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January 18, 2022
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Scontro fra Dem al Senato e le possibilità sul cambiamento del filibuster svaniscono

Il senatore Bernie Sanders attacca i colleghi Joe Manchin e Kyrsten Sinema ma la nuova legge per proteggere il voto appare sempre più lontana

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 4 mins read

Giornata di tensione e di frenetici incontri al Senato in casa democratica. Dopo il coro di critiche dei leader dei diritti civili, del presidente Joe Biden e di tutta l’ala progressista del partito, espresse durante le celebrazioni del Martin Luther King Jr. Day i senatori Kyrsten Sinema dell’Arizona e Joe Manchin del West Virginia, contrari a modificare le regole della tattica dilatoria del filibuster per far passare la legge sulla riforma elettorale, sono rimasti isolati.

Dato per scontato che, come inizierà la discussione in aula per le due leggi, il Freedom to Vote Act e il John Lewis Voting Rights Advancement Act, che rappresentano la riforma elettorale, i repubblicani chiederanno il filibuster, la regola procedurale che dà al partito di minoranza lo spazio teoricamente indefinito di parlare in aula. Per superare questo ostacolo c’è bisogno di un voto con la maggioranza qualificata, 60 voti. Voti che i democratici non hanno perchè l’attuale maggioranza al Senato, i cui seggi sono 50-50, la ottengono con il voto del presidente del Senato, Kamala Harris, che può votare solo per rompere la parità. A corto dei 10 voti necessari per imporre la “chiusura” del filibuster il partito di maggioranza sta cercando di modificare le regole del filibuster per il quale si procede con la maggioranza semplice. “La posta è troppo alta – afferma il leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer – bisogna cambiare una regola che impedisce di rettificare una situazione di ingiustizia”. E così ha riunito per il tardo pomeriggio il Democratic Caucus per fare il punto della situazione. Ai lavori partecipano di persona sia il senatore Joe Manchin che la senatrice Kyrsten Sinema. Schumer preme per modificare l’articolo 22 delle regole del Senato, quello che sancisce il filibuster, sapendo che la proposta non passerà perché i due senatori democratici sono contrari, ma tanto per far ricadere il fallimento del passaggio della legge su chi nel suo partito non ha appoggiato la mozione per il cambiamento delle regole. Una resa dei conti tutta interna, insomma. Una strategia politica per mostrare agli elettori che la battaglia per il diritto di voto è stata combattuto. Il dibattito sulle misure dovrebbe protrarsi fino a domani; una volta terminato, il Senato voterà una mozione per chiudere il dibattito e passare alla votazione finale sui progetti di legge. Quella mozione non dovrebbe ottenere i 60 voti necessari per l’approvazione.

Joe Manchin – ANSA/EPA/MICHAEL REYNOLDS

Il Freedom to Vote: John R. Lewis Act, il pacchetto presentato al Senato include alcuni cambiamenti più radicali alle elezioni, tra cui rendere il giorno delle elezioni una festa nazionale e richiedere l’accesso al voto anticipato e alle schede elettorali per corrispondenza che è diventato estremamente popolare durante la pandemia di COVID-19. Il pacchetto è accoppiato con il John R. Lewis Voting Advancement Act, che richiede la tutela del voto con una serie di norme che sono state revocate dalla Corte Suprema, inclusa la supervisione federale della correttezza dei conteggi elettorali.

“E’ un altro modo per continuare a sopprimere il voto. Si tratta di rendere sempre più difficile all’elettorato andare ai seggi o votare per posta o cercare di non contare i voti”, ha detto il presidente della Camera Nancy Pelosi. Il Majority Whip alla Camera Jim Clyburn, DC, ha detto che il Senato dovrebbe creare un’esenzione dalla regola dei 60 voti per abolire il filibuster come è stato fatto per le leggi fiscali e di spesa con il Reconciliation Bill nel 1980. “Nessuno sta chiedendo di rinunciare al filibuster. Vogliamo solo fare per il diritto di voto e per i diritti costituzionali la stessa cosa che è stata fatta fatto per il bilancio e per la riduzione delle tasse da Trump”.

La Speaker della Camera from Nancy Pelosi – EPA/JIM LO SCALZO

La senatrice Elizabeth Warren, una dei dem progressisti non si sbilancia. Nel corso della trasmissione “CBS Mornings”, ha eluso una domanda dell’ospite Nate Burleson sul fatto che i due democratici moderati dissidenti debbano affrontare le sfide alle primarie per la loro posizione contro l’eliminazione dell’ostruzionismo del Senato.

“E’ un discorso che va affrontato quando avremo superato questa settimana”, ha risposto la Warren, suggerendo che la sua risposta dipenderà in definitiva dai risultati che si otterranno per approvare parte delle proposte dell’agenda di Biden.

Bernie Sanders, Elizabeth Warren e Joe Biden nell’illustrazione di Antonella Martino

Il senatore Bernie Sanders ha chiamato direttamente in causa i colleghi Kyrsten Sinema e Joe Manchin parlando della necessità di superare l’ostruzionismo legislativo e approvare la riforma elettorale volta a contrastare alcune legislazioni locali approvate dagli Stati a guida repubblicana. In un messaggio su Twitter, Sanders ha affermato che la vera domanda al momento è se tutti i 50 senatori democratici sosterranno la modifica del “filibuster”. Per cambiare le regole dell’ostruzionismo senza il supporto dei repubblicani – come auspicato tra l’altro dal presidente Joe Biden – i democratici avranno bisogno di mostrarsi assolutamente compatti. “Mentre il disegno di legge sui diritti di voto finalmente arriva in aula al Senato, c’è solo un voto che conta davvero. 50 democratici voteranno per scavalcare l’ostruzionismo, proteggere la democrazia americana e approvare il disegno di legge, o Manchin e Sinema continueranno ad essere allineati con il Gop e faranno morire la legislazione?”, ha domandato sarcasticamente Sanders.

La senatrice democratica dell’Arizona Kyrsten Sinema (Wikimedia Commons/Gage Skidmore)

Un sondaggio Gallup mostra che in questa situazione politica aumentano gli elettori che si identificano come repubblicani. Il sondaggio giunge in un momento in cui i partiti si stanno preparando in vista delle elezioni di midterm.

Alle elezioni dell’8 novembre i repubblicani cercheranno di riconquistare il controllo sia della Camera che del Senato. L’indagine demoscopica della Gallup mostra che le preferenze politiche tra gli americani sono passate da democratiche a repubblicane nel corso del 2021.

Nel primo trimestre dello scorso anno, il 49% degli americani ha dichiarato di identificarsi come democratico, mentre il 40% ha affermato di essere repubblicano o indipendente. Tuttavia, nel corso dell’anno, la percentuale di coloro che si identificano democratici è diminuita, rimanendo sempre più alta delle persone che si sono dichiarate repubblicane. Nel secondo trimestre, la percentuale di persone che si identificano democratiche è rimasta stabile al 49%, mentre la percentuale che si identifica repubblicana è crescita di 3 punti percentuale, dal 40% al 43%. Nel terzo trimestre, i repubblicani hanno continuato ad aumentare la loro base, guadagnando un punto percentuale in più (44%), mentre i democratici hanno perso quattro punti percentuale, scendendo al 45%. Infine, nel quarto trimestre, le persone che si identificano come repubblicane hanno superato quelle che si identificano come democratiche (47%-42%). Il sondaggio mostra anche che all’inizio di quest’anno i democratici hanno recuperato, con il 44% che si identifica di sinistra e il 46% di centro. La forza democratica ha raggiunto livelli mai visti in quasi un decennio. Entro il terzo trimestre, quei guadagni democratici sono svaniti poiché l’approvazione del lavoro di Biden è diminuita.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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