“La violenza con le armi è un’epidemia” afferma di prima mattina il presidente Joe Biden dal Rose Garden della Casa Bianca. Con lui la vicepresidente Kamala Harris e il ministro della Giustizia Merrick Garland.
Da giorni la Casa Bianca pensava di intervenire per cercare di mettere un freno alle stragi che quotidianamente insanguinano gli Stati Uniti. Stragi che tutti condannano, per le quali si fanno fiaccolate di pace, si cantano inni sacri, si accendono ceri votivi, si versano fiumi di lacrime e poi… si lascia tutto come prima. Pochi controlli, vendite non regolate, stato di salute mentale non accertato e i numeri “parlano” da soli: più di 36mila omicidi solo lo scorso anno. Nell’ultima settimana ci sono state due stragi compiute in cui sono state uccise in tutto 18 persone. Il Congresso non interviene. La politica non ha la forza per cambiare le leggi sulla vendita delle armi e inevitabilmente i massacri si ripetono quotidianamente.
“È arrivato il momento di dire basta” ha detto Biden, contestando come un falso argomento quello, sostenuto da molti repubblicani, che queste azioni interferiscano con il secondo emendamento della Costituzione che protegge il diritto di possedere armi.
Biden ha anche deciso di nominare David Chipman, noto attivista del movimento per il controllo delle armi fondato da Gabrielle Giffords (la congresswoman democratica dell’Ariziona gravemente ferita in un attentato) come responsabile del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l’agenzia federale che regola la vendita delle armi. Sono sei anni che questa agenzia non ha un direttore, ma solo un “facente funzione” perché per la sua nomina serve l’avallo del Senato e fino ad ora non ci sono mai stati i voti per la conferma.

Nel suo discorso Biden ha riservato una particolare attenzione alle “ghost gun”, le armi da fuoco assemblate in casa comprando i pezzi dai cataloghi on line, evitando così che ci sia il numero di serie. La proposta ha subito incontrato l’ostilità della NRA, la National Rifle Association.
Secondo i dati di Pew Reaserch, circa il 30% degli americani possiede “almeno” un’arma, ma il 66% di questi ne possiede più d’una. Nonostante questo, il 72% degli americani pensa che servirebbero leggi e controlli di maggiore severità sulla loro vendita e circolazione.
Già nei giorni scorsi, dopo le stragi di Atlanta e Boulder, Biden aveva chiesto al Congresso di far passare le due leggi in giacenza al Senato per rendere più difficile l’acquisto di armi, e di reintrodurre il divieto della vendita delle armi d’assalto che era decaduto alcuni anni fa.
Le regole per l’acquisto delle armi variano molto da stato a stato, ma ci sono comunque alcune norme di base a livello federale. Esistono migliaia di negozi in cui si possono acquistare armi, in alcuni casi anche nei grandi magazzini. Oltre alle armerie, chi vuole comprare una pistola o un fucile può partecipare ai “Gun Show”, le fiere di armi organizzate praticamente ogni settimana in molti Stati, oppure può acquistarle direttamente da un privato cittadino.
I controlli preventivi – i cosiddetti “background checks” – sono effettuati solamente per gli acquisti nelle armerie: il cliente deve compilare un modulo del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF), fornendo i propri dati anagrafici e riempire un questionario. Le domande riguardano eventuali precedenti penali, l’uso di farmaci e informazioni sul proprio stato di salute mentale. Una volta compilato il modulo, il venditore deve chiamare l’agenzia federale per un riscontro solo sui precedenti penali. Basta quindi mentire sullo stato di salute mentale e sui farmaci per entrare in possesso di un’arma perché su questo non c’è nessun controllo. Ma non solo. Le armi sono diffusissime nei negozi di pegni. E in molti Stati, Nevada, New Mexico, Alabama, Louisiana, basta solo presentare la patente di guida per acquistarne una. Niente controlli, nessun filtro. Così come comprando un’arma di seconda mano in una delle tante fiere, i “gun show”, in cui basta solo riempire un modulo. Spinti dalla NRA, la National Rifle Association, la maggiore lobby delle armi, gli oppositori dei “background checks” sostengono che il diritto di possedere un’arma è stabilito dalla Costituzione senza eccezioni, e che sia l’unica garanzia per bloccare potenziali tentazioni tiranniche del governo federale.
Dall’inizio dell’anno la Camera – dove i Democratici hanno la maggioranza – ha già approvato due progetti di legge per la riforma che ora, appunto, sono in letargo al Senato.
Il primo per ampliare e rafforzare i controlli sui precedenti penali. Il secondo sulla regolamentazione della vendita privata e per effettuare maggiori controlli anche su chi compra armi a un “Gun Show”.

Le due proposte potrebbero essere unificate in modo da poter creare un registro nazionale sui possessori delle armi da fuoco. A tutt’oggi solo una ventina di Stati hanno regole comuni. Biden ha chiesto nei giorni scorsi che i due progetti di legge approvati dalla Camera vengano unificati e quindi passati al Senato anche non c’è maniera di trovare i 60 voti necessari per bloccare il filibustering che i repubblicani hanno minacciato.
A questo proposito il senatore democratico Joe Manchin, che è anche uno strenuo difensore del Secondo emendamento della Costituzione, ha detto di essere contrario all’eliminazione del filibustering, la tattica dilatoria della minoranza che con 40 voti può bloccare la discussione di una legge presentata dalla maggioranza. Una mossa che mette in grave difficoltà la Casa Bianca e che rischia di mandare all’aria le riforme e gli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture voluto da Biden. Finora il senatore della West Virginia ha detto di essere filosoficamente contrario alla modifica del filibustering, ma la Casa Bianca è in allarme e il leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer, avrà un bel da fare nelle prossime ore per pacificare Joe Manchin che nei giorni scorsi già aveva storto il naso alla proposta di aumentare le Corporate Tax al 28% per finanziare il piano di ristrutturazione voluto da Biden che cerca di ottenere l’appoggio anche dei repubblicani per il suo piano.
“Il compromesso è inevitabile, i cambiamenti sono certi. Siamo aperti a buone idee e a trattare in buona fede. Ma ecco quello su cui non siamo aperti: non siamo disponibili a non fare nulla” puntualizza il presidente. Da vedere ora se lo “sgambetto” di Manchin gli farà cambiare idea o se lui farà cambiare idea al senatore della West Virginia.