Quante volte ho trattenuto a stento le lacrime mentre in diretta tv commentavo pagine di storia drammatiche che scorrevano sotto i miei occhi, il massacro di Beslan con i bambini che scappavano dalla scuola dove i terroristi ceceni stavano uccidendo i loro amici e i loro maestri; l’attacco alle Torri Gemelle con le persone disperate che si buttavano dai grattacieli per sfuggire alle fiamme; i funerali dei nostri soldati uccisi a tradimento dalle bombe dei terroristi. Non era facile mantenere il controllo delle proprie emozioni mentre sentivo un groppo in gola e la voce che si spezzava, ma ho sempre pensato che una brava conduttrice debba avere autocontrollo.
Oggi a distanza di anni, penso di avere sbagliato. Avrei dovuto piangere insieme ai milioni di italiani, avrei dovuto lasciare che le lacrime sgorgassero. La mia professionalità non ne sarebbe uscita danneggiata e io avrei mostrato che è naturale avere dei sentimenti e che non ci sia niente di male a mostrarli. Ero convinta che non si dovesse fare, ma oggi la penso diversamente.
Non mi schiero di certo con chi fa una tv del dolore che specula sulle tragedie degli altri, ma penso sia umano mostrare la propria sensibilità, come ha fatto la ministra Teresa Bellanova che ha osato commuoversi per il successo della sua battaglia politica sulla regolarizzazione delle migliaia di persone che lavorano in nero nei nostri campi o nelle nostre case.
Per la Ministra dal volto buono non c’è stata alcuna pietà e gli odiatori si sono scatenati nei commenti più beceri, secondo quel collaudato stile provinciale che caratterizza ormai l’Italia. Eppure questi odiatori nostrani, se solo uscissero dai nostri confini e avessero l’umiltà di leggere qualche giornale internazionale, figuriamoci non leggono neanche quelli italiani, scoprirebbero che ormai c’è un mondo di uomini che piange, non piangono solo le donne. Fuori da uno tra i paesi più maschilisti con le più forti disparità tra i sessi, fanalino di coda dell’Europa, ci sono uomini che mostrano i sentimenti e non si vergognano.
Sono giorni che sul New York Times si racconta di come in questi tempi tragici di coronavirus nessuno più trattenga le lacrime. Amministratori delegati, Politici, governatori, conduttori televisivi piangono come non era mai successo mentre svolgono seriamente il loro lavoro. Come piangiamo silenziosamente noi dalle nostre scrivanie e dalle nostre poltrone di casa mentre seguiamo il flusso di notizie e speriamo che arrivino momenti migliori. Non piangono i politici italiani e mi preoccupa. Come mai non sentono la commozione davanti alle migliaia di morti e alla gente che soffre e ha paura di non farcela a riprendere il lavoro? Che cosa hanno nel loro cuore quelli che ancora urlano e sbraitano? C’era un tempo in cui anche all’estero farsi vedere piangere in pubblico era visto come un segno di debolezza, specialmente per i politici che venivano subito ritenuti poco affidabili, poco professionali e poco preparati. Valeva per le donne che venivano immediatamente indicate come instabili, figuriamoci per gli uomini educati ad essere forti e a non mostrare mai i loro sentimenti. Quel tempo è finito, ma non in Italia.
“Quando vedo un uomo che piange, penso che sia un debole” aveva detto in passato il presidente Donald Trump che poi ha corretto il tiro ed ora non perde occasione di raccontare, come fatto positivo, che attorno a lui ci siano spesso uomini grandi e grossi che si commuovono quando lo incontrano e piangono lacrime di gioia per la sua elezione. Si succede anche questo. Piangere non è più un tabù fuori dall’Italia, ed è meglio così. E vale anche per i politici di destra negli Stati Uniti, lo dico per avvisare i sovranisti nostrani che ancora diffondono parole avvelenate. Se vogliono essere aggiornati, mostrino meno muscoli e più sentimenti, meno odio e più amore, meno arroganza e più gentilezza. Non sono tempi per fare i duri, ma per tendere una mano e fare una carezza.