Trump aveva preparato un colpo di stato dopo aver perso le elezioni ed era alla ricerca di una scusa legale per giustificarlo. Questa in sintesi la testimonianza resa oggi alla Camera alla Commissione d’Inchiesta sull’assalto al Congresso dall’ex giudice della corte d’appello federale Michael Luttig, magistrato conservatore consulente legale degli ex presidenti Ronald Reagan e Gorge Bush e opinionista conservatore. Con lui anche l’avvocato di Pence, Greg Jacob. Entrambi suggerirono all’ex vicepresidente di respingere le pretestuose e false argomentazioni degli avvocati di Trump.
Un’udienza che ha fatto luce sul complotto preparato dall’ex presidente nel tentativo di delegittimare la vittoria elettorale di Joe Biden e che evidenzia come il presidente fosse a conoscenza dell’illegalità del suo piano.
Per cercare di dare credibilità alle richieste di Trump gli avvocati dell’ex presidente avevano falsificato i nomi dei grandi elettori delegati che, come vuole l’Electoral Act del 1887, sono quelli che certificano la vittoria del candidato alla presidenza. Sostituendo quindi i nomi dei Grandi Elettori di alcuni Stati il cui esito finale era stato contestato come Arizona o Georgia, sarebbe venuta meno la maggioranza dei delegati per dichiarare la vittoria presidenziale. Un gioco delle tre carte preparato da John Eastman, allora avvocato di Trump, per Pence che cadendo nel suo tranello avrebbe potuto demandare la decisione di certificare la vittoria alle delegazioni della Camera dei Rappresentanti che sono in maggioranza repubblicana. “Un piano ben sviluppato dall’ex presidente – ha detto Luttig – per ribaltare l’esito delle presidenziali 2020 ad ogni costo”.

Sia Luttig che Jacob hanno testimoniato di aver avuto numerose conversazioni con Eastman e di aver respinto le sue inesplicabili teorie costituzionali. “Ciò nonostante – ha testimoniato Marc Short allora consigliere del vicepresidente – le pressioni su Pence continuarono sia con altre conversazioni dirette alla Casa Bianca sia attraverso numerosi Tweet mandati da Trump”.
“È scioccante che certe argomentazioni siano state concepite e accarezzate dal presidente degli Stati Uniti in quel pericoloso momento della storia”, ha detto Luttig. “Se il vicepresidente Mike Pence avesse obbedito a Trump, l’America sarebbe sprofondata in quello che sarebbe stato l’equivalente di una rivoluzione, in una crisi costituzionale paralizzante”, ha affermato il giurista, evocando una democrazia sull’orlo del baratro.
Eastman è stato interrogato dalla Commissione d’Inchiesta anche se inizialmente si era rifiutato di presentarsi e quando è comparso davanti agli inquirenti ha invocato per 500 volte il suo diritto costituzionale di non rispondere a domande che avrebbero potuto portare alla sua incriminazione. Non ha risposto alle domande, ma ha mostrato agli inquirenti che era a conoscenza della illegalità delle sue azioni, tanto che in una email mandata all’altro avvocato di Trump, Rudy Giuliani, Eastman scrive che vuole essere messo nella lista dei beneficiari dei perdoni giudiziari prima che Trump lasci la Casa Bianca.
Finita l’udienza il presidente della Commissione d’Inchiesta, Bennie Thomas, ha confermato che è stato chiesto a Ginni Thomas, la moglie del giudice della corte suprema Clarence Thomas, nota lobbysta del Tea Party, di testimoniare davanti alla Commissione. La donna ha inviato non solo vari messaggi all’allora chief of staff Mark Meadows e a deputati dell’Arizona perché ribaltassero il voto a favore di Donald Trump – come peraltro è già stato reso noto – ma ha mandato alcune e-mail all’avvocato John Eastman, mentre preparava la teoria di usare Mike Pence per bloccate la certificazione della vittoria di Joe Biden. Eastman, peraltro, è stato un assistente giudiziario di Thomas alla Corte Suprema. Lo scrive il Washington Post, riferendo che ora quella corrispondenza è agli atti della Commissione d’Inchiesta. Ginni Thomas ha sostenuto che lei e il marito operano in due ambiti professionali separati, ma il suo coinvolgimento con le frange più estremiste del conservatorismo americano ripropone se il marito non debba astenersi nei casi legati alle elezioni e ai tentativi di ribaltarne l’esito. A gennaio la Corte Suprema ha respinto la richiesta di Trump di bloccare l’invio dei documenti della Casa Bianca custoditi dai National Archives alla commissione parlamentare: Clarence Thomas fu l’unico giudice che si dichiarò contrario.

In margine all’inchiesta sull’assalto al Congresso è spuntato fuori un video girato il giorno prima, in cui il congressman repubblicano della Georgia, Barry Loudermilk, f da cicerone ad un gruppo di persone in un tour non ufficiale negli edifici della Camera passando attraverso i checkpoint di sicurezza all’ingresso dei tunnel che portano al Campidoglio. Faceva parte del tour anche un uomo che scattò alcune fotografie delle entrate dei tunnel, dei corridoi, delle scale e dei checkpoint, unendosi poi il giorno dopo alla massa di sostenitori di Trump che attaccarono il Campidoglio. I movimenti di questa persona sono stati catturati dalle videocamere di sorveglianza e consegnate alla Commissione d’Inchiesta, che ha reso pubbliche le immagini e chiesto la testimonianza di Loudermilk, il quale però ha già detto che non comparirà davanti alla Commissione d’Inchiesta.
Il video del tour su Twitter:
Surveillance footage shows a tour led by Loudermilk to areas in the House Office Buildings, as well as the entrances to Capitol tunnels.
Individuals on the tour photographed/recorded areas not typically of interest to tourists: hallways, staircases and security checkpoints. pic.twitter.com/Rjhf2BTdbc
— January 6th Committee (@January6thCmte) June 15, 2022