Joe Biden marcia a tutta velocità per riavviare l’economia del Paese, per mettere il coronavirus sotto controllo, per riallacciare le relazioni internazionali dopo l’isolazionismo dell’ex presidente. Ha incontrato virtualmente l’inquilino dell’attico di casa America, Justin Trudeau. Sorrisi e strette di mano virtuali, e tanta determinazione nell’affrontare insieme la guerra al coronavirus. Venerdì Canada e Stati Uniti saranno allo stesso tavolo economico per la prima riunione presieduta dall’Italia dei Ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali del G 20. Una riunione per pianificare la ripresa dell’economia globale demolita dalla pandemia.
E venerdì alla Camera dei Rappresentanti sarà presentato il piano di stimolo economico da mille e 900 miliardi di dollari. Molti mugugni in casa repubblicana da parte dei “fiscal conservative” che non vogliono allargare l’indebitamento pubblico, ma anche i conservatori si rendono conto che il Paese deve riprendere a lavorare e a produrre, cose impossibili senza lo stimolo e senza che il coronavirus venga messo sotto controllo.

Di prima mattina i leader democratici e repubblicani del Congresso hanno ricevuto una lettera aperta fermata da 150 dirigenti di alcune delle maggiori aziende americane, da Goldman Sachs a Blackston, IBM, Google, Intel, American e United Airlines, e poi i giganti dell’industria alberghiera, automobilistica, manifatturiera, alimentare, immobiliare e delle costruzioni per esprimere il loro sostegno al piano di stimolo di Biden. “Il Congresso deve agire velocemente per approvare le misure di rilancio economico – c’e’ scritto nella lettera – continuare nell’indecisione significa continuare a perdere posti di lavoro, con l’inevitabile chiusura di altre aziende”.
Oggi pomeriggio sono cominciate alla Camera dei Rappresentanti le audizioni alla Commissione Giustizia sull’aumento degli attacchi di terrorismo interno a cominciare dall’assalto al Congresso del 6 gennaio. Non parleranno i testimoni, dato che tutti i parlamentari sono stati spettatori in prima persona delle violenze, ma esperti di terrorismo e di sicurezza interna. Al Senato, invece, alla commissione sulle Regole e Amministrazione sono comparsi architetti e ingegneri per quantificare economicamente l’ammontare dei danni causati nell’assalto al Congresso e per rendere il parlamento più sicuro.
Ieri sera il senato ha confermato la nomina di Tom Vilsak a segretario all’Agricoltura. Langue, invece, la nomina di Neera Tanden a dirigere per la Casa Bianca la programmazione economica e il bilancio diventa sempre più complicata per via di alcuni tweet velenosi mandati ai parlamentari repubblicani. Jen Psaki, la portavoce della Casa Bianca è andata in suo soccorso affermando che Biden la reputa indispensabile per la programmazione e attuazione dello stimolo economico. Per ora il voto è stato sospeso e i democratici cercano di calmare il senatore della West Virginia Manchin che ha detto che voterà contro la sua nomina. Il suo voto è determinante.

Tempesta, invece, in casa GOP. Ieri sera mentre Kevin McCarthy e Liz Cheney lasciavano i lavori dei dirigenti del partito repubblicano è stato chiesto prima al capo della minoranza repubblicana alla camera dei rappresentanti se secondo lui Donald Trump deve prendere parte e intervenire alla Conservative Political Action Conference che si terrà questo weekend ad Orlando in Florida. “Si, certo” ha risposto McCarthy. Stessa domanda a Liz Cheney, la congresswoman che alla Camera dei Rappresentanti è la leader della fronda contro Trump e che ha votato in favore dell’impeachment dell’ex presidente, ha risposto “Non sta a me dire se ci deve o non ci deve andare. Conoscete bene il mio punto di vista. Non ritengo che Trump debba avere un ruolo sul futuro del partito repubblicano”.
Frettolosa fuga di McCarthy. Nel primo pomeriggio di ieri, parlando ad un convegno organizzato dalla Fondazione Ronald Reagan, nel suo intervento Liz Cheney è stata durissima accusando l’ex presidente di essere un pericolo per la democrazia americana. “Quello che abbiamo visto come testimoni al Congresso – ha detto la terza parlamentare più importante del partito repubblicano – non si dovrà mai più ripetere. Trump ha aizzato la marmaglia dei suoi seguaci ad invader l’istituzione più sacra della nostra democrazia. Il partito deve capire che non c’è spazio nelle nostre fila per i suprematisti bianchi. Allearsi con loro è la nostra fine”. Ma c’è di più. Durante la sessione “domande e risposte” del convegno le è stato chiesto se riteneva che le elezioni fossero state “rubate” come afferma l’ex presidente. “Non è assolutamente vero. I fatti lo dimostrano. La giustizia lo dimostra. Continuare a dire le bugie per ingannare l’elettorato non è la politica del partito repubblicano. Non è la politica delle persone oneste”.

Ma Donald Trump non molla la presa e rilancia. Questo weekend potrebbe addirittura annunciare la sua candidatura alle presidenziali del 2024. Il ‘Conservative Political Action Committee’ (Cpac), è uno dei più importanti appuntamenti dei conservatori in America. È quello in cui nel suo ultimo intervento abbracciò la bandiera americana mandando in delirio i partecipanti. Per ora il suo nemico non è “sleeping Joe” come con spregio chiama Joe Biden, ma il suo stesso partito. La rottura c’è stata. Lui punta tutto sul numero e sul peso politico dei suoi seguaci. Già ha preparato la lista dei nemici interni, una “notte dei lunghi coltelli” nel partito repubblicano. Ha dato l’ordine di non votare tutti quelli che si oppongono alla sua leadership.
Mitch McConnell per ora non parla. Il leader della minoranza repubblicana al Senato, dopo aver votato contro l’impeachment del presidente disse che per le sue azioni Donald Trump deve rispondere alla magistratura. E la magistratura indaga. Gli inquirenti di Washington vogliono stabilire i legami tra Trump, Roger Stone e i gruppi di estremisti come i Proud Boys o gli Oath Keepers che hanno lanciato l’assalto al Congresso. Negli incidenti sono morte cinque persone, tra cui un agente federale e né gli investigatori, né i magistrati rallentano le indagini. E la magistratura di New York ha aperto, secondo il New York Times, due altri filoni di indagine su Trump. Uno diretto che coinvolgerebbe suo figlio Donald Junior in qualità di vicepresidente esecutivo della Trump Organization per i prestiti ricevuti. Uno indiretto, che coinvolge invece Steve Bannon. L’ex consigliere di Trump ha ricevuto il perdono presidenziale, così come Roger Stone, ma la grazia della Casa Bianca copre solo i reati federali. La procura distrettuale di Manhattan sta indagando sui soldi truffati, circa un milione di dollari, alle persone che hanno finanziato la sua iniziativa per la costruzione del muro al confine con il Messico. Truffe avvenute a New York, e quindi di pertinenza locale. Ma anche l’Attorney General del New Jersey ha aperto una indagine perché alcuni dei truffati abitano e hanno fatto le donazioni dal Garden State. E Steve Bannon potrebbe fare come l’ex avvocato di Donald Trump, Michael Cohen, arrestato, condannato e ora in carcere che per ottenere la riduzione della pena ha patteggiato la sua testimonianza con gli inquirenti.