Mancano meno di otto mesi alle elezioni di Mid Term e le schermaglie tra gli schieramenti con il passare dei giorni si fanno più intense. Saranno elezioni interessanti queste del prossimo 8 novembre in cui si rinnoverà l’intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato. Ma non solo. Si presenteranno al giudizio dell’elettorato anche 36 governatori, 30 Attorney General 27 Secretary of State.
Normalmente il partito che due anni prima ha conquistato la Casa Bianca perde la maggioranza alla Camera. Poi, data la striminzita prevalenza numerica dei democratici al Senato, c’è la possibilità che perdano anche questo. Ma quest’anno, per ora, le elezioni sono particolarmente imprevedibili. Le incertezze nascono dalla feroce battaglia che si sta combattendo all’interno del partito repubblicano con Donald Trump che lotta sia con la leadership tradizionale del GOP che contro i democratici. E’ una lotta poco visibile, per ora, tutta guerreggiata per la scelta dei candidati alle primarie del partito che si terranno tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate. Da una parte l’establishment repubblicano guidato dal leader della minoranza al Senato Mitch McConnell, per il quale spingono l’ex presidente George W Bush, la vedova di John McCaine, e molti senatori repubblicani moderati, come Susan Collins, Lisa Murkowski, Mitt Romney, Ben Sasse oltre a Liz Cheney. Dall’altro gli irriducibili difensori dell’ex presidente Kevin McCarty attuale capo della minoraza repubblicana alla Camera che con Steve Calise, Minority Whip e Elise Stefanick, Chairman della Republican Conference (che ha sostituito Liz Cheney) che seguono le direttive di Donald Trump e “castigano” i dissenzienti.
La posta in gioco è altissima, specialmente per l’ex presidente, perché una debacle ad ottobre dei suoi candidati lo renderebbe ancora più vulnerabile con la magistratura che tra le inchieste penali e civili sulla Trump Organization, e i tentativi di cambiare il risultato elettorale in Georgia gli dà la caccia. Questo mentre si registra un nuovo capitolo sulla holding dell’ex presidente. La società di contabilità Mazars ha annunciato di aver interrotto i rapporti con la Trump Organization aggiungendo che non è in grado di difendere le dichiarazioni finanziarie preparate dal 2011 al 2020. Lo scrive il New York Times secondo il quale la società di contabilità ritiene che le dichiarazioni fatte non sono più affidabili alla luce dei risultati dell’inchiesta giudiziaria. La decisione della Mazars è stata resa nota con una lettera mandata alla Trump Organization, depositata agli atti dall’accusa, e ricevuta anche all’Attoney General dello Stato di New York Letitia James.

Le dichiarazioni finanziarie usate da Donald Trump per ottenere sia prestiti che sgravi fiscali sono al centro di due indagini, una civile, che è quella di Letitia James. E una penale, condotta dal District Attorney di Manhattan, Alvin Bragg, succeduto a Cyrus Vance che ha lasciato l’ufficio dal 1 gennaio.
Secondo l’inchiesta di Letitia James le stesse proprietà della Trump Organization venivano valutate ad un prezzo maggiorato quando erano date in garanzia dei prestiti bancari e venivano ridotte invece per la dichiarazione dei redditi. Ora che la vicenda è finita in tribunale e c’è possibilità che si concluda in maniera negativa per Donald Trump la Mazars ha deciso di tagliare i legami con la holding. Ma non è solo questa la brutta notizia del giorno per le società dell’ex presidente. Un giudice di Washington, DC ha riaperto l’inchiesta sulla Trump Organization originariamente avviata dall’Attorney General del Distretto di Columbia che indagava sulle spese fatte per i festeggiamenti della sua elezione nel 2017 usando i fondi in maniera inappropriata. Il procuratore generale del Distrct of Columbia, Karl A. Racine, aprì un’inchiesta nel gennaio 2020 accusando la Trump Organization, il Trump International Hotel di Washington e il Comitato Presidenziale Inaugurale di Trump nel 2017, che era un’organizzazione no profit esente da tasse, di aver utilizzato parte dei fondi per pagare in modo improprio la Trump Organization e i membri della famiglia Trump. Il giudice della Supreme Court José M. López non aveva autorizzato le indagini stabilendo che l’ufficio di Racine non aveva prove sufficienti per stabilire che la Trump Organization avesse infranto la legge. Racine si era appellato a questa decisione e il caso venne trasferito a un altro giudice, Yvonne Williams, che mercoledì sera ha stabilito che invece le prove ci sono per proseguire con le indagini.
Per cercare di spostare l’opinione pubblica i media legati a Donald Trump cercano di ridare vigore al Russiagate e al ruolo che Hillary Clinton avrebbe avuto per creare la narrativa dei legami tra l’ex presidente e Mosca. Gli avvocati dell’ex presidente accusano l’ex first lady di aver pagato nel 2016 un’azienda di tecnologia informatica per “infiltrarsi” nei server della Trump Tower per scavare nei segreti dell’allora candidato repubblicano. Questa tesi è sostenuta da John Durham, il discusso inquirente federale nominato da William Barr nel 2019 quando era Attorney General, che gli diede lo status di Special Prosecutor per continuare a indagare, anche dopo la fine della presidenza di Trump, sul ruolo dell’Fbi nell’inchiesta sulla genesi delle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016. Un “contentino” fatto allora da Barr a Trump nel tentativo di migliorare le difficile relazioni che intercorrevano tra lui e l’ex presidente, ossessionato dalla popolarità dell’allora candidata democratica che ottenne un maggior numero di voti popolari.

Ma nonostante Trump e i suoi stretti alleati come Mark Meadow e Fox News cerchino di dare forza alla vicenda, il fatto che le indagini vengano svolte da un inquirente poco attendibile come Durham dà poca credibilità alla vicenda. Ciò nonostante è un modo sufficiente a scaldare gli animi dei fedelissimi dell’ex presidente che continuano a vedere congiure nei suoi confronti. E Donald Trump ha trasformato quest’antagonismo a tutto vantaggio: organizzando tour, ed eventi di presunta beneficienza il cui ricavato finisce direttamente nelle sue società, ha fatto un libro illustrato patinato per il quale ha ricevuto un cospicuo anticipo e il suo negozio online per la vendita di oggetti MAGA è più visitato che mai, lanciandosi ora che è fuori dalla Casa Bianca in una serie di iniziative redditizie tra la sua grande base elettorale. “Per Trump il fatto di monetizzare la sua post-presidenza rappresenta un ritorno alle origini”, scrive il New York Times, ricordando come in passato abbia fatto leva sul suo successo nel programma televisivo “The Apprentice” per lanciare la sua carriera politica. Ora sta seguendo lo stesso copione: ha convertito i suoi elettori in fedelissimi consumatori dei prodotti che hanno il suo logo e loro, e anche lui, ne sono felicissimi.