Oggi riunione decisiva alla Casa Bianca tra il presidente e la delegazione parlamentare repubblicana guidata dalla senatrice Shelley Moore Capito per l’American Job Plan, il piano per la modernizzazione delle infrastrutture da 2 mila miliardi di dollari che secondo le previsioni di Biden creerà milioni di posti di lavoro.
A sei mesi dal suo ingresso alla Casa Bianca, Biden è in piena mediazione con i repubblicani. Cerca di trovare il sostegno bipartisan per questo colossale investimento per rilanciare l’economia. Dopo l’American Rescue Plan da 1.900 miliardi per salvare l’economia dalla pandemia ora con l’American Job Plan punta a rilanciare l’economia creando posti lavoro affrontando anche il tema dei cambiamenti climatici e delle ineguaglianze sociali e razziali.
Il presidente sin dall’inizio della presentazione del suo piano ha chiesto l’appoggio bipartisan al Congresso, e continua ancora a chiederlo facendo però capire ai repubblicani che se non si arriverà ad un accordo la Casa Bianca procederà da sola. La mediazione con la delegazione del Gop va avanti. I repubblicani hanno raddoppiato la cifra iniziale di spesa per il progetto che da 500 miliardi è stata aumentata a 930 miliardi. Biden ha tagliato 500 miliardi dal suo piano iniziale che prevedeva 2mila e 200 miliardi, scendendo a mille e 700 miliardi.
Il punto di frizione resta il modo per finanziare questa iniziativa. Biden vuole che a pagare siano i più ricchi del Paese ripristinando le tasse sui capital gain tagliate nel 2017 da Donald Trump. Il leader della minoranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, ha già detto che il partito non appoggerà l’iniziativa del presidente se saranno tolte le riduzioni fiscali applicate dalla precedente amministrazione. E non sono solo i repubblicani a essere contrari: i malumori ci sono anche tra i democratici.
Due senatori del partito dell’asinello, Joe Manchin e Kyrsten Sinema, eletti in due stati tradizionalmente repubblicani (West Virginia e Arizona) sono recalcitranti all’idea. Biden ieri nel suo discorso a Tulsa non ha fatto il loro nome quando ha parlato di senatori democratici più allineati con le linee “dei miei amici repubblicani”, ma si riferiva a loro due. Sono contrari a quasi tutte le iniziative di cambiamento proposte dalla Casa Bianca. Joe Manchin ha votato in favore della Commissione d’inchiesta per l’assalto al Congresso, la Sinema invece non si è presentata in aula per il voto. La creazione della commissione è stata respinta per l’assurda e antidemocratica regola del Senato sul filibuster con cui la minoranza riesce a bloccare le iniziative della maggioranza. In favore della Commissione, già approvata alla Camera, hanno votato 54 senatori. I contrari sono stati 35. Poichè non sono stati raggiunti i 60 voti necessari per superare il filibuster, il decreto è stato respinto.

Questo voto però ha evidenziato l’impossibilità di negoziato tra i due partiti se anche una legge per creare una commissione per far luce su uno dei più gravi assalti alla Costituzione americana viene respinta. I repubblicani avranno vinto la battaglia per cercare di nascondere le responsabilità e chiarire i tanti punti oscuri di questo attacco alla democrazia, ma hanno solidificato il fronte per la modifica della regola del filibuster. Cambiare questa regola in gergo politico viene definito “Nuclear Option”. Nel 2013 i democratici sono riusciti a superare l’ostruzionismo dei repubblicani per la nomina dei magistrati federali. Un ostruzionismo che metteva in difficoltà tutto il sistema giudiziario federale. L’allora leader della maggioranza democratica al Senato, Harry Reid, apportò la modifica alle regole procedurali cambiando il “Rule 22” che vuole la maggioranza qualificata di 60 senatori per approvare una “mozione di chiusura” e superare, solo per questo specifico caso della nomina dei magistrati, il filibuster. Il “Rule 22” escludeva però specificamente la nomina dei giudici per la Corte Suprema per i quali era sempre necessaria la maggioranza qualificata. Nel 2017 le parti si invertirono e furono i repubblicani a dover superare l’ostruzionismo democratico alla ratifica del giudice Neil M. Gorsuch alla Corte Suprema. E per questo Mitch McConnell cambiò il “Rule 22” ampliandolo anche alle nomine per la massima corte giudiziaria del Paese. Un gesto questo che, per sottolinearne l’importanza, venne definito da Chuck Schumer l’opzione nucleare delle regole parlamentari.
Il presidente e il leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer, stanno seriamente valutando la modifica del “Rule 22” altrimenti tutta l’agenda di lavoro di Biden diventerà inapplicabile. Ma i senatori Manchin e Sinema sono contrari al cambiamento e poiché la maggioranza al Senato si regge sul loro voto ieri Biden li ha richiamati alle loro responsabilità. I due senatori possono sempre lasciare il partito democratico e dichiararsi indipendenti o, addirittura, finire tra i repubblicani, a loro la scelta, ma almeno Biden prende atto della sua vera forza.
In questo panorama carico di incertezza questa mattina il presidente ha dichiarato Giugno il “Mese Nazionale di Azione” per i vaccini. Vuole raggiungere il traguardo promesso che il 70 % degli americani saranno vaccinati entro il 4 di Luglio, il giorno che l’America celebra Independence Day. I sondaggi gli danno ragione. Lo evidenzia Echelon Insights, la bilancia usata dai repubblicani per “pesare” il gradimento dei candidati. Il 56% degli americani approva il suo operato che sale al 62% per il modo in cui ha affrontato la lotta alla pandemia e la distribuzione dei vaccini.

Ciò nonostante i MAGA, (Make America Great Again) i seguaci dell’ex presidente, non demordono e continuano a credere nella narrativa alternativa che Trump abbia perso le elezioni per i brogli elettorali. Ad alimentare il delirio della “Big Lie” è sempre Trump che ieri ha annunciato che ad agosto tornerà alla Casa Bianca. E a lui si sono associati i suoi collaboratori. Ieri Sydney Powell, l’avvocato che con Giuliani ha presentato 51 richieste in tribunale, tutte respinte, per annullare i risultati elettorali a causa dei brogli, ha detto che Donald Trump può immediatamente tornare alla Casa Bianca e che il suo Inauguration Day è già stato definito. La Powell è stata citata in giudizio per diffamazione dalla società che costruisce le macchine per il voto. L’azienda ha chiesto al magistrato il risarcimento danni all’immagine “per le evidenti diffamatorie falsità sui loro macchinari truccati” per 1 miliardo e 300 milioni di dollari. Come difesa della sua cliente l’avvocato della Powell durante una delle audizioni pre processuali ha detto che Sydney Powel affermava delle cose talmente incredibili “che nessuna mente ragionevole avrebbe potuto mai accettarle” .
Trump ieri ha chiuso il suo blog “From The Desk Of Donald J Trump” che aveva attivato dopo essere stato allontanato dalle maggiori piattaforme social. Vanno male anche i suoi alberghi. Quello di Washington che era il suo “gioiello”, da quando Trump non è più presidente è pressoché deserto e la Trump Organization ha messo in vendita il contratto di lease che era stato fatto con il governo federale. Il palazzo dove sorge il lussuoso hotel lungo Pennsylvania Avenue è di proprietà dell’ Old Post Office Pavillion e la holding dell’ex presidente aveva solo un contratto d’affitto a lungo termine. Per rinnovare il palazzo e trasformarlo sono stati spesi più di 200 milioni di dollari.