Nel pianeta di Donald Trump molto spesso realtà e immaginazione si intrecciano e si confondono, usando la magica pozione della faziosità che trasforma le bugie in verità – e la verità in bugie.
E non solo per i risultati elettorali che lo hanno bocciato. Ma anche per le sue ricostruzioni degli avvenimenti in contrasto da quanto immortalato dalle telecamere. Basta solo che lui pronunci la magica parola “fake news” che milioni di suoi discepoli accettano il suo dogma senza discutere.
Ieri sera ha sostenuto che il suo rinvio a giudizio sia stato il “giorno più bello della storia” – dopo essere diventato il primo ex presidente degli Stati Uniti formalmente incriminato davanti a un magistrato.
“Per quanto possa godermi una giornata in cui i pazzi, i maniaci e i pervertiti della sinistra socialista radicale che mi hanno incriminato e arrestato senza alcun motivo, non c’è stato alcun crimine, è stata un’esperienza incredibile, forse il miglior giorno della storia per qualcuno che aveva appena subito un’accusa ingiustificabile!” ha scritto su Truth Social.
Spacconate tradite dalla sua faccia in aula e dal rancoroso discorso fatto poco dopo da Mar-a-Lago, continuando a non capire che le sue accuse alla giustizia “corrotta”, all’FBI “manipolata”, al District Attorney “prevenuto”, possono dare la carica, come è avvenuto il 6 gennaio 2021, alla violenza. Il risultato è che il giudice Juan Merchan, che ha presieduto l’udienza per l’incriminazione formale dell’ex presidente, ha ricevuto dozzine di minacce sia per posta che sulla email. Così anche la moglie e la figlia. Il palazzo dove il magistrato abita è sorvegliato dalla polizia.
Il District Attorney Alvin Bragg oltre alle minacce anonime dei seguaci dell’ex presidente deve fare i conti anche con la carica biliosa dei repubblicani della Camera che, senza capire il loro ruolo istituzionale, si sono schierati dalla parte di Trump, giurando di usare il loro potere al Congresso nel tentativo di forzare Bragg e costringerlo a consegnare i documenti con cui ha chiesto il rinvio a giudizio e rispondere alle loro domande.
Per settimane la leadership repubblicana della Camera ha cercato di bloccare l’inchiesta giudiziaria. Neanche Richard Nixon, un altro presidente finito in disgrazia, si era spinto a tanto. Ora Trump inveisce contro la giustizia corrotta, vuole togliere i fondi federali all’FBI, quando lui stesso ha cercato, e ci è riuscito, di usare le agenzie federali per rovistare tra le tasse dell’ex direttore dell’FBI James Comey e del suo successore Andrew McCabe. O forzare il ministro della Giustizia William Barr a fare pressioni sul procuratore federale di Manhattan, Geoffrey Berman, per chiudere l’indagine federale sui soldi pagati alla porno attrice Stormy Daniels, come lo stesso Berman ha raccontato nel suo libro “Holding The Line” e mai smentito.
La parlamentare repubblicana della Georgia, alleata di Trump, Marjorie Taylor Greene, che con il collega George Santos è andata nel parco davanti al tribunale di New York per sostenere l’ex presidente il giorno in cui Trump è stato arrestato, ha detto a Tucker Carlson durante la trasmissione su Fox News, di aver passato un brutto momento nella Big Apple. Marjorie Taylor Greene, che è nata a Milledgeville, in Georgia, dopo essere stata presa a sberleffi durante la sua protesta a Manhattan mentre pronunciava un discorso a sostegno di Donald Trump, ha cercato di mettere in ridicolo il sindaco Eric Adams che poche ore prima aveva definito New York come “la sua casa”.
Greene ha affermato: “La tua casa è disgustosa”. “L’ho paragonata a quella che ho chiamato Gotham City”, ha continuato, riferendosi alla città immaginaria dominata dal crimine in Batman. “Le strade sono sporche, sono piene di persone che praticamente muoiono di droga”, ha proseguito la parlamentare. “Non possono nemmeno alzarsi in piedi. Stanno cadendo. C’è così tanta criminalità in città, non riesco a capire come la gente viva lì. E’ una città ripugnante, ha un cattivo odore e penso che sia un posto terribile”.
Peccato che alla trasmissione non sia stato invitato anche George Santos, il suo alleato del Queens.