L’ex presidente Donald Trump è stato incriminato da un gran giurì federale dopo mesi di indagini sulla sua gestione di documenti riservati che aveva portato via dalla Casa Bianca. I dettagli dell’accusa non sono stati immediatamente resi noti.
In una dichiarazione sui social media, Trump ha confermato la notizia e ha insistito sul fatto che il caso è una “bufala” e ha ripetutamente negato l’illecito. L’ex presidente è stato convocato martedì alle 3:00 pm presso il tribunale federale di Miami.
Il Dipartimento di Giustizia non ha ufficialmente confermato la notizia. Ma due persone a conoscenza della vicenda hanno affermato al Washington Post che il rinvio a giudizio include sette reati penali. Gli avvocati di Trump sono stati contattati dagli inquirenti federali poco prima che l’ex presidente annunciasse suTruth Social di essere stato incriminato.
Il Washington Post ha anche riferito che i pubblici ministeri stavano trasferendo “una parte significativa delle accuse” al tribunale federale nel sud della Florida piuttosto che a Washington. Per ora non si capisce il motivo di questa decisione.
Per Trump questo è il suo primo atto d’accusa federale, sicuramente non l’ultimo. Sta già affrontando le accuse dei pubblici ministeri di New York e ci sono altre due indagini pendenti sul fatto che abbia tentato di sovvertire illegalmente il risultato delle elezioni del 2020 (un’indagine federale e una in Georgia).
La scorsa settimana, la CNN ha riferito che Jack Smith aveva ottenuto una registrazione del 2021 in cui Trump affermava di avere in suo possesso un documento riservato relativo ai piani del Pentagono per invadere l’Iran.

Questo fine settimana, il New York Times ha rivelato che Smith ha ottenuto un video in cui un assistente di Trump, il giorno prima che gli agenti federali andassero per la prima volta a Mar A Lago, dava le direttive per cambiare il posto in cui erano stati conservati i documenti portati via dalla Casa Bianca. Gli inquirenti avevano avvertito gli avvocati dell’ex presidente che il giorno successivo sarebbero andati nella residenza-club a prendere questi documenti e non li trovarono. Mesi dopo, senza nessun preavviso, gli agenti federali andarono a Mar a Lago e questa volta li scovarono.
Lunedì un altro scoop della CNN ha rivelato che gli inquirenti avevano sospetti su un guasto avvenuto nella piscina della residenza-club di Mar-a-Lago che aveva causato l’inondazione di una stanza dove si trovano i server in cui erano custoditi i filmati delle telecamere di sorveglianza della proprietà. Nessun filmato è stato perso, ma il guasto sembra sia stato causato intenzionalmente.
Il team di Trump ha immediatamente accusato l’ufficio del Consigliere Speciale per la fuga di notizie. Sembrerebbe invece che la “gola profonda” sia proprio uno degli assistenti o ex assistenti dell’ex presidente.
Il fatto comunque è abbastanza chiaro: Trump aveva documenti top secret a Mar-a-Lago che erano di proprietà del governo degli Stati Uniti e che non erano stati restituiti nonostante le numerose richieste dei National Archives prima, e della procura federale poi.

Non è chiaro per ora perché Trump avesse portato via i documenti, né cosa sia successo ai documenti mentre li aveva in custodia, e il motivo per cui avrebbe cercato consapevolmente di ingannare il governo che questi documenti li ricercava. Un particolare importante questo perché anche Joe Biden e Mike Pence non hanno restituito documenti riservati dopo aver lasciato la vicepresidenza, ma come li hanno trovati, li hanno restituiti. L’indagine di Pence è stata chiusa senza accuse e ultimamente non ci sono state molte notizie sull’indagine Biden (condotta da un consulente speciale separato, Robert Hur).
Infine la clamorosa rivelazione della CNN che nell’estate del 2021 Trump ha avuto una discussione con persone che lavoravano a un libro di memorie per il suo ex capo dello staff, Mark Meadows, che è stata registrata da uno dei presenti.
Nella registrazione Trump si è opposto alle affermazioni secondo cui il generale Mark Milley, il suo capo di stato maggiore congiunto, gli avrebbe impedito di attaccare l’Iran nei suoi ultimi mesi alla Casa Bianca. Trump nella conversazione registrata sostiene che Milley era quello che lo spingeva per attaccare l’Iran e ha affermato di avere un documento con il piano di Milley che provava le sue affermazioni, ma che questo documento non poteva mostrarlo perché era top secret. Un fatto significativo perché è lo stesso Trump che afferma di avere un documento specifico top secret e perché riconosce di non essere autorizzato a mostrarlo.
L’ex presidente e i suoi avvocati sostengono che aveva i poteri presidenziali per declassificare tutti i documenti, ma il suo commento registrato evidenzia il contrario. E a quanto pare, l’affermazione di Trump di avere questo documento non era solo una spacconata: il New York Times scrive che il documento esiste, anche se in realtà non era del generale Milley, poiché precedeva il suo mandato.
Comunque tutto lascia credere che sarà questione di giorni prima che gli inquirenti chiedano all’ex presidente di presentarsi agli uffici della procura federale.