Fresco dal successo della sua mediazione che ha evitato lo sciopero dei dipendenti dei trasporti ferroviari, Joe Biden torna a sorridere.
Secondo un sondaggio dell’Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research, la sua popolarità è notevolmente migliorata rispetto al punto più basso di quest’estate, anche se persistono forti preoccupazioni sulla sua gestione dell’economia.
Il sostegno popolare a Biden è in ripresa di 9 punti dopo i minimi di luglio in cui era calato al 36%. Nel sondaggio pubblicato oggi il presidente è al 45%. Un aumento spinto in gran parte dalle posizioni estreme assunte dai repubblicani sul tema dell’aborto e sulle vicende giudiziarie dell’ex presidente che, benchè ancora saldamente difeso dallo zoccolo duro dei repubblicani, continua a perdere consensi tra gli indipendenti, la frangia più ampia dell’elettorato. Un rimbalzo del sostegno dei Democratici a meno di due mesi dalle elezioni di medio termine in cui fino a poche settimane fa i Democratici erano ampiamente dati come sfavoriti.
L’accordo raggiunto con i sindacati dei dipendenti delle ferrovie è una grande vittoria per la Casa Bianca perché uno sciopero ferroviario, e negli Stati Uniti gli scioperi sono una serrata a tempo indeterminato, avrebbe sicuramente avuto un impatto sull’economia in un momento in cui il Paese è già in lotta con l’inflazione e la crisi del costo della vita.

Un successo mal digerito dall’ex presidente Donald Trump sempre più coinvolto nelle sue molteplici vicende giudiziarie sia per il materiale Top Secret nascosto a Mar A Lago, sia per le indagini sul suo coinvolgimento nel tentativo insurrezionale del 6 gennaio, sia per il tentativo di convincere i funzionari elettorali della Georgia di cambiare il risultato elettorale dello Stato alle presidenziali del 2020, sia per la sua società accusata di evasione fiscale. Conti che gli sono stati presentati in parte dopo la fine del suo mandato alla Casa Bianca, quando non era più protetto dal privilegio presidenziale.
Un periodo amaro per l’ex presidente impegnato in questi molteplici fronti accentuato anche dalla decisione del suo ex capo di gabinetto, Mark Meadows, che ha consegnato migliaia di messaggi di testo ed e-mail alla Commissione d’Inchiesta della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Una decisione improvvisa, maturata dopo un iniziale rifiuto e dopo che la Camera aveva votato per deferirlo alla magistratura federale per oltraggio al Congresso. Secondo la CNN, Meadows ha consegnato gli stessi documenti anche al Dipartimento di Giustizia, soddisfacendo l’ingiunzione che gli era stata emessa. I messaggi e le e-mail coprono il tempo tra il giorno delle elezioni, il 4 novembre 2020, e l’inaugurazione del presidente Joe Biden, il 20 gennaio 2021. Mark Meadows è il funzionario di grado più alto che ha lavorato con l’ex presidente Donald Trump che ha ricevuto un mandato di comparizione relativo alle indagini del 6 gennaio. Il Dipartimento di Giustizia ha emesso nei giorni scorsi circa 40 mandati di comparizione a persone associate a Trump nell’indagine sul tentativo insurrezionale.
Ieri sera l’ex presidente intervistato dal conduttore radiofonico Hegh Hewitt ha minacciato che se fosse stato incriminato ci sarebbero stati “problemi in questo paese che forse non abbiamo mai visto prima”.
La Casa Bianca – ha affermato la CNN – intende nominare Lynne Tracy, una diplomatica di carriera, come nuova ambasciatrice di Washington a Mosca. Esperta e coraggiosa diplomatica che parla russo ed è stata la numero 2 dell’ambasciata statunitense nella capitale russa dal 2014 al 2017, sarà la prima donna a rivestire questo incarico. Attualmente è ambasciatrice in Armenia. Prima di prestare giuramento come ambasciatrice a Yerevan nel 2019, Lynne Tracy è stata consulente senior per gli affari della Russia presso l’Ufficio per gli affari europei ed eurasiatici del Dipartimento di Stato.
Funzionari dell’amministrazione che hanno familiarità con la questione affermano che la nomina di Lynne Tracy sarà presentata al Senato non appena il governo russo avrà approvato la scelta. Le nomine degli ambasciatori devono essere approvate dal governo ospitante secondo le regole del protocollo diplomatico, normalmente si tratta di una routine, ma in questo momento le relazioni tra Russia e Stati Uniti sono particolarmente difficili sia per l’invasione dell’Ucraina, sia per la detenzione di cittadini americani in Russia, sia per le ingerenze russe nelle elezioni.
Il precedente ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, John Sullivan, ha lasciato Mosca in anticipo per le precarie condizioni di salute della moglie, morta il giorno dopo il suo rientro negli Stati Uniti. Lynne Tracy ha ricevuto un attestato dal Dipartimento di Stato dall’allora Segretario di Stato Hillary Clinton nel 2009 per il suo eroismo. Mentre era la responsabile del consolato degli Stati Uniti a Peshawar è sopravvissuta a un attacco contro di lei da parte di un uomo armato che ha crivellato di proiettili la sua automobile.

Nulla di fatto, invece, per il posto all’ambasciata a Roma attualmente ricoperto dall’incaricato d’affari Shawn Crowley dopo che l’ambasciatore Lewis Eisenberg, nominato da Donald Trump, è rientrato negli Stati Uniti. Un posto che, secondo molte indiscrezioni, la Casa Bianca tiene in caldo per Nancy Pelosi, se la l’attuale speaker della Camera dovesse perdere il suo ruolo di leadership nel partito dopo le elezioni di Mid Term.
Infine sta calando il sipario sulle indagini avviate da John Durham, nominato dall’allora ministro della Giustizia William Barr nel dicembre 2020 su pressione dell’ex presidente Donald Trump, per portare alla luce gli illeciti dei Clinton e dei democratici. Una nomina strillata da Trump: “Quello che hanno fatto i Clinton – disse l’ex presidente a Fox News – è stato così illegale, a un livello che raramente si è mai visto prima”.
Dopo due anni di indagini l’inchiesta si sta concludendo con un nulla di fatto. Uno dei massimi pubblici ministeri che lavorano con Durham ha lasciato il Dipartimento di Giustizia per un lavoro nel settore privato. E il New York Times ha riferito che un grand jury guidato da Durham è scaduto, senza piani per crearne un altro. Ad oggi, l’indagine di Durham ha portato a tre procedimenti giudiziari, nessuno dei quali si avvicina nemmeno alle grandiose affermazioni fatte da Trump secondo cui Clinton e i suoi soci sarebbero in qualche modo coinvolti negli illeciti. Anzi, le indagini hanno evidenziato le interferenze russe nelle elezioni del 2016 con il preciso scopo di aiutare Donald Trump e danneggiare Hillary Clinton.