Dopo il procuratore della contea di Nassau a Long Island, ora anche la procura federale di New York ha aperto un’inchiesta sulle finanze di George Santos, il neoeletto al Congresso finito nella bufera per aver mentito sul suo curriculum.
Il neo-eletto deputato che è stato accusato dalla stampa di aver mentito nel suo curriculum durante la campagna elettorale delle elezioni di metà mandato.
Santos ha mentito su tutto: sulla sua laurea, sulle sue esperienze lavorative, sul suo retaggio etnico e religioso. Forse grazie proprio a quelle bugie è stato eletto al Congresso lo scorso novembre nelle file repubblicane nella contea di Nassau, nel distretto appartenuto al congressman democratico Tom Suozzi.
Santos ha conquistato gli elettori con la sua voce pacata e il sorriso sulle labbra, raccontando anche una valanga di bugie. Affermava di essere l’incarnazione dell’American Dream, di aver realizzato i suoi sogni in un Paese in cui si era sentito discriminato per il colore della pelle. Nato nel quartiere di Queens, gay, con la parola facile, si presentava agli elettori con il suo ineffabile sorriso, suadente, e raccontava le sue esperienze a Wall Street e le difficoltà che aveva sperimentato al Baruch College quando si era laureato in legge.
Nonostante alcuni repubblicani si oppongano al matrimonio gay e alla discussione sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere nelle aule scolastiche, Santos ha detto a Errol Louis in “Inside City Hall”, il programma di approfondimento politico di NY1 che sarà in grado di lavorare con i suoi colleghi e aiutarli a educarli “che non si tratta di ostracizzare la comunità gay, si tratta di rispettarsi reciprocamente”.
“Essere gay non è una questione culturale o religiosa, è una questione di libertà, libertà per tutti” ha detto Santos, conquistando quello spazio politico nell’establishment tradizionale usando le sue difformità in un mix perfetto di ingredienti non solo per gli elettori più moderati, ma anche per quelle comunità sottorappresentate da entrambi i partiti.
Sul sito web della sua campagna raccontava di come i suoi nonni materni si fossero rifugiati in Brasile per fuggire da nazisti. Ha anche detto che considerava sue le “credenze ebraiche di fondo” instillate dalla madre, così come il cattolicesimo di suo padre. Bugie a raffica perché i nonni erano nati, e non rifugiati, in Brasile ed erano cattolici.
“Vedo svanire quel sogno americano che i miei genitori sono venuti a cercare negli Stati Uniti e che io vivo oggi e mi sono candidato per proteggerlo per la prossima generazione”, diceva Santos nei suoi comizi che concludeva affermando di essere la voce “per vivere in una America migliore e più equa per la prossima generazione”. Belle parole. Belle promesse dette però da un millantatore opportunista smascherato dal New York Times.
Ieri sera si è confidato con il New York Post scusandosi e, ovviamente, minimizzando le sue bugie. “Chiedo perdono se ho deluso qualcuno con l’abbellimento del mio curriculum”, ha detto dopo aver riconosciuto pubblicamente di non essersi laureato e di non aver lavorato nelle società che erano state elencate nella sua biografia elettorale. Non ha voluto dire che il 6 gennaio 2021 era al comizio di Trump davanti al Campidoglio. Non ha voluto dire che è molto legato al figlio più grande dell’ex presidente che ha visto poche sere fa alla riunione dei giovani repubblicani a Manhattan, dove ospite d’onore della serata era Marjorie Taylor Greene.

Ora rimane da vedere quale azione la Camera prenderà. La vittoria di Santos ha aiutato i repubblicani a ottenere una maggioranza ristretta nel prossimo mandato. Finora Kevin McCarthy, ancora per qualche giorno leader della minoranza repubblicana alla Camera che disperatamente tenta di diventare lo speaker il prossimo 3 gennaio, non si è pronunciato. Né, molto probabilmente, si pronuncerà.
I democratici hanno chiesto un’indagine etica da parte della Camera e l’ufficio del procuratore generale di New York ha affermato che stava “esaminando una serie di questioni” che circondano Santos.
I legislatori democratici chiedono le sue dimissioni aumentando la pressione sulla leadership del GOP per rispondere.
“George Santos, che ora ha ammesso le sue enormi bugie, dovrebbe dimettersi”, ha twittato il rappresentante democratico della California Ted Lieu, esortando il leader repubblicano della Camera Kevin McCarthy a convocare un voto per espellere Santos.
Il rappresentante democratico del Texas Joaquin Castro ha affermato che se Santos prendesse il suo nuovo seggio, creerebbe un precedente che incoraggerebbe altri a cercare cariche pubbliche falsificando le proprie credenziali, mentre il rappresentante democratico Eric Swalwell ha accusato Santos di ” aver frodato gli elettori di Long Island”.
Il presidente del CPAC, la potente organizzazione Conservative Political Action Conference, Matt Schlapp questa mattina ospite di Fox News, intervistato da Ashley Webster ha difeso Santos “perché – ha detto Schlapp – ha chiarito le sue inesattezze in un’intervista con il New York Post e poi abbiamo al Senato Elizabeth Warren che ha abbellito il suo curriculum affermando di essere una nativa americana. Abbiamo Joe Biden che si è candidato alla presidenza nel 1988 e ha abbellito il suo curriculum affermando di aver ottenuto una borsa di studio per andare alla facoltà di legge e lui è finito tra i migliori della sua classe e ha ottenuto premi e tutto il resto. Tutte bugie per cui ha dovuto abbandonare la corsa presidenziale dopo aver mentito sul suo curriculum”.
Schlapp ha anche affermato che gli elettori avranno l’opportunità giudicare direttamente Santos tra due anni quando ci saranno le nuove elezioni. “Saranno loro gli arbitri” ha concluso.
La Republican Jewish Coalition ha condannato le sue bugie, ma non ha chiesto le sue dimissioni, limitandosi a non invitarlo ai futuri eventi.
“Ci ha ingannati travisando la sua eredità culturale e religiosa”, ha scritto il gruppo in una nota. “Nei commenti pubblici e a noi personalmente ha affermato in precedenza di essere ebreo. Ha iniziato il suo mandato al Congresso con una nota molto sbagliata. Non sarà il benvenuto in nessun futuro evento organizzato dalla Republican Jewish Coalition”.