Viviamo una stagione politica in cui, pur tra le polemiche di vario genere, il Governo sta portando avanti alcune riforme costituzionali in due ambiti e cioè la riduzione del numero dei parlamentari e l’introduzione del referendum propositivo.
Una riforma che prevede una riduzione del numero dei parlamentari senza prevedere una più razionale articolazione e gestione dei lavori parlamentari, con la differenziazione di funzioni e compiti tra le due Camere.
Viene, quindi, lasciata inalterata l’anomalia dell’attuale bicameralismo paritario. Osservando dall’esterno, la proposta si prospetta come una manovra di immagine verso quel “fulcro della politica parlamentare e del dibattito” che è mal visto dai cittadini senza, però, apportate una modifica indispensabile. Ciò che vedo è una riduzione della rappresentanza popolare, in nome di una visione anticorruzione che è, al medesimo tempo, lesiva della dignità di quei Deputati e Senatori che, al contrario, lavorano seriamente e quotidianamente nell’interesse dei cittadini. Se le nostre istituzioni hanno una pessima immagine è sbagliato generalizzare e lasciar passare una “propaganda” che, di fatto, mina le basi del sistema democratico.
Ciò detto una riduzione del numero dei parlamentari eletti sul territorio nazionale è per me condivisibile – sempre e quando si migliora il funzionamento dei due massimi organismi di rappresentanza – ma non è condivisibile il taglio netto fatto alla Circoscrizione Estera che, a mio avviso, andava stralciata dalla riforma per avviare una riflessione condivisa su come aggiornare le modalità di scelta della rappresentanza parlamentare all’estero.
Questa era la riforma da fare per l’estero! Quella del voto garantendo il diritto ad esercitarlo come la Costituzione prescrive all’art. 48 e cioè personale ed eguale, libero e segreto.
Ma questo, non è stato fatto e non vedo segnali chiari di una riforma in tal senso, anche se, nel periodo prima e subito dopo le elezioni, tutti parlavano della necessità di riformare le modalità di voto all’estero. Tutti si sono indignati di fronte alle notizie riportate sulla stampa di brogli, sui quali la magistratura non ha ancora fatto chiarezza, e il Governo non ha ancora risposto alla mia interrogazione in materia depositata ad inizio legislatura.
C’era un grande entusiasmo per il fatto che, finalmente, avremmo riformato il voto all’estero, e invece? Niente! Tutto tace!
Si sarebbe dovuto avviare un confronto costruttivo, ampio, in grado di coinvolgere anche le Comunità all’estero, con assemblee e dibattiti, perché ne vale il loro diritto di scegliere come eleggere i propri rappresentanti. Lo si poteva fare in parallelo con la riforma costituzionale avviata dal Governo, invece, il nulla. E, qualora ci fossero le elezioni anticipate si riproporranno sempre gli stessi problemi: le schede che si perdono e vagano per il mondo, gli assembramenti alla sede degli spogli elettorali per tutta la Circoscrizione Estera cioè a Castelnuovo di Porto e tanti, tantissimi sprechi di risorse economiche!

Bisognerebbe domandarsi se questa situazione conviene a qualcuno che non vuole affrontare il problema per continuare a votare con lo stesso metodo di cui, dopo questi anni di sperimentazione, conosciamo bene i punti deboli.
Il nostro compito come Deputati, anche a supporto del Governo, è sicuramente quello di rendere più efficiente il sistema democratico. Pertanto perché di fronte ad un modello palesemente insufficiente il Governo non interviene?
Al contrario si è limitato a tagliare il numero dei parlamentari esteri, mentre gli iscritti AIRE aumentano in continuazione, raggiungendo un numero simile ai residenti nella Regione Lazio che, da sola, elegge 56 deputati, mentre la Circoscrizione Estera ne elegge 12.
I numeri parlano da soli. In parlamento siamo un numero simbolico che non andrebbe ridotto ulteriormente!
A questo punto mi domando: sarebbe meglio eliminare gli eletti all’estero e lasciare che gli iscritti AIRE votino per i candidati in Italia? Questo andrebbe davvero incontro alle esigenze degli italiani all’estero?
Una riflessione ed un confronto che non si può procrastinare oltre.
Abbiamo perso anni. Oggi abbiamo l’opportunità di cambiare e dire ai connazionali che vivono all’estero che il loro diritto di voto è al sicuro, fugando il triste pensiero che si possa perdere nei meandri dei passaggi burocratici ! Ci viene in soccorso anche l’innovazione tecnologica, usiamola! Il modo migliore lo possiamo trovare insieme ma è ora di fare qualcosa di concreto. Non più lamenti. Tutti uniti: eletti all’estero e nostri rappresentanti al Governo. Lo possiamo fare! Facciamo sentire la nostra voce anche come Comunità, perché possiamo garantire a tutti gli italiani pari diritti.
Prossimamente ci sarà l’incontro mondiale dei giovani italiani all’estero e mi piacerebbe che anche loro si pronunciassero con un documento di proposta. Sarà il modo per renderli protagonisti di una stagione che veda l’impegno e la presenza di noi italiani all’estero nella vita del nostro Paese, a partire dall’assetto delle Istituzioni!