Sedicesimo giorno dopo Election Day e ancora c’è solo il risultato ufficioso delle elezioni, quello ufficiale arriverà dopo la certificazione. Nonostante Joe Biden abbia ottenuto 6 milioni di voti in più di Donald Trump e abbia superato i 270 grandi elettori, ottenendone 306 contro i 232 del presidente, l’investitura ufficiale ancora non è stata fatta.
Trump continua con le sue infondate accuse di brogli elettorali e manda allo sbaraglio in tribunale gli avvocati per cercare di contestare la vittoria del suo avversario politico. Tattiche dilatorie per continuare a gestire la rabbia dei suoi 73 milioni di sostenitori che, a tuttoggi, malgrado la lunga fila di sconfitte che gli avvocati di Trump hanno avuto in tribunale, nonostante i riconteggi fatti in numerosi Stati, nonostante il responsabile della cibersicurezza Christopher Krebs, assunto dal presidente (che poi è stato licenziato da Trump per averlo contraddetto) abbia detto che queste sono state le elezioni più sicure nella storia americana, credono invece che i brogli ci siano stati.

La CNN afferma che 52 milioni delle persone che hanno votato Trump credono che le elezioni siano state truccate. Un fatto che terrorizza i repubblicani che in futuro si presenteranno al giudizio degli elettori. Timori personali che stanno condizionando la democrazia americana. Quello che è sorprendente è che né al Senato, né alla Camera ci sia stata quella valanga di condanne che questa situazione meriterebbe. Non lo hanno fatto né i parlamentari del partito opposto al presidente, che di sicuro non otterranno mai l’appoggio dei fedelissimi di Trump, né quelli repubblicani che lasceranno la politica. Eppure con le parole democrazia e patriottismo hanno fatto la loro carriera politica.
Il capo della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer, è latitante, così come gran parte dei suoi colleghi di partito. Unica eccezione il senatore del Vermont Bernie Sanders, che poi è ufficialmente indipendente. Non lo hanno fatto neanche i repubblicani che non si candideranno più come Lamar Alexander che a fine mandato darà l’addio alla vita politica. E con lui molti altri suoi colleghi pluriottantenni, da Mike Enzi, a Pat Roberts e a Tom Udall. Un coro di muti. Un silenzio preoccupante. Pochissimi hanno condannato il negazionismo del presidente. Pochissimi parlano e quasi nessuno commenta rendendosi complici di questa aberrante situazione. Solo i numeri, i quasi 80 milioni di voti che Biden ha ottenuto, indicano l’evidente verità.

Cosa c’è dietro questo silenzio? Perché tutti hanno paura? Domande per ora senza risposta che alimentano le congetture più impensabili.
E infatti ne approfitta la squadra di avvocati di Rudy Giuliani, che non demorde e che invece, quando tutti si aspettavano si arrendesse alla mancanza di prove da portare davanti ai giudici, oggi in una interminabile conferenza stampa ha messo su un groviglio di cospirazioni (con dentro di tutto, dalla Clinton Foundation, a Maduro, a Soros, alleati per far vincere con i brogli Biden). Così, letteralmente, “sudando sette camice” (e con il sudore “nero” che colava dalla tinta per i capelli) Giuliani ha cercato di convincere i giornalisti che il ribaltamento del risultato elettorale a favore di Trump sarà inevitabile e l’attuale presidente avrà il suo secondo mandato…
Sono tanti i fatti anomali in queste elezioni. Come le strane accuse al figlio di Biden che molto probabilmente sono state fornite a Giuliani e a Bannon dalle spie russe. Come i misteriosi debiti del presidente di cui nessuno sa chi sia il titolare dei crediti. Come la censura fatta dal ministro della Giustizia William Barr al rapporto finale di Muller sul Russiagate. Come la misteriosissima morte in carcere di Jeffrey Epstein, amico del presidente, ufficialmente suicida, anche se tutto lascia credere che sia stato ucciso. Ancora troppi gli spazi tra i puntini da collegare che, però, come nei libri di Le Carré, creano la suspense e danno vita a interrogativi senza risposta fino alla fine della spy story.