L’ex governatore dell’Arkansas, Asa Hutchinson, ha annunciato ufficialmente la sua candidatura alle primarie del partito repubblicano per le presidenziali del 2024. È il quarto candidato del GOP dopo Donald Trump, Nikki Haley e l’imprenditore Vivek Ramaswamy.
Hutchinson è stato nominato Procuratore federale da Ronald Reagan nel 1982, quando aveva 31 anni. Eletto al Congresso si è dimesso nel 1992 dopo che l’ex presidente George W Bush lo ha nominato direttore della Drug Enforcement Agency. Dal 2003 è stato sottosegretario alla Homeland Security. Dopo la strage di Sandy Hook venne assunto dalla National Rifle Association come consulente per studiare le norme di sicurezza nelle scuole per cercare di evitare altre stragi. Nel 2014 e nel 2018 è stato eletto governatore dell’Arkansas. Carica che ha lasciato perché in quello Stato non si può essere eletti più di due volte.
L’annuncio lo ha fatto durante il programma di approfondimento politico “This Week” condotto dal giornalista Jon Karl al quale ha detto che l’incriminazione di Donald Trump è un “giorno triste per l’America”, ma nello stesso tempo ha suggerito che è meglio per il partito se l’ex presidente si fa da parte. Conservatore e molto preoccupato per la politica fiscale del Paese appartiene al gruppo centrista del partito. “Ho sempre sostenuto che una persona non deve lasciare un incarico pubblico se è sotto inchiesta, ma quando si arriva al punto di accuse penali allora il ruolo diventa più importante dell’individuo”, ha dichiarato l’ex governatore che ha tenuto a sottolineare di essere un “non-trumpiano”, ma di voler parlare anche ai sostenitori dell’ex presidente.

Asa Hutchinsson non è il solo ad avere queste incertezze. I difensori dell’ex presidente prevedono, e sperano, che Trump venga prosciolto o assolto. Ma è una scommessa d’azzardo. Nessuno conosce, almeno fino ad ora, i capi di imputazione che pendono sull’ex presidente.
Secondo un sondaggio della CNN il 60% degli americani approva l’incriminazione di Donald Trump. Nel sondaggio viene evidenziato come il 75% degli intervistati ritiene che la politica abbia giocato un ruolo nella vicenda e per il 52% è la motivazione principale. A favore dell’incriminazione è anche il 60 per cento degli elettori indipendenti, solo il 38 dei quali si dice invece contrario. Come è lecito attendersi, i sostenitori del Partito Democratico approvano la decisione nella quasi totalità (il 94 per cento), mentre i repubblicani appaiono meno compatti.
Ora più che mai non tutti i repubblicani condividono i modi e la linea politica dell’ex Commander in Chief. Così come non tutti i democratici condividono quella di Joe Biden. E alla Camera si sta formando un terzo polo guidato da un democratico, Jared Golden, del Maine, e da un repubblicano Don Bacon, del Nebraska.
Al Congresso le riforme languono e qualsiasi decisione politica diventa terreno di scontro. E loro, i “moderati” sono stufi dell’immobilismo politico. Stanchi della politica del meglio litigare, per avere cinque minuti di notorietà televisiva, che non risolvere, o almeno tentare di risolvere, i problemi. Le stragi si ripetono e nessuno vuole modificare la legge sulle armi d’assalto. L’alzamento del tetto di spesa, una decisione che è sempre stata un “pro forma” prima del voto, è diventata arma di scontro, anche se chi minaccia di bocciarla non ha presentato controproposte al bilancio federale.
E ai due parlamentari si sono associati anche alcuni senatori . Se la componente più conservatrice del partito repubblicano è la più rumorosa nel difendere l’ex presidente, la maggioranza è tiepida. L’esilio politico imposto a Liz Cheney, e ad Adam Kinzinger, due repubblicani conservatori che non hanno accettato le bugie di Trump sulle elezioni truccate, ha reso tutti i repubblicani muti. La ragione politica ha avuto il sopravvento sulle coscienze. Ma ora l’ex presidente è sotto inchiesta giudiziaria e inevitabilmente gli equilibri sono cambiati.
Nessuno dei notabili del partito, né Mitch McConnel al Senato, né il senatore John Tune, Senate Minority Whip, hanno voluto commentare i guai giudiziari dell’ex presidente.
Ann McLane Kuster democratica del New Hampshire, ora al suo sesto mandato alla Camera, ha detto che utilizzerà la sua esperienza nel suo nuovo ruolo di presidente della “New Democrat Coalition,” un gruppo di quasi 100 democratici moderati focalizzati sulla ricerca di soluzioni bipartisan.
“Sono la prima linea dei New Dems”, ha detto la congresswoman. I New Dems saranno i “creatori della nuova maggioranza”. Dice che ha lanciato un approccio pragmatico puntato sulle soluzioni per cercare di uscire dall’immobilismo parlamentare.