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June 11, 2023
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Addio Nord-est: i produttori di armi USA si spostano negli Stati ‘amici’ del Sud

Quasi tutte le aziende nate a New York, Connecticut e Massachussetts si sono trasferite nelle roccaforti repubblicane gun-friendly

Massimo JausbyMassimo Jaus

Guns -ANSA/EPA/LARRY W. SMITH

Time: 3 mins read

Quella delle armi, negli Stati Uniti, è un’industria molto vantaggiosa.

Secondo l’ATF, l’Alcohol Tobacco and Firearms, l’ente federale che supervisiona la vendita delle armi, ci sono più di 465 milioni di pistole e fucili nelle case americane. Più di un’arma a persona per una popolazione di 332 milioni. Solo nel 2022 sono state vendute quasi 17 milioni di pistole e fucili, per un giro d’affari di 53 miliardi e 50 milioni di dollari, in un settore che impiega 170 mila persone.

Un’industria competitiva storicamente nata a metà del 1800 nel triangolo geografico tra gli Stati di New York, Connecticut e Massachussetts, cresciuta a dismisura durante la guerra civile e la successiva colonizzazione del Paese. Specialmente in Connecticut che aveva assunto il bizzarro nomignolo durante la guerra d’Indipendenza, di “Arsenale della democrazia”.

È stato un lento pellegrinaggio per le società che fabbricano armi, nate e cresciute nel Nord Est degli Stati Uniti, che con il passare del tempo si sono trasferite al Sud.

Remington, Winchester, Smith and Wesson, Ruger, Colt, Marlin, Savage, Mossberg, Springfield Armory, Ithaca, aziende di New York, Connecticut e Massachusetts se ne sono andate. Sono approdate in Georgia, North e South Carolina, Kentucky, Alabama e Texas – Stati più ospitali sia per gli sgravi fiscali che per l’accettazione da parte dei governi e dei governatori locali, perlopiù repubblicani, che nel nome del 12mo emendamento della Costituzione, che difende il diritto di possedere le armi, hanno invitato le fabbriche del nord a trasferirsi nei loro stati più tolleranti per le loro aziende.

Il pubblico dopo la strage di Sandy Hook in Connecticut ha mal tollerato le fabbriche di fucili e pistole che a ripetizione sono state citate in giudizio da quanti chiedono a gran voce misure più efficaci per arginare le stragi quotidiane. Un po’ come è avvenuto con le case farmaceutiche che con la produzione degli oppioidi hanno avvelenato l’America.

People pause as they visit the Sandy Hook Permanent Memorial site in Newtown, Connecticut, USA, 14 December 2022 ANSA/EPA/CJ GUNTHER

Una ostilità sia alle armi che per le persone che lavorano nelle fabbriche che le producono. A gennaio 2013, un mese dopo la strage di Sandy Hook, lo Stato di New York approvò una legislazione sul controllo delle armi che includeva il divieto di vendita delle armi d’assalto. Poco dopo, la Remington Outdoor Company, l’azienda che fabbrica il fucile d’assalto Bushmaster utilizzato nel massacro nella scuola elementare, annunciò che avrebbe licenziato i lavoratori della sua fabbrica che da 200 anni aveva sede a Ilion, nello stato di New York, e trasferito la produzione a Huntsville, in Alabama. Quindi il CEO George Kollitides ha spiegato in una lettera al governatore di New York che la mossa è stata provocata da “politiche statali che influenzano l’uso dei nostri prodotti”.

Trasferendosi a Huntsville, Remington, un conglomerato che produce armi e cartucce da 1 miliardo di dollari di proprietà della società di private equity Cerberus Capital Management di Manhattan, ha ricevuto sovvenzioni statali e locali, agevolazioni fiscali e altri incentivi per decine di milioni di dollari. E così è stato per la Colt che da Hartford si è trasferita a Kissmee in Florida. Per la Ruger che da Southport in Connecticut è andata a Mayodan, in North Carolina.

Eliphalet Remington Jr., che costruì il suo primo fucile a Ilion, New York, nel 1816, in seguito aprì una fabbrica di munizioni a Bridgeport, dove l’inventore John Browning contribuì al successo della Remington Arms Co., prima che l’azienda iniziasse a spostare le operazioni fuori dallo stato in gli anni ’70.

L’inizio della guerra civile nel 1861 offrì ulteriori opportunità ai produttori di armi del New England. Il dottor Richard Gatling ha brevettato la mitragliatrice Gatling a manovella all’inizio della guerra, un’arma che poteva sparare 200 proiettili al minuto dalle sei canne rotanti. L’arma è stata fabbricata anche nello stabilimento della Colt di Hartford.

Oliver Winchester, l’armaiolo di New Haven che progettò il fucile a ripetizione nel 1854, produsse in serie l’arma a leva alla fine della Guerra Civile. Un fucile che rivoluzionò l’esercito perché fino al allora tutti i fucili erano ad avancarica.

Durante la prima guerra mondiale Bridgeport divenne uno dei centri vitali per la produzione delle munizioni per l’esercito americano. La fabbrica aveva difficoltà nel 1916 a far fronte alla richiesta di cartucce, proiettili, bombe a mano. Non si trovava la manodopera per la loro produzione e reclutò, per la prima volta nella storia delle armi, le donne.

Secondo William Menosky, un appassionato di storia che ha studiato la produzione delle armi nel Nord Est degli Stati Uniti, durante la Seconda Guerra Mondiale i 2.500 operai della Savage Arms e Auto-Ordnance Corp., assemblarono 500.000 mitra Thompson, l’arma associata ad Al Capone e usata per la strage di San Valentino a Chicago.

Le innovazioni continuarono nel Connecticut, con Alexander Sturm e William Ruger, con sede a Southport, che svilupparono la prima pistola calibro .22 a caricamento automatico.

Nel 1964, Douglas McClennahan fondò Charter Arms a Shelton per iniziare la produzione della Special calibro .38, una pistola leggera a tamburo girevole a cinque colpi, diventando molto popolare tra le forze dell’ordine. Ma è anche quella utilizzata da David Chapman per uccidere John Lennon.

I benefici economici del Connecticut a favore della produzione delle armi sono diminuiti. I contratti del Pentagono per la produzione sono aumentati, ma le aziende che producono le armi non ci sono più. Se ne sono andate in posti più ospitali.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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