Ognuno ha il destino che si merita. Ma più di qualcuno quello che non si merita.
Con relativo reddito parlamentare, altro che l’elemosina del reddito di cittadinanza. La deputata forzista Vittoria Brambilla ha totalizzato il record di 99, 55% assenze in Parlamento. E’ troppo impegnata a salvare cani e gatti, pascolare pecore e nutrire asini, non nella fattoria politica, che almeno sarebbe pagata per qualcosa, ma in quella di casa sua. La segue a ruota libera Stefania Craxi piazzandosi al 97,21% di assenze: il padre Bettino si deve rivoltare nella tomba. Ma non si può ereditare tutto: nome, voti e anche passione politica, disonestà a parte. Ognuno è disonesto secondo le sue inclinazioni.
Andrea Mura, deputato sardo pentastellato al primo mandato, si attesta a un assenteismo del 96,36% a causa di un fine più alto. Ha dichiarato: “L’attività politica non si svolge solo in parlamento, ma anche in barca. Il mio ruolo è più di quello di un parlamentare: sono testimonial a difesa degli oceani”. Il senatore Paolo Romani, sempre presente al desco dei ristoranti intorno a Palazzo Madama, probabilmente non gradisce sedere senza una tavola imbandita di fronte, quindi totalizza 99,50% di assenze, piazzandosi pari merito con la Brambilla. Lo marcano ai fianchi altri due senatori forzisti: al 93,03% Giacomo Caliendo, vicepresidente della commissione speciale sugli atti urgenti del Governo, preso dal virus urgente di non lavorare, e al 92,04% l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, che senza il reddito parlamentare forse non potrebbe permettersi cornetto e cappuccino tutte le mattine. Altro che cornetto! Cornuti e mazzati siamo noi italiani con questa pletora di ladri di soldi pubblici.
Perché Di Maio non chiede le dimissioni di costoro? Visto che si professa l’onesto vicepremier del governo del cambiamento. O per cambiamento intende solo quello dello status sociale suo e dei 5 Stelle?
Ma il più baciato dalla fortuna, benché lavori, è il presidente Conte, paracadutato alla guida del governo a sua insaputa, tanto che nei primi giorni aveva dichiarato di essere il presidente della Repubblica. E sì che è laureato in giurisprudenza e dovrebbe sapere che non siamo ancora una repubblica presidenziale, anche se il mandato parlamentare è disatteso sia per l’astensionismo dei camerati (senza allusione al fascismo, bensì ai compagni di merende) sia per l’esercizio del potere sempre più totalitario dei ducetti vicepremier. Giggino è riuscito a mandare a casa, per una presunta tangente, il sottosegretario leghista Siri, il quale peraltro non avrebbe neanche dovuto entrare al governo, avendo nel suo curriculum vitae appuntata una bancarotta fraudolenta. Ma Di Maio, che non ha mai lavorato né studiato, deve aver capito che Siri avesse rotto un banco di scuola in testa a qualche cacciatore di frodo. A Siri rimane il premio di consolazione: fare il senatore, con la possibilità di farsi di nebbia come i suoi illustri colleghi sopra menzionati. Anche lui ha vinto il destino alla lotteria: non si è mai laureato in scienze politiche, in compenso si è iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti, iscrizione che non si nega nemmeno alle casalinghe, purché dimostrino di esser state pagate per prestazioni di penna anziché di scopa. Ora il povero Toninelli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dovrà lavorare per due e c’è da preoccuparsi per la sua salute. Sua moglie è già partita per Lourdes.
Mentre Salvini è sceso in Puglia ad affidarsi a Padre Pio, dopo aver considerato che Conte, che gli è devoto, è diventato premier dal nulla. Vincere le elezioni val bene una messa. Ha già venduto un sacco di copie della sua biografia “Io sono Matteo Salvini”, non grazie al santo, ma alle proteste dei democratici per la scelta dell’editore dichiaratamente fascista. Nient’altro che un’operazione di scippo dei voti di destra a Fratelli d’Italia. Quel furbastro di Salvini, dopo aver svuotato il partito di Berlusconi, vuole svuotare quello della Meloni, perché sa che molti grillini sono di sinistra e non può papparsi l’intero Movimento 5 Stelle, sebbene si sia esercitato tutto l’inverno al gioco culinario ‘pancia mia fatti capanna’ e a quello ‘pio, pio tutto mio’. Quest’ultimo non c’entra con Padre Pio, ma farsi passare per devoti non fa mai male. Tuttavia nonostante queste notizie funeste per la credibilità italiana, quella che fa davvero senso è la proposta di fare beato Aldo Moro.