica nei programmi di approfondimento politico l’ex vicepresidente Mike Pence, al quale il 6 gennaio i seguaci di Trump davano la caccia per impiccarlo per aver certificato la vittoria elettorale di Biden, ha paradossalmente difeso i sostenitori dell’ex presidente, minimizzando il tentativo insurrezionale, cancellando le drammatiche affermazioni di pochi mesi fa quando disse che “le sconsiderate parole di Trump avevano messo in pericolo la mia vita e quella dei miei familiari”.
Durante l’intervista alla CNN “State The Union”, Pence ha cambiato narrativa. Quando l’intervistatrice, Dana Bash, gli ha domandato se è preoccupato per le continue minacce di violenze fatte dal suo ex capo, Pence ha risposto di essere “infuriato” per il 6 gennaio 2021, con “persone che hanno saccheggiato il Campidoglio e hanno commesso violenze contro le forze dell’ordine, però dico che non solo la maggioranza, perchè praticamente tutti nel nostro movimento, sono i tipi di americani che amano questo paese, che sono persone patriottiche e che rispettano la legge e l’ordine e che non avrebbero mai fatto niente del genere a Washington o da nessun’altra parte degli Stati Uniti”.