Frenetica giornata politica. A Washington il presidente della Commissione d’Inchiesta della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021, il Congressman democratico Bennie Thomas, è stato colpito dal Covid. Dopo che si era diffusa la notizia, era stata messa in dubbio l’attesa audizione di giovedì prossimo, ma nella tarda mattinata un portavoce della commissione ha confermato che l’audizione sarà regolarmente videotrasmessa alle 20:00 e Bennie Thomas la seguirà da remoto.
Secondo quanto riferito, l’udienza sarà caratterizzata da due ex aiutanti della Casa Bianca che testimonieranno su ciò che l’ex presidente stava facendo mentre i suoi sostenitori avevano violentemente preso d’assalto il Campidoglio. L’audizione, che il membro del comitato Jamie Raskin ha detto sarebbe stata un “momento di resa dei conti” per il Paese, si concentrerà sul mancato intervento di Trump durante l’attacco. La giuria ha già mostrato testimonianze sul comportamento dell’ex presidente durante la rivolta, incluso il rifiuto di inviare un tweet per richiamare la folla e che potrebbe aver suggerito che i suoi sostenitori avevano ragione a chiedere l’impiccagione di Mike Pence.
Secondo le ultime informazioni, l’ufficio del Secret Service non fornirà i messaggi che gli agenti si sono scambiati durante il tentativo insurrezionale. I National Archives hanno cercato maggiori informazioni sulla “potenziale cancellazione non autorizzata” di questi messaggi. Il responsabile dei National Archives ha chiesto al responsabile del Secret Service di riferire entro 30 giorni sui motivi della cancellazione portando tutte le prove che la rimozione fosse stata precedentemente autorizzata e programmata e un’analisi forense della documentazione digitale, inclusa la descrizione di ciò che è stato eliminato.
Il Secret Service, i cui agenti sono stati coinvolti nell’indagine del 6 gennaio a causa del loro ruolo nel seguire e pianificare quel giorno i movimenti del presidente Donald Trump, dovranno condividere le conclusioni dell’indagine con la Commissione d’Inchiesta.

Mentre alla Camera c’era incertezza sull’audizione, nella corte federale il processo a Steve Bannon, imputato per vilipendio al Congresso per essersi rifiutato di comparire e testimoniare davanti alla Commissione, ha subito una breve battuta d’arresto. Dopo un paio di ore di camera di Consiglio il giudice Nichols, che presiede il processo, ha stabilito che Bannon non può affermare di non aver rispettato l’ingiunzione spiccata dalla Commissione d’inchiesta perché credeva che i suoi documenti e le sue testimonianze fossero protetti dal privilegio esecutivo. Bannon, infatti, non faceva parte da tempo dell’amministrazione Trump.
Alla ripresa del processo è stata conclusa la selezione della giuria popolare composta da dodici giurati e due supplenti – nove uomini e cinque donne. Molti dei giurati hanno detto alla corte di non aver seguito da vicino la copertura giornalistica del caso di Bannon o di non aver seguito attentamente le audizioni televisive della Commissione d’Inchiesta della Camera. Tra i giurati ci sono un medico pediatria, un autista per bambini con bisogni speciali, un architetto, un fotografo della NASA e un uomo che ha detto alla corte che lui e sua moglie sono state vittime della violenza armata a Washington.
In qualità di massimo consigliere della campagna presidenziale di Donald Trump del 2016, Bannon venne scelto dall’allora presidente come capo stratega della Casa Bianca. E ha contribuito ad articolare il populismo di destra “America First” e la feroce opposizione all’immigrazione che hanno contribuito a definire la presidenza di Trump. Ma i rapporti tra i due si incrinarono a causa dei difficili legami che il guru politico aveva con i figli del presidente, e venne brutalmente allontanato dalla Casa Bianca. Tuttavia Trump l’anno scorso ha concesso la grazia presidenziale a Bannon, che era stato formalmente incriminato dalla giustizia federale per una truffa ai donatori di un fondo privato per finanziare un muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico.

Dalla politica che si svolge nelle aule giudiziarie, a quella che dei comizi, sconquassata dalla decisione di un magistrato. Primarie all’arma bianca a New York. Si voterà il 23 agosto per la Camera dei Rappresentanti e per il Senato statale in una elezione scombussolata dalla decisione della magistratura che ha bocciato la riconfigurazione dei distretti elettorali forzando duelli tra parlamentari di primo piano dello stesso partito. E’ il caso del 12esimmo Distretto in cui la veterana Carolyn Maloney, presidente dell’House Oversight Committee, la Commissione d’Inchiesta della Camera, si scontra con l’altrettanto esperto Jerry Nadler, presidente della Commissione Giustizia della Camera. Carolyn Maloney ha versato personalmente quasi un milione di dollari nella sua campagna di rielezione.
Nel Decimo Distretto elettorale, invece, l’ex sindaco di New York, Bill De Blasio è arrivato penultimo in un sondaggio condotto dal Working Families Party con solo il 3% dei consensi, mentre la consigliera Carlina Rivera e la deputata Yuh-line Niou guidano il gruppo, pareggiando al 16%. Daniel Goldman, un ex procuratore federale che ha servito come consulente per i Democratici della Camera durante il primo processo di impeachment del presidente Donald Trump, è arrivato terzo con il 10%. Il congressman Mondaire Jones, che attualmente rappresenta il 10° distretto di New York, si è piazzato quarto con l’8%. L’ex candidata al Consiglio della città di New York Maud Maron è arrivata ultima al 2%.