“Mi dimetto, mi vergogno che nel Pd si parli solo di poltrone e primarie”. Così ieri, Nicola Zingaretti, ha presentato le sue dimissioni da Segretario del Partito Democratico. Su Facebook ha precisato che “nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi, formalmente”. Allo stato, rimane allora un annuncio, per quanto piuttosto roboante. Tuttavia, anche così, indubbiamente è una notizia.
Un osservatore polemico potrebbe chiedere: ma non era “il partito di Renzi”, quello che parlava solo di poltrone? Ma la polemica, così posta, rimarrebbe in superficie. Più a fondo, ci sono linee di faglia invece significative.
Anche quello che era diventato, sotto la direzione politica di Zingaretti, il “partito gemello”, manifesta turbolenze, infatti. Davide Casaleggio, figlio del noto co-fondatore del Movimento, Roberto, ha annunciato (pure lui) che il prossimo giorno 10 Marzo presenterà il “Manifesto Controvento”. Nelle sue intenzioni, dovrebbe così prendere l’avvio la scissione dei “duri e puri”. Fra i più noti, i senatori Elio Lannutti, trentennale patròn dell’Adusbef, Barbara Lezzi, già Ministro per il Sud, e Nicola Morra, tuttora Presidente della Commissione Antimafia; insieme ad Alessandro Di Battista, l’agitatore del gruppo.
E non pare davvero che le due turbolenze, del PD e del M5S, siano simultanee solo per una semplice coincidenza. S’intende, che il Governo Draghi ne costituisce l’epicentro. D’altra parte, Grillo, che nei momenti difficili si fa sentire con la consueta cifra padronale, nel rispondere dal suo Blog agli scissionisti, ha messo in chiaro che il punto è proprio questo: la fiducia a Draghi va bene, e se no, la porta è lì. (“Perché il MoVimento 5 Stelle nel Governo di Mario Draghi”).
Prese alla lettera, le parole di Zingaretti, semplicemente, non sono credibili. Non si può dire “volete solo le poltrone”, come se il PD, con la sua segreteria, accettando e promuovendo “la successione a titolo particolare” con la Lega di Salvini, avesse fatto altro: detto francamente. Specie, considerando che i porti sono rimasti chiusi, i “Decreti Sicurezza” sono ancora lì, e che “il taglio” del Parlamento ha sancito una convergenza persino con F.lli d’Italia: sicché, in un tale unanimismo e in una tale continuità di “visioni” e azioni politiche, Egregio Zingaretti, dove, se non nella “governabilità”, cioè, per stare alle sue parole, nelle “poltrone”, stava la ragione politica del Conte II?
Però, una filigrana, se non ideale (lasciamo stare) almeno sottoculturale, nel “Progetto Conte”, la si può scorgere. Favorita dalla gestione della pandemia: le linee di faglia, appunto: profonde, sorde.
Ed è quell’attitudine regressiva e moralmente inerte, del tipo “L’URSS ha fatto anche cose buone”, grazie alla quale si chiama “gente” una plebe scalmanata, “giustizia sociale” un’elemosina di stato, e “tattica politica” un agire pasticciato; in cui un po’ si asseconda certa vocazione “popolar-commissariale” (col suo campione, Arcuri, che favoleggiava l’impegno di circa 5oo milioni di Euro per istallare circa 1.220 padiglioni mobili, le famigerate “Primule”), e un po’ si vellica la “Versione del Riccio”: cioè, la paura del nuovo, il “piccolo è bello”, che riverniciano “di sinistra” antiche e autarchiche “ridotte” psicologiche e politico-culturali, già gloria (si dice, per dire), del fascistissimo “Strapaese” malapartiano. Vogliamo forse dimenticare l’avversione al CETA, il Trattato di libero commercio? O certa corrività sugli OGM, e “la filiera corta”?

Non sappiamo quanto potrà durare lo scrollone di Draghi. Quanto durerà la pace per le nostre orecchie e i nostri occhi, reduci dalle dirette-fiume, dallo stillicidio di tweet, post, di parole senza valore, e azioni senza spessore. Ma se solo questo governo servisse, almeno un po’, a fare il punto “a sinistra”; a riconsiderare l’insana matrice catilinaria, forcaiola e sovversiva su cui è germinata la pseudo-sinistra rilanciata da Zingaretti e Conte (solo di recente Claudio Fava, ha voluto riconoscere che “la sinistra ha creduto troppo ai PM”). A riconsiderare, come cosa infetta, la conseguente e velenosa fungibilità di medio periodo -Lega-M5S-PD- che ne è seguita. A contemplare, col giusto sgomento, l’estromissione di qualsiasi tentativo di progetto politico, che non sia il tritume di slogan vacui (“Insieme”), di chiacchiere da week-end sazi e spenti (“l’intergruppo M5S-.Leu-M5S”); se, dunque, il Governo Draghi alla fine si risolvesse solo in una ramazza per la Sinistra con l’anello al naso, sarebbero, per ciò solo, già più che giustificati la sua esistenza e il suo merito, verso l’Italia e la Repubblica.
Perché, in una società moderna, e ormai da oltre due secoli, la Sinistra può essere possibilità o limite, slancio o stasi, futuro o regresso. Noi tutti, dentro e fuori di essa, dobbiamo perciò auspicare e favorire la sua salute, non la sua malattia. Il meglio, e non il peggio.