“Riconquisteremo la Casa Bianca” gridava ieri sera l’ex presidente Donald Trump a Manchester nel New Hampshire dove ha tenuto un comizio. Il primo dopo la candidatura ufficiale del presidente Biden. Il primo incontro di campagna elettorale dopo la storica incriminazione da parte di un tribunale di New York. Il primo dopo l’inizio del processo per stupro e diffamazione intentato dalla giornalista e scrittrice E. Jean Carroll a New York.
In New Hampshire, tra i primi Stati a tenere le primarie repubblicane all’inizio del 2024, l’ex presidente non parla dei suoi guai con la giustizia e attacca Joe Biden, che appena pochi giorni fa ha ufficializzato la sua ricandidatura alle presidenziali del 2024: “lo schiaccerò” grida. Ma il suo pubblico è ridotto e la sua determinazione sembra più dettata dalla difficilissima posizione giudiziaria in cui si trova, che non dall’entusiasmo di una campagna elettorale.
I suoi attacchi, come al solito, sono indirizzati perché lui lotta contro la persona, non contro l’idea. E non fa differenza, come ha dimostrato ieri sera, se il rivale sia un candidato del suo stesso partito che lo sfida nelle primarie, come DeSantis, o del partito avversario come Joe Biden.
“Siamo guidati da una persona senza speranza, ma vinceremo nel 2024 e faremo di nuovo grande l’America. Possiamo farcela. Non è troppo tardi”, ha aggiunto l’ex presidente repubblicano, secondo cui l’attuale presidenza ha portato a un Paese “dove regnano la violenza e la criminalità, schiacciato dall’inflazione, dove le banche stanno crollando”.
PRESIDENT TRUMP: "When I get back into the Oval Office we will totally obliterate the Deep State. We will establish a truth and reconciliation commission to declassify and publish all documents on Deep State spying, censorship, and corruption."
— Kimberly Guilfoyle (@kimguilfoyle) April 28, 2023
Nel 2024, secondo Trump, gli americani dovranno scegliere: tra “successo e fallimento”, “sicurezza e anarchia”, “prosperità e catastrofe”. Alternative nette, che parlano a uno solo dei due poli in cui l’America di questi anni è divisa. Ma proprio la polarizzazione ideologica dell’elettorato gioca a favore di Trump all’interno del suo schieramento e del partito repubblicano, nel quale le posizioni moderate vengono accantonate a favore della destra più reazionaria – quella che da tempo ha avviato l’offensiva contro i diritti delle donne, delle persone Lgbtq+ e delle minoranze etniche negli Stati in cui è in maggioranza. E probabilmente così facendo potrà anche ottenere la nomination del partito, ma inevitabilmente perderà la stragrande maggioranza dell’elettorato indipendente che è quello che fa vincere le elezioni.
“Schiacceremo Joe Biden”, ha dunque assicurato l’ex presidente che poi si è lanciato in un’imitazione beffarda di Joe Biden, lasciando intendere che il presidente, 80 anni, possa soffrire di qualche forma di demenza senile.
Oggetto dei suoi strali anche il governatore della Florida, Ron DeSantis, probabile suo principale rivale per la nomination presidenziale repubblicana – ma che non ha ancora dichiarato la propria candidatura. “Sta crollando” nei sondaggi”, ironizza Trump, forte delle stime che attualmente lo vedono in testa al gradimento dei possibili candidati repubblicani.
Parole forti, dette con durezza e poca convinzione, davanti ad una platea ridotta rispetto a quella delle presidenziali del 2020.
Sarà forse perché le sue vicende giudiziarie, societarie e familiari si vanno complicando.
I tabloid affermano che Melania, l’ex first lady, rifiuta di andare in pubblico con lui. La figlia Ivanka si è defilata e nella vicenda della Trump Organization, che rischia una multa di 250 milioni di dollari, ha cambiato gli avvocati e preso le distanze dal padre e dai fratelli. E poi le inchieste giudiziarie, sempre più martellanti, sempre più vicine.
Ieri per 5 ore l’ex vicepresidente Mike Pence ha raccontato agli inquirenti federali i retroscena del tentativo di Trump di rimanere alla Casa Bianca anche dopo la sconfitta elettorale. Cinque ore di testimonianza diretta del secondo in comando sul piano preparato da un azzeccagarbugli prestato al Dipartimento della Giustizia che voleva che lui, nella qualità di presidente del Senato, invalidasse la vittoria di Biden. Un golpe bianco preparato a tavolino con il quale Pence non ha voluto nulla a che fare. E poi c’è quella della Georgia, in cui il presidente chiedeva al segretario di stato, che ha registrato la telefonata, di trovargli 7 mila voti per ribaltare il risultato elettorale dello Stato. E poi quella dei documenti top secret nascosti a Mar A Lago.
E quando le inchieste saranno finite ci saranno le conclusioni… e i rinvii a giudizio.