Confesso: i clown non mi sono mai piaciuti, nemmeno da piccola al circo. Provavo pena per il loro sforzo maldestro di farsi deridere per strappare una risata. Mi lasciavano quella sensazione di imbarazzo che sorge quando qualcuno si mette a nudo rivelando le proprie debolezze. Invece alla società di oggi i clown piacciono moltissimo: la gente ride di gusto a certe esternazioni di politici o giornalisti che rubano il lavoro ai comici tanto che non si sa più chi sia il vero e chi il falso. Cioè chi imiti chi. C’è chi giura che ha visto in tv il giornalista Vittorio Feltri invece è il comico Maurizio Crozza. E vai tu a spiegare che l’originale non imita Crozza ma viceversa. E il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, è a detta di tutti molto più bravo di Crozza che arranca per cercare di imitarne le battute.
Siamo nell’epoca dei clown e io mi sono stufata di parlare di loro. Su questa rubrica ho passato anni a satireggiare su Berlusconi quando era presidente del governo, ma non perché mi stesse antipatico, bensì perché trovavo inaccettabile che l’Italia fosse governata da uno che faceva la parodia a se stesso. Oggi si presentava tutto serio e l’indomani sparava scemate arrivando perfino a fare le corna alla Merkel. Per non parlare del lassismo dei suoi costumi: si sentiva il padreterno e pertanto a lui era tutto permesso, persino umiliare la moglie pubblicamente accompagnandosi a delle sgualdrinelle che trattava come principesse. Poverino, non sapeva che i panni si lavano a casa non avendoli mai lavati, ma quando mescoli i colori nella lavatrice, non puoi pretendere poi che la tua camicia ne esca candida. E finisci per essere incandidabile. Eppure è stato votato per un ventennio da orde di donne di mezza età e di uomini con la vocazione del lacchè che sdilinquivano appena lo vedevano apparire in video approvando il suo cattivo gusto nel condursi che altro non era se non la faccia esteriore della sua volgarità morale.
I “Risibili” alla Berlusconi sono cresciuti come funghi e, per far proseliti, fanno continue battute finendo tramortiti dalla derisione del pubblico. C’è differenza tra far ridere e farsi deridere: se non prendi le distanze dal tuo motto di spirito, da soggetto finisci oggetto di derisione, appunto. Ma a una certa età si pensa che l’analisi logica, che permette di mettere gli elementi di una frase nel posto giusto, sia stravolgibile alla bisogna e che i predicati verbali servano solo per predicare stupidaggini al popolo bue. Trump, per esempio. Una mia amica americana è certa vincerà perché la gente si diverte talmente alle sue sparate, anche se non ne approva la politica, che non ha voglia di prendersi quel sonnifero di Biden per presidente.

Dobbiamo prendere atto che la politica non è una cosa seria, che i politici servono a intrattenerci e farci evadere dai problemi quotidiani, che i giornalisti fanno da cassa di risonanza e quelli più famosi fanno concorrenza ai politici per strappare gli applausi del pubblico. Proliferano su you tube i gruppi di fan, per esempio c’è “Feltri for president”. Quelli lo istigano e questo cerca di superare giornalmente se stesso. Ma è dura inventarsene una al giorno e, come dicevamo, rischi di trasformarti nella parodia di te stesso. La parodia è un travestimento burlesco e, se si rivolge alla propria persona, non è solo una cattiva imitazione ma soprattutto una denigrazione che distrugge anni di reputazione professionale. E per cosa? Per stare sulla cresta dell’onda mediatica? Come se ad età avanzata si avesse paura di perdere l’equilibrio e quindi si preferisse fare delle ridicole capriole per timore di cadere miseramente nel dimenticatoio. Ma, come i clown, poi ci si rialza da terra sporchi di paglia… non è dignitoso.
La dignità è un concetto ormai desueto tanto da essere diventato fastidiosamente incomprensibile. Eppure degno è chi è meritevole di essere ricordato. Non ricorderemo le esternazioni di coloro che si sono ridotti a fare le macchiette di se stessi. E dev’essere un monito pure a noi stessi, perché a detta di un amico sagace: “Abbiamo ancora pochi anni prima di perdere il senno e uscire dal mondo come…” (qualcuno sovracitato). E cosa c’è di più disonorevole che essere commiserati da vivi?