Il presidente Joe Biden è alle prese con una nuova valanga di critiche dopo che durante il fine settimana il Dipartimento di Giustizia ha scoperto ulteriori documenti riservati nella sua abitazione privata di Wilmington nel Delaware. La scoperta ha suscitato reazioni sia da parte dei Democratici che dei Repubblicani e ha messo in discussione la trasparenza della Casa Bianca, con i repubblicani sempre più impegnati a paragonare i documenti segreti di Biden abbandonati in scatoloni disseminati nel garage o in uffici governativi quando era vicepresidente dove non andava più da anni, con quelli nascosti dall’ex presidente a Mar A Lago.
“Alcuni dei documenti classificati risalgono quando Biden era senatore del Delaware dal 1973 al 2009” ha detto il suo avvocato Bob Bauer. Altri documenti risalgono al suo mandato come vicepresidente nell’amministrazione Obama, dal 2009 al 2017.
Oggi il congressman repubblicano James Comer, nuovo presidente del Comitato per la supervisione e la responsabilità della Camera, ha chiesto ai Servizi Segreti di consegnare tutte le informazioni in loro possesso sulle persone che hanno visitato la casa del presidente Biden nel Delaware da quando era vicepresidente. All’apertura dei lavori di questa legislatura, dopo la faticosa elezione dello speaker della Camera, Comer aveva già chiesto alla Casa Bianca di consegnare i registri dei visitatori dell’abitazione del presidente a Wilmington. La Casa Bianca, tuttavia, aveva affermato che tali documenti non esistono per la residenza privata dei presidenti che è “personale”. Ora il parlamentare cerca di aggirare l’ostacolo chiedendo la lista dei visitatori ai Servizi Segreti.
Il Chief Of Staff, Ron Klain, il “vecchio amico” collaboratore, molto legato a Biden sin dai tempi della vicepresidenza, si è dimesso. Hanno fatto pagare a lui il prezzo della confusione e della cattiva gestione delle carte riservate abbandonate da Biden. Klain verrà sostituito da Jeff Zients il milionario prestato alla politica che era a capo del National Economic Council e direttore dell’Office of Management and Budget durante l’Amministrazione Obama.
Il Senato è tornato in sessione questa mattina per la prima volta da quando è stato ufficialmente raggiunto il tetto del debito pubblico. La scorsa settimana il segretario al Tesoro aveva esortato il Congresso ad “agire tempestivamente per aumentare o sospendere il limite del debito”, poiché in caso contrario potrebbe verificarsi il primo default del debito statunitense e causare danni economici in tutto il mondo.

Alla Camera i repubblicani in cambio per il loro voto vogliono forti riduzioni nel piano di spesa previsto dal pacchetto “Omnibus” approvato da Camera e Senato e firmato da Biden prima della fine dell’anno. Vogliono tagli soprattutto per la parte sociale. Ma i democratici si oppongono. Finora, la maggior parte dei legislatori democratici e la Casa Bianca non si sono mossi, ma il tempo stringe.
I repubblicani sono confrontati da un dilemma strategico: lo zoccolo duro del partito vuole lo scontro per fare terra bruciata intorno all’amministrazione Biden, con alcuni che già vogliono avviare un impeachment per il presidente. Ma i centristi, freschi dai deludenti risultati ottenuti alle elezioni di Mid Term, sono contrari.
In più il partito è alle prese con George Santos, il parlamentare di New York che ha inventato tutto il suo curriculum politico, personale, lavorativo. Lui parla di “abbellimenti” nel suo resumè. La realtà è che ha truffato gli elettori raccontando bugie ai suoi comizi per poi chiedere soldi per la sua campagna elettorale.
E non è chiaro neanche come abbia guadagnato i suoi soldi che poi ha versato nelle sue casse elettorali. Con il Washington Post che traccia gli stretti legami del parlamentare con un oligarca russo legato a Putin. Ha detto che era ebreo, che la madre era morta nell’attacco dell’11 settembre, che era laureato in legge e che aveva esperienze nel mercato finanziario di Wall Street. Che aveva assunto cinque delle giovani vittime uccise nella sparatoria di Orlando. Una bugia dopo l’altra. Né i nonni né i genitori erano fuggiti dall’Olocausto.

La casa agli Hamptons che affermava fosse sua, è di proprietà di un industriale che gestisce un impero alimentare. Ieri George Santos dopo le smentite dei giorni scorsi ha confermato che la drag queen fotografata mentre ballava, pubblicata con grande risalto da un giornale di New York, era lui. Una montagna di bugie e ammissioni sulla sua vita privata che si inseguono e si accavallano.
Con lo speaker Kevin McCarthy che a causa della esigua maggioranza che i repubblicani hanno alla Camera rifiuta di cacciarlo dal partito che però paga prezzo con l’opinione pubblica. Una soluzione che non piace alla dirigenza del partito accomunata agli sberleffi riservati al politico bugiardo.
Come ultima notizia politica il congressman democratico dell’Arizona, Ruben Gallego, ha annunciato che cercherà di conquistare il seggio al Senato ora detenuto da Kyrsten Sinema che nelle settimane scorse aveva lasciato il partito democratico per andare con gli Indipendenti insieme a Bernie Sanders, del Vermont e Angus King del Maine.