George Santos nega. Il neo parlamentare repubblicano, quasi alle lacrime, afferma che non fosse lui “Kitara”, la giovane che nel 2008 ha partecipato a un concorso di bellezza drag queen in Brasile. “è falso” scrive in un tweet.
Travolto dalla valanga delle menzogne da lui raccontate si sente ferito da una foto dove non è neanche riconoscibile, ma non dalla lunga serie di bugie dette durante la sua vittoriosa campagna elettorale che lo ha consacrato al Congresso.
Falsità che hanno avviato anche indagini sia federali che statali perché alcune delle fandonie raccontate le ha dette passando poi con il cappello in mano per la raccolta dei fondi della sua campagna elettorale. Gli elettori si sentono truffati e sono infuriati. E non solo quelli democratici. La persona che aveva conquistato la loro fiducia e alla quale avevano dato il loro voto era fittizia.
The most recent obsession from the media claiming that I am a drag Queen or “performed” as a drag Queen is categorically false.
The media continues to make outrageous claims about my life while I am working to deliver results.
I will not be distracted nor fazed by this.
— George Santos (@MrSantosNY) January 19, 2023
Si è inventato il suo curriculum professionale come operatore della finanza a Wall Street, o una laurea in legge dal Baruch College, affermando di essere ebreo e di avere nonni scampati all’Olocausto, affermando di aver giocato a pallavolo per un’università che non ha frequentato e di aver gestito un ente di beneficenza per gli animali.
Che la madre fosse sopravvissuta al’11 settembre, che sei delle persone uccise nella strage al Club Pulse ad Orlando fossero state da lui assunte pochi giorni prima. Vantava ricchezze che non aveva, affermava di essere proprietario di case che non erano sue. Di gestire fondi miliardari di fantomatiche società. Un mitomane che viveva di espedienti. Ha imbrogliato pure un ex militare che dopo la fine del dislocamento in Iraq si era tenuto il cane che aveva in servizio. La povera bestia si era ammalata e aveva bisogno di una operazione. Secondo il racconto dell’ex militare George Santos avviò un “GoFundMe”, una colletta su Facebook per l’operazione. Raccolti 3 mila dollari Santos ha chiuso la pagina e si è preso i soldi.
Il New York Times ha poi scoperto che nel 2008, a 19 anni, Santos aveva trascorso un periodo della sua vita in Brasile, dove era stato incriminato per aver rubato un libretto degli assegni con cui aveva fatto stravaganti acquisti. Santos aveva anche confessato il furto, ma poi si era reso irreperibile, lasciando il processo sospeso: dopo le rivelazioni sui giornali, però, sembra che la procura brasiliana l’abbia riaperto.
Nonostante le richieste di dimissioni, Santos è inamovibile. La leadership repubblicana alla Camera martedì ha assegnato Santos a due comitati: uno per le piccole imprese e un altro per la scienza.
Il New York Times questa settimana ha spiegato la lunga serie di fallimenti investigativi che hanno permesso a Santos di evitare controlli da parte del partito. Un fallimento le cui responsabilità, secondo il prestigioso quotidiano di New York, deve essere addossate in parte anche ai giornalisti il cui compito è controllare i curriculum e le affermazioni dei candidati. Ci sono state persino segnalazioni che qualcuno nella campagna di Santos aveva impersonato il capo dello staff di Kevin McCarthy che sollecitava donazioni per Santos. Nei giorni scorsi McCarthy ha detto alla CNN di aver “sempre avuto dei dubbi” sul passato di Santos.

Nonostante ciò, ora che gran parte delle bugie del parlamentare sono state scoperte, lo speaker della Camera ha deciso di non fare nulla. George Santos non si è dimesso. Non ha nemmeno detto che non si ricandiderà nel 2024. Ma la corsa ombra per sostituirlo è già cominciata. Nel 3° distretto congressuale di New York, che Santos continua a rappresentare nonostante i crescenti appelli a dimettersi, democratici e repubblicani stanno pianificando le loro prossime mosse. I repubblicani chiedono a gran voce di trovare un candidato con un curriculum immacolato che possa ripristinare la fiducia degli elettori di Long Island. I democratici stanno cercando qualcuno che possa guidare il loro ritorno perché il seggio negli ultimi dieci anni, fino all’elezione di Santos, è stato democratico.
La tempistica è complicata. Santos potrebbe dimettersi da un giorno all’altro. E se lo facesse, scatenerebbe un’elezione speciale, in cui i leader del partito sceglierebbero i propri candidati. Santos è rimasto irremovibile sul fatto che non si dimetterà a meno che tutti i 142.673 elettori che lo hanno votato non gli chiedano di farlo. Poiché nessuno sa quanto durerà Santos i potenziali successori sono all’erta.
Da parte democratica, è un miscuglio di candidati vecchi e nuovi. Robert Zimmerman, il democratico che ha perso contro il Santos a novembre, è stato oggetto di molte speculazioni. Alcuni lo vedono come un sostituto naturale; ha già il riconoscimento del nome e l’organizzazione in atto. E ha chiesto apertamente che Santos si dimetta e lo affronti senza bugie.
Jon Kaiman, un dirigente della contea battuto da Zimmerman nelle primarie, ha già dichiarato pubblicamente di essere interessato a candidarsi, così come Melanie D’Arrigo, un’organizzatrice progressista che ha partecipato anche lei alle primarie democratiche
Meno limpide le acque repubblicane perché fintanto che George Santos non si dimette nessuno vuole dire di essere interessato al suo seggio. Il Comitato repubblicano della contea di Nassau, ha già invitato Santos a dimettersi, così come un certo numero di membri del GOP della delegazione del Congresso di New York, mentre la leadership repubblicana alla Camera continua a fare finta di nulla.