Aggressivo il legale di Trump, risoluta la donna che accusa l’ex presidente di averla violentata.
Il terzo giorno del processo in cui la giornalista e scrittrice E. Jean Carroll incolpa Donald Trump della violenza sessuale ha visto l’avvocato Joe Tacopina che nel controinterrogatorio ha cercato di minare la credibilità dell’accusatrice. Durante la sua dichiarazione di apertura Tacopina ha definito la storia “incredibile” e ha evidenziato “la mancanza di dettagli” nel racconto di E Jean Carroll, come il fatto che non ricordasse la data in cui la violenza fosse stata commessa trenta anni fa, o che non avesse sporto denuncia alla polizia, o che non avesse gridato mentre veniva violentata.
All’inizio della giornata, Carroll è stata interrogata brevemente dal suo stesso avvocato e ha affermato di aver inizialmente considerato di citare in giudizio Trump dopo una conversazione casuale ad una festa con l’avvocato George Conway, l’ex marito di Kellyanne Conway, un repubblicano noto per la sua opposizione a Trump.
Carroll ha testimoniato nel controinterrogatorio per un secondo giorno nella sua causa civile ripetendo le accuse che l’ex presidente l’aveva aggredita sessualmente in uno spogliatoio al Bergdorf Goodman a metà degli anni ’90. Lo ha citato in giudizio per violenza e diffamazione. Un procedimento giudiziario di diritto civile dopo che New York lo scorso anno aveva approvato l’Adult Survivors Act, un provvedimento della durata di un anno che dava la facoltà alle vittime di abusi sessuali di poter citare in giudizio, ma solo per chiedere il risarcimento dei danni, le persone che in passato le avevano aggredite sessualmente anche se i termini per la denuncia erano scaduti. In pratica se Donald Trump dovesse essere riconosciuto colpevole dovrà pagare i danni, ma non rischierebbe il carcere. Ma un verdetto di colpevolezza inevitabilmente influenzerebbe anche l’elettorato e condizionerebbe la sua aspirazione di tornare alla Casa Bianca.

La Carroll ha detto che decise di rendere nota la sua vicenda influenzata dal movimento “Me Too” nel 2017 e quindi di raccontare la sua triste esperienza con l’ex presidente Donald Trump. La martellante copertura giornalistica del New York Times sulle aggressioni alle donne del produttore di Hollywood Harvey Weinstein l’ha ispirata ad aggiungere la sua esperienza in un libro che stava già scrivendo sulla sua relazione con gli uomini.
“Ho capito che restare in silenzio non funziona”, ha detto Carroll. Ma Tacopina, invece ha insistito che il vero motivo era quello di cercare di ottenere soldi sia dall’editore del libro che la donna ha scritto, “What We Need Men For?”, per il quale ottenne 70 mila dollari di anticipo dall’editore, sia per cercare notorietà e costringere Trump a pagare.
Tacopina ha definendo “strani” i dettagli delle sue affermazioni e suggerendo che avesse inventato l’attacco per vendere il suo libro. “Sì, alcune parti della mia storia sono difficili da concepire”, ha detto Carroll. Ma, ha aggiunto, “questi sono i fatti”.
Tacopina ha mostrato la copertina del libro da lei scritto “What We Need Men For?”, le ha chiesto perché non avesse denunciato Trump prima che fosse eletto nel 2016. Carroll ha detto che ha aspettato perché sua madre era anziana e non voleva angosciarla. Tacopina ha poi chiesto perché non è diventata pubblica immediatamente dopo la morte di sua madre. “Ero in un lutto profondo e doloroso”, ha detto Carroll.

“Non aveva niente a che fare con il fatto che il libro non fosse ancora pronto?” ha chiesto l’avvocato. “In quel momento non avevo concepito la scrittura del libro” ha risposto la donna.
“Pensavi che aggiungere al tuo libro la storia di essere stata aggredita sessualmente da Donald Trump in uno spogliatoio del grande magazzino sarebbe stato un elemento importante del tuo libro, giusto?” ha chiesto Tacopina. “Pensavo che le persone sarebbero state interessate. Si è scoperto che mi sbagliavo”, ha detto Carroll, riferendosi alle scarse vendite del libro.
E anche la giuria di sei uomini e tre donne deciderà se Trump è responsabile per aver aggredito sessualmente Carroll e poi averla diffamata di recente, lo scorso anno, affermando sui social media di ver inventato l’attacco per vendere il libro.
Il processo riprenderà lunedì.