Infruttuosa notte di trattative a Washington tra i parlamentari repubblicani e non solo. Dopo le tre bocciature subite ieri, Kevin McCarthy e i suoi più stretti alleati hanno trascorso molte ore a preparare la strategia alternativa vista la monolitica opposizione di venti parlamentari dell’estrema destra del partito.
Alla prima votazione del secondo giorno è però arrivato il quarto rifiuto, malgrado nella notte l’ex presidente Donald Trump avesse invitato i parlamentari repubblicani a votare compatti per Kevin McCarthy. Una esortazione inascoltata che mostra ancora una volta come l’ex presidente stia perdendo la presa che aveva sul partito con una fazione di 20 legislatori conservatori e anti-establishment, fino a ieri a lui legatissimi, che affermano che McCarthy non ha fatto abbastanza per vincere il loro voti.
La disputa si è incattivita, con entrambe le parti che hanno sferrato accuse personali. Alla fine della prima votazione del secondo giorno, la quarta in totale, i democratici hanno votati compatti dando tutti i loro 212 voti a Hakeem Jeffrey, i repubblicani haanno dato 201 voti a McCarthy, 20 al congressman repubblicano Donalds e un repubblicano ha votato “presente”. Per essere eletto McCarthy ha bisogno di 218 voti.
McCarthy e i suoi alleati si sono incontrati nella notte per cercare di risolvere l’impasse, ma la quarta bocciatura ha evidenziato l’insuccesso. Di fronte all’opposizione democratica unita, McCarthy ha bisogno di tutti tranne quattro di quei dissidenti per vincere la carica di speaker. Ma le richieste degli irriducibili del Freedom Caucus che chiedono di mettere nelle regole del partito il potere di sfiduciare lo speaker della Camera sono state respinte. Ma lo scontro è più personale che ideologico. Anche perché gli irriducibili del Freedom Caucus, che sono una minoranza, chiedono più potere decisionale all’interno del partito e vogliono che questo sia riconosciuto ufficialmente.
Ora McCarthy potrebbe anche ritirarsi, dando spazio a un altro repubblicano per farsi avanti. Non è chiaro per ora chi potrebbe essere quella persona e le discussioni sono difficili da avere politicamente a meno che McCarthy non si ritiri ufficialmente. Come ultima possibilità, e anche la meno probabile, è che McCarthy riesca a convincere i democratici a votare “presente”, piuttosto che per il leader della minoranza democratica Hakeem Jeffries. Ciò ridurrebbe il numero di voti del GOP di cui McCarthy ha bisogno, rendendo così possibile la sua nomina senza i voti del Freedom Caucus.

I 20 repubblicani che si oppongono a McCarthy vogliono che i loro punti di vista conservatori vengano riflessi in modo più evidente nell’agenda dei lavori della camera. Molti sono membri dell’House Freedom Caucus, un’appendice del Tea Party, che ha una lunga storia di faide con i leader del GOP tra cui Eric Cantor, John Boehner e Paul Ryan.
Alcuni dei critici più accesi di McCarthy, tra cui i parlamentari Scott Perry della Pennsylvania, Matt Gaetz della Florida e Lauren Boebert del Colorado, affermano che McCarthy non li ha ascoltati e non sta dando alle voci conservatrici una piattaforma sufficiente alla Camera.
Kevin McCarthy afferma che i suoi avversari continuano a cambiare le richieste durante le trattative. Pochi giorni prima del nuovo Congresso, McCarthy aveva accettato la proposta che avrebbe consentito di essere silurato dalla sua posizione di speaker se cinque congressman repubblicani lo avessero sfiduciato. Ma questo non è bastato. Paul Gosar, Andy Biggs, Jim Jordan chiedono una maggiore diversità ideologica nelle Commissioni della Camera e che membri specifici vengano inseriti nei comitati principali, tra cui Ways and Means, che controlla la politica fiscale, commerciale e sanitaria, e quella degli Stanziamenti, che alloca la spesa federale. Queste richieste si scontrano con le regole attuali poiché alcuni membri conservatori avrebbero priorità su altri repubblicani con maggiore anzianità.
E’ la prima volta che accade negli ultimi cento anni negli Stati Uniti. Nel 1923 ci vollero nove votazioni, nell’arco di due giorni, per eleggere lo speaker della camera. Anche allora il candidato era un repubblicano, Frederick Gillett, che veniva però contestato dall’ala progressista del partito (adesso invece è l’estrema destra). Dopo quattro votazioni senza risultato, si scelse di aggiornare la seduta al giorno successivo. Gillett prevalse infine al nono tentativo, ma ottenne solo 215 voti favorevoli, il risultato più basso della storia.
Lo stallo più lungo risale al 1855, quando ci vollero 133 votazioni per eleggere Nathaniel Banks come speaker.