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Per salvare Trump i repubblicani usano il procuratore speciale John Durham

Lo Special Prosecutor nei quattro anni di indagini ha avviato tre processi che si sono conclusi con due assoluzioni

Massimo JausbyMassimo Jaus
Per salvare Trump i repubblicani usano il procuratore speciale John Durham

John Durham - Youtube

Time: 3 mins read

Le stanno provando tutte per cercare di salvare Donald Trump. I repubblicani alla Camera non si rassegnano. Poco importa se gli argomenti usati per la difesa dell’ex presidente non rispecchino la verità, l’importante è cercare di guadagnare le simpatie del loro elettorato. L’impresa è ardua perché la battaglia vera è quella che si combatte nei tribunali d’America e non nei comizi dei MAGA. Una politica che però ha dato risultati con le bugie delle elezioni truccate, accuse senza prove respinte in più di 50 tribunali, alle quali i sostenitori dell’ex presidente fermamente credono.

Con questo elettorato il passaggio dalle accuse delle elezioni truccate alla Giustizia usata come arma politica è stato un passo breve. E destabilizzante. Uno scivolone per un partito che si vantava di essere quello della legge e dell’ordine e che ora, per fare scudo ad un presidente incriminato con 37 capi di accusa per i documenti portati, e nascosti, a Mar A Lago, cerca di mettere in cattiva luce il Dipartimento della Giustizia buttando fango sugli inquirenti, sui giudici, sui testimoni. 

Alla Camera commissione su commissione dove i sostenitori dell’ex presidente hanno la maggioranza i parlamentari si sono gettati in questa lotta senza quartiere per mettere in piazza le malefatte degli inquirenti. Oggi i repubblicani della Camera stanno cercando di utilizzare il rapporto finale preparato il mese scorso da John Durham, lo “Special Prosecutor” nominato da William Barr quattro anni fa per rafforzare la loro tesi secondo cui le forze dell’ordine federali sono viziate da pregiudizi politici. 

John Durham ha testimoniato davanti alla Commissione Giustizia della Camera. Ieri Durham si era incontrato a porte chiuse con i membri della Commissione sui servizi segreti.

Lo Special Prosecutor nei quattro anni di indagini ha avviato tre processi che si sono conclusi con due assoluzioni. Il suo rapporto finale ha evidenziato che gli agenti dell’FBI hanno nascosto informazioni chiave e ha sostenuto che l’ufficio ha ignorato le ragioni per non indagare sulla campagna di Trump. I repubblicani che controllano la Camera intendono modificare i parametri di indagine dell’FBI in cambio del rinnovo dei poteri di sorveglianza (noti come Sezione 702) che l’intelligence considera critici per svolgere le indagini sullo spionaggio interno e che scadranno alla fine di quest’anno. 

L’animosità dei repubblicani nei confronti del Dipartimento di Giustizia è stata ulteriormente alimentata dall’annuncio di ieri secondo cui il figlio del presidente Joe Biden, Hunter, probabilmente eviterà il carcere dopo aver patteggiato un verdetto di colpevolezza nell’ambito dell’inchiesta per i reati fiscali e per possesso irregolare di un’arma. Il rappresentante repubblicano Jim Jordan dell’Ohio, che presiede la Commissione Giustizia, ha più volte ripetuto che si trattava di un “doppio standard di giustizia”.

 Jordan ha aperto l’udienza di questa mattina cercando di paragonare l’indagine sui rapporti dell’ex presidente con la Russia e l’accusa di Trump per la cattiva gestione di documenti riservati nella sua tenuta di Mar-a-Lago, suggerendo che entrambe le indagini fossero alimentate dal desiderio di incriminare l’ex presidente. “Non è cambiato nulla e non si fermeranno mai”, ha detto Jordan. “Sette anni di attacchi a Trump”. 

Durham nella sua testimonianza ha detto che l’FBI ha agito troppo frettolosamente e senza una giustificazione sufficiente per avviare le indagini e ha affermato che gli stessi agenti federali hanno mostrato maggiore cautela sulle accuse secondo cui l’ex Segretario di Stato Hillary Clinton ha gestito male le informazioni riservate sul suo server di posta elettronica privato.

Donald Trump speaking at the 2018 Conservative Political Action Conference (CPAC) in National Harbor, Maryland (Gage Skidmore, CC BY-SA 2.0, Wikimedia Commons)

Durham ha anche affermato che l’FBI è stata troppo precipitosa nel prendere in considerazione il “dossier Steele”, il rapporto dell’ex agente segreto britannico Christopher Steele, che metteva in evidenza i contatti, non dimostrati, tra rappresentanti di Trump ed intermediari del governo di Mosca durante la campagna elettorale. Ma anche dettagli a sfondo sessuale sulla vita privata del presidente eletto.  La fonte principale delle rivelazioni di Steele, Igor Danchenko, è stato poi arrestato con l’accusa di aver mentito all’Fbi, sia in merito alle sue fonti, sia in merito ai suoi rapporti con la campagna Clinton. 

Una indagine fatta male, basata su fonti sospette, finita precipitosamente davanti al principale tribunale di sorveglianza degli Stati Uniti anche dopo che gli investigatori non erano riusciti a corroborare “una singola accusa sostanziale” su questa vicenda. Un errore in un periodo in cui l’amministrazione Trump aveva le leve del potere, con il repubblicano William Session al Dipartimento della Giustizia e James Comey come direttore dell’Fbi confermato da Trump.

La campagna elettorale di Hillary Clinton aveva parzialmente finanziato la creazione del dossier e ha concordato l’anno scorso con il Comitato nazionale democratico di pagare una multa di 113.000 dollari per aver dichiarato erroneamente la spesa della campagna per la ricerca.

Il rapporto Durham ha prodotto una sola condanna – una dichiarazione di colpevolezza di un impiegato dell’FBI poco conosciuto – e gli unici altri due casi che sono stati portati si sono conclusi entrambi con assoluzioni al processo.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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