Nel giro di poche ore il capo del maggior partito d’opposizione in Italia, nonché senatore della Repubblica, è riuscito a infilare altre perle alla sua già poco lusinghiera collana. Una bomba d’acqua di inaudita potenza ha investito Palermo, facendo temere per la vita di due persone che risultavano disperse, mettendo in pericolo numerosi automobilisti intrappolati nelle auto travolte dalla valanga d’acqua, e causando danni per decine di milioni di euro. Eppure il senatore Salvini non ha saputo fare di meglio che lanciare frecciate polemiche e offensive al sindaco della città, Leoluca Orlando, affermando testualmente “A furia di pensare solo agli immigrati, il sindaco Orlando dimentica i cittadini di Palermo: basta un temporale e la città finisce sott’acqua”, aggiungendo alla solita becera propaganda razzista la codardia di un vergognoso insulto alla città ferita. A quel signore vorrei dire, purtroppo senza speranza di riuscirci, che non si è trattato di un temporale.
Vede, caro senatore, quando su una città cade oltre un metro d’acqua in poche ore, non è un temporale, ma un’alluvione e non c’è amministrazione che possa cambiare le cose. Se fosse successo nel suo verde nord avrebbe subito invocato a gran voce lo stato di calamità e magari preghiere per i morti, magari brandendo il rosario con mano indegna. Per Palermo, solo stupida ironia e nemmeno una parola di solidarietà verso la gente.
Ma, si sa, a sud puzziamo, magari un po’ d’acqua ci fa bene, così una volta tanto ci laviamo e puzziamo di meno quando scende a cercare voti. Anche se, anche questo si sa, “pecunia non olet” si diceva nella Roma di un tempo, e nemmeno i voti puzzano a quanto pare. D’altra parte, una volta presi i voti, come si dice, “passata la festa, gabbato lo santo”, lei se ne ritorna nel suo nord profumato e chi si è visto si è visto.
I sardi lo sanno bene e la stanno ancora aspettando per ringraziarla per le promesse mantenute. Un altro si sarebbe affrettato a chiedere scusa, a tentare di spiegare, a mettere una pezza qualunque su un’ignobile gaffe. Lei no, la protervia e l’arroganza glielo impediscono. E protervia, arroganza e falsità ha dimostrato anche in occasione della questione autostrade.
Prima di tutto, le vorrei sommessamente ricordare che fu il governo Berlusconi (del quale faceva parte la Lega, con Bossi, Calderoli, Maroni, Zaia, oltre a, tra gli altri, Brunetta, Carfagna, Galan e, addirittura, Giorgia Meloni Ministro dello Sport), il 29 maggio del 2008 a portare in Parlamento il decreto che fu poi detto “Salva Benetton”, perché nottetempo una manina ci infilò un apposito emendamento (art. 8, duodecies). Alla fine, il decreto, come venne approvato, anche col suo voto, caro senatore, e quello compatto di tutta la Lega Nord, ma col voto contrario delle opposizioni, prevedeva le ormai ben note vantaggiosissime condizioni per ASPI e i Benetton, con facoltà di aumenti annuali fino al 70% dell’inflazione, slegati dall’obbligo di investimenti per il miglioramento e la manutenzione della rete, e l’allentamento, fino quasi all’annullamento, dei doveri di verifiche periodiche sullo stato dei manufatti e strutture. Alla fine rimanevano solo i profitti per i Benetton. I risultati si sono visti.
Eppure, di fronte al lavoro minuzioso e puntiglioso svolto da Giuseppe Conte e dal suo governo per uscire da questa situazione, creata da lei e dai suoi sodali, lei non ha saputo fare altro che unire menzogne e tracotanza. Probabilmente, senza nemmeno leggere le notizie dell’ultima ora, sempre disponibili sulla rete che tanto usa per postare il suo faccione (ma la sua resistenza a leggere le carte è nota, glielo riconobbe anche Conte in Parlamento), attacca di primo mattino a testa bassa il risultato storico di una trattativa serrata che ha visto, nel corso della nottata, il governo, e quindi l’Italia, vincere su tutta la linea e costringere i Benetton e Atlantia all’angolo, fino ad accettare tutte le condizioni, compresa la graduale, ma rapida, uscita dalla gestione delle autostrade.
Non solo, il governo porta a casa un risarcimento da 3,4 miliardi di euro, la trasformazione di Autostrade per l’Italia in una società ad azionariato diffuso, nella quale lo stato avrà ampia partecipazione, la riduzione delle tariffe, la tutela dei posti di migliaia di lavoratori, la rinuncia ad ogni pretesa da parte di ASPI a risarcimenti multimiliardari in caso di scioglimento del contratto per gravi inadempimenti, come quelli che hanno causato, per esempio, il crollo del ponte Morandi. Recuperando quindi quello che lei, e il governo del quale il suo partito era parte fondamentale, avevate regalato. E tutto questo evitando di trascinare il Paese in un contenzioso che avrebbe fatto solo gli interessi di Atlantia.
Questa è la verità, caro senatore Matteo Salvini. Il resto è fumo, un avvelenare i pozzi, intorbidire le acque per catturare i gonzi. Insomma, il suo mestiere.