Timida offensiva degli avvocati di Trump. Dopo che nei giorni scorsi avevano tentato di spostare in una corte federale il procedimento penale in corso a Manhattan per i soldi dati sottobanco a Stormy Daniels per non rivelare la loro relazione durante la campagna elettorale del 2016, questa mattina sono andati al Dipartimento della Giustizia e per due ore si sono lamentati del modo in cui vengono svolte le indagini dal consigliere speciale Jack Smith che indaga sia sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 20121, sia sui documenti riservati che l’ex presidente, dopo aver lasciato la Casa Bianca, si era portato a Mar A Lago.
Gli avvocati di Donald Trump – John Rowley, James Trusty e Lindsey Halligan – sono stati visti entrare negli uffici del Dipartimento di Giustizia intorno alle 10. Non si sa con chi abbiano parlato, né quali siano state le specifiche lamentele. Nulla è trapelato dell’incontro.
Secondo il Washington Post il team legale di Trump è frustrato dal modo in cui i funzionari del Dipartimento di Giustizia hanno gestito i rapporti tra avvocato-cliente. All’inizio di quest’anno, un giudice federale ha affermato che l’avvocato di Trump doveva testimoniare davanti a un gran giurì federale a Washington, sulla vicenda dei documenti portati in Florida. L’avvocato, Evan Corcoran, si era rifiutato di rispondere alle domande degli investigatori sulle sue conversazioni con Trump, citando il privilegio avvocato-cliente. Gli inquirenti federali avevano chiesto al giudice capo del distretto di Washington, Beryl Howell, di respingere la richiesta del privilegio e di costringere il legale a testimoniare contro il suo cliente, poiché, secondo gli inquirenti, i due, insieme, avevano architettato un piano criminale, un fatto questo che rende complice il legale, e pertanto il privilegio viene meno. Il magistrato Howell ha accolto parzialmente tale richiesta e ha stabilito che la “eccezione per frode criminale” fosse applicata alla testimonianza dell’avvocato Corcoran su una serie specifica di domande. Gli avvocati di Trump hanno fatto appello che è stato respinto.
Diverse fonti a conoscenza dell’indagine ritengono che una decisione per l’incriminazione dell’ex presidente sia imminente e gli avvocati abbiano chiesto questo appuntamento per sondare lo stato delle indagini dopo che le testimonianze davanti al Grand Jury si sono rallentate nelle ultime settimane, un indizio questo che l’indagine sarebbe stata conclusa.

Nei mesi scorsi numerosi ex aiutanti della Casa Bianca e dipendenti di Mar-a-Lago – da funzionari della sicurezza ai camerieri – sono stati chiamati a testimoniare. Il consigliere speciale ha raccolto prove che lo staff di Trump, secondo il Washington Post, ha spostato le scatole il giorno prima di una visita del giugno 2022 a Mar-a-Lago da parte degli agenti dell’FBI accompagnati da un procuratore federale. Le immagini delle televisioni di sicurezza in cui si vedono i dipendenti che spostavano le casse con i documenti sono state acquisite dagli inquirenti.
Gli alleati dell’ex presidente cercano di deviare l’opinione pubblica spostando l’obiettivo delle inchieste giudiziarie da un presidente ad un altro. I repubblicani della Camera chiedono l’incriminazione per Christopher Wray, il direttore dell’Fbi, che dopo un iniziale rifiuto ha consegnato un documento che, secondo i repubblicani, collega l’allora vicepresidente Joe Biden a uno “schema di corruzione”. I repubblicani della Commissione presieduta da James Comer, non avevano voluto condividere con i parlamentari democratici della stessa commissione i dettagli su questa accusa. Il direttore dell’Fbi ha più volte ripetuto che le accuse mosse nella lettera “erano incomplete e non verificate”.
“Il comitato voterà giovedì per ritenere il direttore dell’FBI Christopher Wray in oltraggio al Congresso per la decisione dell’ufficio di non fornire ai legislatori una copia non redatta del documento”, ha dichiarato Comer dopo un incontro a porte chiuse con i funzionari dell’FBI .
Ma anche se la Camera approverà l’incriminazione, è altamente improbabile che il Dipartimento di Giustizia eserciti il suo potere di intentare un’accusa penale. Le accuse che Trump lancia agli inquirenti federali di aver politicizzato la giustizia non vengono più raccolte dai suoi sostenitori. Un nuovo sondaggio di Yahoo News/YouGov mostra che solo un americano su quattro crede che a Donald Trump dovrebbe essere consentito di ricoprire la carica di presidente anche se condannato per un crimine “serio”. Mentre il 62%, degli intervistati, afferma che se Trump dovesse essere rinviato a giudizio non dovrebbe prendere parte alle elezioni presidenziali. L’indagine su 1.520 adulti statunitensi, condotta dal 25 al 30 maggio, sottolinea il pericolo politico che l’ex presidente deve affrontare mentre i suoi problemi legali si accumulano. Per ora l’ex presidente continua ad essere in testa in tutti i sondaggi condotti sulle elezioni primarie per le presidenziali, inseguìto, ma a grande distanza, dall’agguerrito governatore della Florida Ron DeSantis, favorito da molti come alternativa a Trump. Ma la fila dei candidati si allunga. Oggi l’ex vicepresidente Mike Pence ha depositato le carte alla commissione elettorale ufficializzando così la sua candidatura in vista dell’annuncio formale in Iowa, mercoledì, giorno del suo 64esimo compleanno.

Con Pence si apre una settimana di fuoco per gli aspiranti repubblicani alla Casa Bianca: sono infatti attese anche le candidature di Chris Christie e di Doug Burgum, con le quali la platea dei candidati del Gop salirà a 12 pretendenti. Christie, l’ex governatore del New Jersey, annuncerà la sua discesa in campo il 6 giugno da Manchester, in New Hampshire. Da sostenitore e alleato dell’ex presidente, Christie ora punta la sua campagna elettorale tutta contro Trump, a suo avviso non adatto ad un nuovo mandato dopo aver incitato l’assalto al Congresso il 6 gennaio.
Poco conosciuto al di là del North Dakota, di cui è governatore, Doug Burgum scenderà invece in campo nello stesso giorno di Pence con un evento nel suo Stato. Il suo messaggio è incentrato sulla politica energetica e si riflette nella strategia che sta portando avanti in North Dakota, ovvero raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2030 accelerando sullo sviluppo della tecnologia in grado di catturare le emissioni.
Se per Christie e Burgum le chance di un’elezione sono remote, per Pence è un altro discorso. La sua candidatura ha un importante valore simbolico visto che il suo principale avversario è il suo ex capo, con il quale tra l’altro si è lasciato in malo modo. “Dobbiamo evitare di lasciarci conquistare dal canto delle sirene del populismo”, ha detto Pence negli ultimi giorni in Iowa, roccaforte conservatrice e primo Stato a votare nelle primarie repubblicane.
In vista dell’affollamento delle candidature il Republican National Committee ha voluto definire durante il weekend le regole per partecipare il 23 agosto al primo dibattito delle primarie. Sul palco saranno invitati solo i candidati che hanno almeno un 1% delle preferenze in tre sondaggi nazionali e hanno raccolto almeno 40.000 dollari da finanziatori singoli.
Un altro requisito è quello di impegnarsi a sostenere chi conquisterà alla fine la nomination del partito.
Finora quasi tutti i candidati soddisfano questi requisiti. Secondo il New York Times l’unico che non si è impegnato è Donald Trump. L’ex presidente raggiunge gli standard fissati per i sondaggi e la raccolta fondi, ma non si vuole impegnare a sostenere il candidato che vincerà le primarie.