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July 9, 2020
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La Corte Suprema salva il principio della “legge uguale per tutti” ma anche Trump

I giudici della Corte Suprema frenano le pretese di Trump d'"immunità legale" ma di fatto gli garantiscono il mantenimento dei segreti fiscali fino alle elezioni

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Trump assolto dai senatori del “Grand Old dei Paraculi”, tutti quaquaraquà tranne un uomo

Donald Trump. Illustration by Antonella Martino.

Time: 3 mins read

La Corte Suprema ha fatto perdere a Donald Trump nella decisione in cui cercava “l’assoluta immunità” da indagini sulle tasse, ma allo stesso tempo il Presidente USA ora potrà con più serenità tentare di rivincere le elezioni! Già é questa la “sentenza” che si ricava dalla decisione di oggi della massima corte di giustizia degli Stati Uniti.

Analizzando le decisioni della Corte Suprema (entrambe passate per 7-2), i democratici che speravano di poter finalmente rivelare agli americani i segreti fiscali “inconfessabili” di Trump non potranno esultare come invece, stamattina, hanno fatto in tanti, incluso il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, nel salutare il fatto che “the rule of law” oggi abbia vinto. Infatti è vero che la procura di Manhattan potrà richiedere di poter vedere certi documenti bancari e dei commercialisti di Trump accumulati negli anni, ma la Corte Suprema ha anche specificato come Trump potrà comunque ancora opporsi a queste richieste, rimandando un giudizio finale  alle varie corti distrettuali. In altre parole, la Corte Suprema ha forse fatto perdere una battaglia a Trump (i procuratori di Manhattan hanno il diritto di poterlo investigare e quindi cercare nei suoi documenti fiscali) ma probabilmente gli possono ancora far vincere la guerra: infatti sarà quasi impossibile che i procuratori di New York possano portare avanti un caso giudiziario senza ostacoli fino a svelare “ i segreti” di Trump in tempo prima delle elezioni di novembre.

The Roberts Court, November 30, 2018. Seated, from left to right: Justices Stephen G. Breyer and Clarence Thomas, Chief Justice John G. Roberts, Jr., and Justices Ruth Bader Ginsburg and Samuel A. Alito. Standing, from left to right: Justices Neil M. Gorsuch, Sonia Sotomayor, Elena Kagan, and Brett M. Kavanaugh. Photograph by Fred Schilling, Supreme Court Curator’s Office.

Inoltre, anche se i procuratori di Manhattan riuscissero nell’impresa di mettere insieme il necessario per “incriminare” Trump in tempi record, queste ragioni invece di essere rese pubbliche, potrebbero all’ultimo momento essere tenute sigillate da un giudice che le ritenga “troppo prossime” alle elezioni. Insomma, il succo del verdetto di oggi è che Trump è riuscito a scongiurare che si potesse sapere in poco tempo cosa queste carte “segrete” nascondono sui suoi possibili intrallazzi ed eventuali evasioni fiscali, magari con delle complicità inconfessabili che gli avrebbero potuto dare l’ultima mazzata sulle sue possibilità di conferma alla Casa Bianca.

Inoltre, nella seconda parte della decisione, la Corte Suprema ha dato a sua volta una “mazzata” al Congresso, facendo qui vincere Trump, sui poteri che questo avrebbe di indagare e poter interrogare un presidente durante il suo mandato. Infatti mentre non ha garantito a Trump alcuna “immunità assoluta”, come lui cercava da presidente, dall’essere indagato dai procuratori dello Stato di New York, la Corte Suprema ha anche deciso che le corti inferiori che dovevano decidere sui poteri del Congresso di chiamare a testimoniare l’amministrazione Trump sempre su questi “affari pericolosi” che le sue carte fiscali nasconderebbero, non avrebbero investigato abbastanza sulle suddette reali motivazioni di Capitol Hill: in sostanza la Corte Suprema ha lanciato il segnale forte e chiaro, sospettando praticamente il Congresso di muoversi con troppe motivazioni politiche e di partito e che questo sia sufficiente per fermarlo nei suoi poteri di indagine di un presidente.

La reazione di Trump su twitter alla decisione della Corte Suprema

Anche se Trump su twitter si è subito scatenato nelle lamentale e stralci contro il verdetto (da attore nato), invece può esultare perché le decisioni di oggi della Corte Suprema a maggioranza conservatrice assicurano che il pubblico non verrà a conoscenza, prima del 3 novembre 2020, dei dettagli della storia fiscale dei documenti di Trump che le varie indagini a suo carico stanno ricostruendo.

Cyrus Vance jr, il procuratore distrettuale di Manhattan, ha comunque accolto trionfante la decisione della Corte Suprema, dichiarando che “si tratta di una tremenda vittoria per la giustizia nella nostra nazione e per il suo principio fondante che nessuno – neanche il presidente- può essere al di sopra della legge… La nostra indagine” ha proseguito Vance “che ha subito dei ritardi quasi per un anno per questa causa (alla Corte Suprema, ndr), ora potrà ripartire, guidata come sempre dal solenne obbligo del grand jury di seguire la legge e i fatti, ovunque questi portino”.

Al Congresso, nonostante le dichiarazioni della Speaker Nancy Pelosi che parlano di sconfitta per Trump, qualcuno però ha ammesso che la Casa Bianca aveva ottenuto una importante vittoria tattica: il rappresentante del Texas, Lloyd Dogget, lamentandosi della decisione, ha infatti previsto che aiuterà Trump a perder tempo prima delle elezioni: “Anche se è stato sconfitto sulla sua richiesta di essere considerato al di sopra della legge, Trump adesso si trova oltre la legge, fino a dopo le elezioni di Novembre. Forse non sarà in grado di fermare per sempre la legge, ma è riuscito a fermarne l’orologio, vincendo pienamente quindi”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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