È cominciata questa mattina nella corte federale di Brooklyn la selezione dei giurati nel processo in cui è imputato Thomas Barrack, grande amico di Silvio Berlusconi e Donald Trump, imputato per aver agito come lobbysta per conto degli Emirati Arabi Uniti senza registrarsi presso il Dipartimento di Giustizia come impone la legge. Avrebbe svolto la funzione di agente promotore degli interessi di un Paese straniero e avrebbe mentito agli agenti federali.
Tom Barrack è il 75enne ex presidente dell’azienda ora chiamata DigitalBridge Group, fino a pochi anni fa conosciuta in tutto il mondo come Colony Capital. Secondo l’accusa avrebbe promosso gli interessi degli Emirati Arabi Uniti influenzando l’amministrazione di Trump tra il 2016 e il 2018. Barrack, che ha guidato il comitato di inaugurazione di Trump ed è stato un frequente ospite della Casa Bianca, si è dichiarato non colpevole, così come il suo ex assistente e co-imputato Matthew Grimes. Gli avvocati dei due imputati hanno detto che le loro interazioni con i funzionari degli Emirati Arabi Uniti facevano parte del loro lavoro per DigitalBridge. Un altro coimputato, l’uomo d’affari degli Emirati Rashid Al Malik, è latitante.
Secondo le motivazioni depositate nella richiesta di rinvio a giudizio il processo si basa sugli stretti legami tra gli imputati e funzionari degli Emirati Arabi Uniti che avrebbero pianificato la politica energetica da proporre a Donald Trump quando era in campagna elettorale contro Hillary Clinton nel 2016. Ma non solo. Gli stessi sceicchi avrebbero fornito una lista su chi avrebbe dovuto essere nominato ambasciatore ad Abu Dhabi e per promuovere segretamente gli interessi degli Emirati Arabi Uniti avrebbero consigliato a Barrak cosa far dire a Donald Trump durante le interviste televisive. I pubblici ministeri affermano che Barrack, a sua volta, avrebbe usato i suoi contatti con gli Emirati Arabi Uniti per influenzare le decisioni di politica estera dell’allora presidente.

Negli atti depositati gli inquirenti affermano che Barrack, Grimes e Al Malik non l’hanno mai detto al Dipartimento di Giustizia che agivano come agenti degli Emirati Arabi Uniti come richiesto dalla legge federale.
Gli avvocati di Barrack sostengono che sia il Dipartimento di Stato, che lo stesso Trump, sapevano dei suoi contatti con i funzionari del Medio Oriente, dimostrando che Barrack non intendeva essere un agente straniero. Barrack è stato arrestato a Los Angeles ma è rimasto libero, con una cauzione da 250 milioni di dollari, in attesa del processo. Se gli imputati dovessero essere riconosciuti colpevoli rischiano da 5 a 10 anni di carcere.
Thomas Barrack, un libanese americano cresciuto a Culver City, in California, ha iniziato la sua carriera come avvocato dopo essersi laureato alla USC Gould Law School nel 1972.
Fortune ha riferito che l’anno in cui si è laureato, ha iniziato una carriera con uno studio legale gestito da Herbert W. Kalmbach, allora avvocato di Richard Nixon. Il suo tempo presso lo studio legale ha segnato l’inizio di una relazione forte e a lungo termine con importanti personaggi della famiglia reale saudita con cui ha stretto legami e ha lavorato per molti membri della famiglia reale saudita che si sono poi estesi agli sceicchi dei sette reami che formano gli Emirati Arabi Uniti.

Il New York Times scrive che l’amicizia tra Thomas Barrack e Donald Trump è iniziata nel 1985, dopo che Barrack era diventato un importante investitore con partecipazioni in vari hotel e grandi magazzini. Barrack ha incontrato Trump per la prima volta dopo avergli venduto le partecipazioni in una società. Fortune ha riferito che nel 1990 Barrack aveva creato un formidabile impero personale, che vantava un portafoglio di 25 miliardi di dollari. Tuttavia, è noto soprattutto per il suo ruolo nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, quando ha sostenuto Donald Trump come presidente. Il New York Times ha riferito che grazie ai legami di Barrack con i reali sauditi è stato prezioso per ammorbidire la nota xenofobia islamofoba dell’ex presidente.
In Italia Tom Barrack è noto per altre vicende giudiziarie. Era il proprietario della Costa Smeralda dal 2003 al 2012. La comprò dal fondatore Aga Khan per 280 milioni di euro, rivendendola all’emiro del Qatar per 680. Plusvalenza di 400 milioni e 170 milioni di tasse evase, secondo la procura di Tempio Pausania. Son passati più di 10 anni dall’incriminazione, ma il processo non è mai stato celebrato.