Indagini su indagini per il congressman eletto George Santos, dopo che il New York Times la settimana scorsa ha pubblicato la valanga di bugie che il repubblicano ha raccontato ai suoi elettori.
Una volta smascherato lui stesso ha cercato di sminuire la gravità delle sue menzogne ammettendo di aver “imbellito” il suo passato. Non si è mai laureato, la laurea in legge al Baruch College non c’è mai stata, né ha mai lavorato per Citigroup e Goldman Sachs. Non è stato costretto a lasciare una prestigiosa scuola privata Horace Mann del Bronx a causa di problemi economici e non è neppure il nipote di ebrei ucraini sopravvissuti all’Olocausto, ma figlio di genitori brasiliani di seconda generazione. E neanche che, come scrive il Washington Post , la madre è morta negli attentati terroristici dell’11 settembre. Bugie pure quando ha affermato che quattro delle persone uccise nella sparatoria del nightclub Pulse a Orlando nel 2016 erano suoi dipendenti. “Operai che sarebbero andati a lavorare” nella sua azienda ha affermato, anche se lui non ha una azienda operativa, ma solo società sulla carta.
Un mare di menzogne con cui il 39enne di origine brasiliana si è accattivato la simpatia e i contributi degli elettori che hanno fatto donazioni alla sua campagna elettorale e che alle elezioni di Midterm gli hanno dato il voto.
Oggi davanti al tribunale di Mineola, NY, dove ci sono gli uffici amministrativi della contea di Nassau, una cinquantina di elettori del District 3, la circoscrizione in cui George Santos è stato eletto, hanno inscenato una dimostrazione. I manifestanti hanno affermato che non solo dovrebbe esserci un’indagine penale, ma anche un’elezione speciale per mandare al Congresso una persona più integra. Tra i dimostranti anche il democratico Robert Zimmerman, ex oppositore di Santos, che insieme ad altri politici ha definito Santos un imbarazzo nazionale.
“La nostra comunità è stata truffata e chiediamo giustizia”, ha detto la senatrice statale Anna Kaplan aggiungendo che “George Santos deve essere indagato per le sue menzogne”.
Per ora le indagini criminali sono due: una del District Attorney della contea di Nassau, Anne Donnelly, che vuole stabilire se le bugie raccontate da Santos siano solo esagerazioni frutto della propaganda elettorale o se, invece, siano delle false dichiarazioni truffaldine per reperire fondi elettorali e imbrogliare l’elettorato. L’altra dallo US Attorney dell’Eastern District, Breon Peace perché non è chiaro come Santos abbia ottenuto i fondi per la sua campagna elettorale.
Secondo quanto riporta il Washington Post, durante la sua prima candidatura nel 2020, George Santos aveva dichiarato di aver guadagnato 55 mila dollari in un anno e di aver inoltre versato per la sua campagna elettorale poche migliaia di dollari. Tuttavia nelle elezioni di quest’anno ha donato circa 700 mila dollari attraverso Devolder Organization, una società registrata in Florida di cui lui è l’unico proprietario. Dai documenti visionati dal Washington Post risulta che la società è stata creata a maggio del 2021, un mese prima della sua candidatura. Una donazione eccezionale per una azienda che aveva un fatturato di 43 mila dollari.
Ma non solo. Durante una intervista con il conduttore del programma radiofonico Real America’s Voice, David Zere, aveva detto che aveva un patrimonio personale valutato tra i 15 e i 20 milioni di dollari. Al sito investigativo Semafor, Santos ha raccontato di aver guadagnato i soldi attraverso una “serie di accordi” con “persone facoltose”. Gli inquirenti federali stanno cercando di capire che tipo di accordi Santos abbia stipulato e con chi. Una delle donazioni ricevute è stata fatta da un certo Zabrovsky, un cognome ricorrente nelle fantasticherie di Santos. Era infatti lo stesso cognome che aveva attribuito alla madre quando aveva falsamente raccontato che era ebrea. Ed è lo stesso cognome con cui aveva avviato una colletta on line GoFundMe per salvare gli animali domestici abbandonati.
La Cnn ha sottolineato come il repubblicano sia stato incriminato per appropriazione indebita in Brasile nel 2011 e il caso poi sia stato archiviato perché le autorità brasiliane per due anni non sono riuscite a trovarlo.
Per ora la leadership repubblicana della Camera non si pronuncia anche se i democratici insistono per le sue dimissioni. Il leader di minoranza Kevin McCarthy, che la settimana prossima con margini risicatissimi potrebbe essere nominato speaker della Camera, è al centro di una battaglia interna contestato dall’ala dura del partito e Santos è un repubblicano che ha già detto che gli darà il voto per la leadership. Forzarlo alle dimissioni significherebbe perdere un voto per la sua nomina.
Santos sarà con ogni probabilità alla Camera il 3 gennaio perché per espellere un parlamentare c’è bisogno del voto dei due terzi del parlamento e difficilmente i democratici otterranno il centinaio di voti repubblicani necessari per allontanarlo. Né tantomeno George Santos sembra disposto a dimettersi. E quindi nonostante la valanga di menzogne alla riapertura dei lavori del Congresso avrà paradossalmente il titolo di “onorevole”.