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April 8, 2022
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April 8, 2022
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Le colpe del figlio: quei messaggi di Trump Jr. due mesi prima del 6 gennaio

Le persone più vicine a Trump si stavano già scambiando idee su come ribaltare il risultato delle elezioni mesi prima dell'assalto al Congresso

Massimo JausbyMassimo Jaus
La Convention del Gop continua nella “realtà alternativa” di Donald Trump

Donald Trump jr

Time: 3 mins read

Messaggini telefonici pericolosi. Alcuni incastrano il figlio di Donald Trump, Don Jr, altri, mandati ai Proud Boys con l’ordine di entrare al Campidoglio.

I piani per sovvertire il risultato elettorale del 3 novembre 2020 erano stati fatti due giorni dopo le elezioni quando i voti erano ancora in fase di conteggio. Lo riporta la Cnn affermando che il figlio maggiore di Donald Trump, Don Junior, ha scritto all’allora capo di gabinetto della Casa Bianca, Mark Meadows, che “avevano il controllo operativo” per garantire che suo padre ottenesse un secondo mandato, grazie alla maggioranza repubblicana al Senato e alle legislature locali degli Stati in cui la sconfitta c’era stata per un numero limitato di voti.

Nel testo, che non è stato riportato in precedenza, Donald Trump Jr. espone idee per mantenere suo padre al potere sovvertendo il processo del Collegio Elettorale. I testi dei messaggi riportati dalla Cnn erano finora inediti e sono tra gli atti ottenuti dalla Commissione d’Inchiesta della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021.

“È molto semplice”, Trump Jr. ha scritto a Meadows il 5 novembre, aggiungendo più tardi nella stessa missiva: “Abbiamo più opzioni, le controlliamo tutte”.

In una dichiarazione alla CNN, l’avvocato di Trump Jr. Alan S. Futerfas ha dichiarato: “Dopo le elezioni, Don Junior ha ricevuto numerosi messaggi dai sostenitori. Vista la data, questi messaggi probabilmente provengono da qualcun altro sono stati girati”. Cinque text-message successivi però delineano la strategia che gli alleati dell’ex presidente hanno tentato di attuare nei mesi successivi.

Il testo di Trump Jr. mette in evidenza come le persone più vicine all’ex presidente si stessero già scambiando idee su come ribaltare il risultato delle elezioni quasi due mesi prima dell’insurrezione del 6 gennaio – e prima ancora che tutti i voti fossero contati. Sarebbero passati altri due giorni prima che le principali testate giornalistiche dichiarassero Joe Biden vincitore il 7 novembre.

Questi messaggi inoltre si aggiungono anche alle numerose prove già ottenute dalla Commissione d’Inchiesta sul modo in cui i collaboratori più vicini a Trump fossero attivamente impegnati per contestare il risultato elettorale.

Il 28 marzo il giudice federale David Carter ha scritto nella sua decisione per rilasciare il carteggio tra l’ex presidente ed un suo consulente legale, che Trump, insieme all’avvocato John Eastman, aveva lanciato una campagna “senza precedenti” per cercare di ribaltare un’elezione democratica, definendola “un colpo di stato alla ricerca di una teoria legale”.

Trump as “The Great Dictator” (Illustration by Antonella Martino)

Nelle settimane successive alle elezioni del 2020, gli avvocati di Trump hanno presentato più di 60 azioni legali, tutte senza successo, negli “Stati chiave”. Nessun magistrato, data l’assenza di una singola prova, ha accettato le fantasiose e bizzarre richieste di contestare la legittimità del risultato elettorale. Alcuni Stati hanno condotto i riconteggi nei mesi successivi alle elezioni, riconfermando la vittoria di Biden. Ciò nonostante Donald Trump Jr. pubblicamente sosteneva varie teorie complottistiche sulle frodi elettorali mai provate mettendo in dubbio i risultati in stati come la Pennsylvania e la Georgia. Ma non solo. Don Jr. traccia una strategia per sostituire in alcuni Stati Chiave i Grandi Elettori, con falsi Grandi Elettori repubblicani. Questo piano fu infine orchestrato e portato a termine dai collaboratori dell’ex presidente e venne supervisionato dal suo avvocato Rudy Giuliani.

Il messaggio del 5 novembre di Trump Jr. a Mark Meadows è stato mandato quando i social media conservatori cominciavano la campagna disinformatica. Poco ore dopo, infatti, Mark Levin aveva twittato un’idea simile e suggerito che le legislature statali avessero l’ultima parola sulla scelta dei Grandi Elettori.

“Se i segretari di Stato non sono in grado di certificare i risultati” sostiene in un messaggio inviato a Mark Meadows “facciamo intervenire le assemblee statali controllate dai repubblicani e presentare le liste separate di Grandi Elettori pro Trump. I repubblicani controllano 28 stati, i democratici 22 stati”, scrive Trump Jr.. “In questo modo Trump vince un’altra volta”.

Visto che il tentativo di ribaltare il risultato elettorale era fallito l’ultima speranza era quella di bloccare la procedura al Congresso per la certificazione della vittoria di Biden. E così il 6 gennaio ci fu il fallito tentativo insurrezionale.

Attack on Capitol Hill. January 6, 2021. (Wikimedia Commons)

A questo proposito nel primo pomeriggio Charles Donohoe, di 34 anni, che era uno dei leader dei Proud Boys che ha preso parte all’assalto al Campidoglio, si è dichiarato colpevole di due reati con una pena minima di quasi sei anni di prigione, ma ha accettato a collaborare con gli inquirenti testimoniando contro i suoi coimputati nella speranza di ottenere una condanna più leggera. Gli atti del tribunale depositati oggi mostrano che ha già fornito numerose informazioni sui piani del gruppo e sulla loro intenzione di interrompere la conferma del voto elettorale del Congresso. Un messaggino telefonico con un “Vai dentro” lo ha incastrato. Gli inquirenti non hanno voluto dire chi è stato a mandare il text message.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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