Respinto per la undicesima volta, una situazione di impasse che non si registrava dal 1859. Kevin McCarthy dopo aver accettato tutte le condizioni imposte dai ribelli, è stato bocciato lo stesso. Si è conclusa così, senza nessun risultato, la terza giornata di voto con un nulla di fatto.
“Andrò avanti fino a quando non si troverà un accordo” e quando arriverà, “vincerò io”, aveva detto alla Cnn Kevin McCarthy. “È più facile se riusciamo a trovare un accordo tutti insieme”, aveva aggiunto il leader repubblicano.
Ma lo scontro tra i due gruppi è frontale e non sembra che nessuno voglia cedere. I “Never Kevin”, la frangia più a destra del partito che raggruppa Tea Party, Freedom Caucus, MAGA e scontenti, vuole che il loro punto di vista conservatore venga riflesso in modo più evidente nell’agenda dei lavori della Camera. Molti hanno una lunga storia di faide con i leader del GOP ma mai si era arrivati a questo imbarazzante e farsesco confronto tra gruppi dello stesso partito.
Alla decima votazione la congresswoman Lauren Boebert aveva contrapposto alla candidatura di Kevin McCarthy quella dell’afroamericano Byron Donalds aggiungendo anche il congressman Kevin Hern. I Dem hanno sempre mantenuto il candidato di bandiera, il loro leader Hakeem Jeffries. Giovedì Kevin McCarthy è arrivato a prendere solo 201 voti mentre il democratico Hakeem Jeffries ne ha presi 212. Per essere eletto Speaker della Camera bisogna ottenere 218 voti.
Difficile da capire per quanto andrà avanti questo braccio di ferro tra i repubblicani. Da vedere ora se il congressman Kevin McCarthy getterà la spugna o caparbiamente continuerà a perseguire il suo sogno per la leadership. Ma è evidente che lo scontro non è più ideologico, ma personale.
Il congressman Dan Bishop, repubblicano della North Carolina, uno dei più feroci accusatori della attuale leadership del partito, ha dato la carica giovedì mattina contro McCarthy accusandolo di essere rimasto in silenzio dinnanzi alle imbarazzanti bugie di un nuovo eletto. Il riferimento era tutto per George Santos, il parlamentare del Terzo Distretto elettorale di New York che ha inventato tutto il suo curriculum, scuola, titoli di studio, esperienze lavorative, ma anche etnia e religione. Una imbarazzante serie di fraudolente menzogne per le quali è sotto inchiesta dalla Procura Federale e da quella della Contea di Nassau a New York. Ciò nonostante McCarthy, al quale Santos aveva promesso il voto, non si è pronunciato. E Dan Bishop sdegnosamente ha presentato la candidatura alternativa di Byron Donalds tuonando: “Questo è il motivo per cui vogliamo riformare il partito”.
Con la Camera in stallo sull’elezione del nuovo speaker, il Paese sta vivendo da tre giorni una situazione surreale: il Congresso uscente non esiste più e quello nuovo non può ‘insediarsi’. Dopo undici votazioni in tre giorni, la nuova maggioranza repubblicana non è riuscita a eleggere il presidente della Camera, terza carica dello Stato. E non ci sono segnali che le difficoltà possano essere superate nelle prossime ore.
Alla confusione del momento si aggiunge anche un dramma politico e istituzionale: in pratica, il Paese più potente al mondo è privo del suo organo legislativo. Senza la figura dello speaker, gli eletti – compresi quelli in carica da più mandati – non possono essere insediati senza il giuramento e non possono essere adottati i nuovi regolamenti, senza i quali il processo legislativo non può avviarsi. Non possono, inoltre, essere approvate leggi e adottate risoluzioni.
I media descrivono la situazione con l’aggettivo “surreale”, il New York Times definisce la Camera una “entità inutile”. “Uno scontro istituzionale caotico” scrive il Washington Post: in caso di emergenza, non c’è la Camera pronta a legiferare. A queste perplessità si aggiungono dubbi interpretativi: in assenza del giuramento degli eletti della 118ma Legislatura i parlamentari uscenti della 117ma sono ancora in carica? Chiede Billy Long, Repubblicano del Missouri, che ha lasciato il Congresso martedì mattina. “Io sono ancora un rappresentante, fino a che Eric Burlison non ha giurato, o no? Chi si occupa di portare avanti la baracca? Benvenuti nella terra delle cose bizzarre”, ha scritto su un tweet.
E il dibattito va avanti. Tecnicamente il congressman democratico Tom Suozzi della Terza circoscrizione elettorale di New York non è più un parlamentare del Congresso, e quello che ha preso il suo posto, il contestatissimo George Santos, non ha ancora giurato (anche se lui ha detto di averlo fatto). I Democratici accusano gli avversari di aver provocato una “disfunzione istituzionale”, il presidente Joe Biden ha parlato di “situazione imbarazzante”.
L’appello all’unità che era stato lanciato da Donald Trump non ha spostato gli equilibri: 20 erano i voti repubblicani contrari a McCarthy prima dell’appello dell’ex presidente e 20 sono rimasti il terzo giorno di voto.
