Ha vinto Matteo Salvini. A mani basse. Ha vinto giudiziariamente, perché il GUP presso il Tribunale di Catania oggi ha pronunciato il “non luogo a procedere” in suo favore. Ma, soprattutto, ha vinto politicamente. Come si ricorderà, era stato imputato di abuso di ufficio, sequestro di persona e altro, perché, nel Luglio 2019, secondo la cd “politica dei porti chiusi”, aveva negato lo sbarco a Lampedusa alla nave della Guardia Costiera “Gregoretti”, con a bordo 140 migranti, oltre l’equipaggio. Di qui, la nota accusa.
La vittoria politica è sugli ex alleati del M5S, in primo luogo. Venuti a balbettare la loro irricevibile “innocenza” politico-collegiale, rispetto a quella scelta. Giuseppe Conte, Danilo Toninelli, Elisabetta Trenta, nella loro rispettiva qualità pro tempore di Presidente del Consiglio, Ministro dei trasporti e Ministro della Difesa, hanno consegnato agli atti la loro onirica tesi, e gli atti gli hanno restituito una lancinante pernacchia, in forma di sentenza. Si dirà: che c’entra? Prosciolto Salvini, prosciolti anche loro; quindi, proprio in nome della dedotta collegialità, anche loro avevano ragione. Eh no.
Sulla colpevolezza esclusiva di Salvini, era stata costruita l’intera “operazione Conte II”, presentatosi come una vittima finalmente libera dai ceppi di un alleato-padrone. Venuta meno la tesi, una lettura retrospettiva appena decente di quella asserita epifania virginale, conduce a negarne ogni consistenza e plausibilità. In termini giuridico-penali, incolpevoli, in termini politici, complici. Questo conta, e questo resta.
Ha vinto anche la magistratura. Non solo perché il proscioglimento si regge su una richiesta omologa, e plausibile, della Procura della Repubblica: “Salvini non ha violato alcuna convenzione nazionale e internazionale, le sue scelte sono state condivise dal governo, e la sua posizione non integra gli estremi del reato di sequestro di persona perché il fatto non sussiste”: dove, peraltro, è rilevato e ribadito il nesso fra “collegialità” e discolpa tecnica, cioè, tra non colpevolezza penale e valore eminentemente politico della scelta, consolidato dalla segnalata coralità.
Ma anche perché, così facendo, la Magistratura riesce ad accantonare lo spettro-Palamara: “Salvini ha ragione, ma va attaccato” . Né dobbiamo ora stabilire se questo effetto “autopulente”, sia stato o meno deliberatamente perseguito dagli Uffici Giudiziari; non ci interessa. Ancora una volta, conta ciò che rimane nel sedimento immediato e sentimentale, si potrebbe dire, della opinione pubblica; e ciò che rimane è che, in un momento difficilissimo per la Magistratura, di cui quelle note “chat” sono solo una sfacciata documentazione, viene una decisione spendibilissima in termini di capacità di equilibrio, e di autonomia da ogni rivendicata attitudine persecutoria: insomma, una bella pagina, si potrà dire, dopo tante brutte pagine.

Con scorno dell’inane e anonimo cittadino: perché, intanto, una rondine non farebbe primavera; e poi, tutte le altre brutte, bruttissime, pagine, lì sono e lì rimangono (il pantano CSM/Amara/Davigo/Ardita/, e affini). Però, così, un punto importante Vostro Onore lo ha segnato lo stesso.
Hanno perso, malissimo (accrescendo ulteriormente il senso e la portata della vittoria salviniana), quanti, in primo luogo il PD, hanno costruito la loro presente prospettiva politica sulla subalternità al M5S, un agglomerato nitidamente illiberale, e, a sua volta, istituzionalmente manutengolo della più deteriore Magistratura. E lo hanno fatto, puntando proprio sulla carta giudiziaria non poche delle loro velleità “diversificanti”,”distintive”, “alternative”.
Ma non è tutto. C’è dell’altro. Salvini, invece, è già stato tratto a giudizio innanzi il Tribunale d Palermo, per la vicenda “Open Arms”. Il prossimo 15 Settembre prenderà avvio il processo.

Ha già vinto pure lì. In questo caso, vi sarebbe un provvedimento del TAR, che dichiarò l’illegittimità del divieto di sbarco, e fu manifestato un pur esitante dissenso da parte dei restanti membri del Governo Conte I. Anche ammesso che siano argomenti dirimenti (e non lo sappiamo: perché il giudice penale, per condannare o assolvere, è libero di non uniformarsi alla valutazione amministrava del TAR, e perché, se anche non intendesse disconoscere il senso di questa decisione, potrebbe ancora ritenere prevalente l’insindacabilità giuridico-penale di un atto politico-ministeriale), Salvini non ha che da scegliere fra due vie. E, sia politicamente che elettoralmente, sono entrambe possibilità feconde.
Se il Tribunale di Palermo lo assolverà, Salvini sarà stato un perseguitato, tanto più alla luce della sentenza di oggi; se lo condannerà, potrà sostenere il martirio in primo grado, e proseguire la sua Grande Battaglia. Con una componente non secondaria, a completare e complicare il quadro.
Egli si è appena intestata un’azione referendaria, insieme ad un ceppo radicale, su tutti i temi decisivi sul terreno di una civilizzazione giuridica della inguardabile Giustizia Italiana: responsabilità civile, custodia cautelare, separazione delle carriere, uso del Trojan, Legge Severino, responsabilità civile dei giudici, Csm e suo ruolo.
Per quanto può interessare, qui si è da lungo tempo convinti che la Magistratura sia ormai irriformabile: e che l’unica riforma possibile sia il suo scioglimento. “Scioglimento” politico, s’intende, non tecnico: dato che, ovviamente, non è un ente commissariabile, come ad es. un Comune. Questi referendum, se non equivalgono, certo assomigliano, nella loro somma, a qualcosa di simile ad uno “scioglimento” politico: vale a dire, ad una radicale ridefinizione degli assetti istituzionali (Ordinamento interno) e costituzionali (regole giurisdizionali) della Magistratura.

Salvini è furbo: ma si è preso la palla. L’unico modo per vincere la partita, sempre che qualcuno lo voglia battere (a parte Giorgia Meloni) in un campo diverso dai social, è togliere la palla all’avversario. Ma, per farlo, bisogna prima ripassare le regole del giuoco. E, a Sinistra, le regole di un gioco democratico, non artefatto dalla giustizia politica e, in generale, da una ingiustizia sistemica, del tipo di quella garantita dai loro presenti alleati-padroni, le hanno dimenticate da tempo. Forse troppo.