Se non puoi cambiare gli altri, cambia te stesso. E’ un concetto su cui si basa la psicologia, mutuato da Eraclito, Seneca, Ovidio. Sul mito della metamorfosi Ovidio ha scritto un tomo. E non per raccontare storielle, ma per lasciarci un messaggio esistenziale. Nel mito chi cambia sono gli uomini, non gli dei.
Purtroppo a scuola abbiamo appreso poco o niente e nella vita continuiamo a cercare di cambiare gli altri affinché siano a nostra immagine e somiglianza. Quasi noi fossimo divini. Anzi ci infatuiamo proprio delle persone che furbescamente ci rispecchiano. Similmente scegliamo i politici. La nostra ignoranza è direttamente proporzionale alle nostre scelte e indirettamente proporzionale ai nostri fallimenti sia privati che pubblici.
Ora il presidente del Lazio Nicola Zingaretti non vuole rottamare il PD ma cambiarlo. L’ha dichiarato a Trieste nella sala affollatissima dell’Hotel Savoia, invitato mercoledì 17 da Francesco Russo, ex senatore e ora consigliere regionale del Pd. Vuole andare a congresso per imboccare la terza via, quella del cambiamento.
Da dove si parte? “Dalla domanda: perché hanno scelto loro e non noi? Perché, malgrado tutto quello che sta avvenendo, abbiamo tutti la sensazione che la loro immagine non si scalfisca? Perché preferiscono loro?”.
Il discorso fila, visto che le scelte sono di pancia dove spesso si tuffa il cuore.
Nicola Zingaretti individua due motivi. Innanzitutto dal 2008 al 2018 il Pd ha perso il 50 per cento dei voti: da 12 milioni è sceso a 6, perché è stato dentro un modello economico che ha accresciuto la diseguaglianza. La ricchezza non è stata redistribuita secondo equità. Eppure questo tema non è stato avvertito all’interno del partito e nemmeno nella sinistra europea. “Quando la politica non risolve il problema, lo fa l’antipolitica”. L’elettorato di sinistra ha percepito la lontananza del Pd dalla missione umanitaria su cui si fonda la sua stessa esistenza; il risultato è stato l’indebolimento di chi non si è più occupato dei più deboli.
Secondo motivo: “L’io assoluto ha avuto la prevalenza sul noi. Viviamo in una dimensione della democrazia che si trasforma in egocrazia”.
Come si costruisce l’unità del partito? Secondo Zingaretti, comprendendo le ragioni dell’altro, che non significa condividerle. Un leader deve decidere, saper risolvere i problemi. Non deve andare in tv a parlar male dei colleghi di partito né degli avversari. Si può essere non del Pd ma alleati del Pd: basta demonizzare chi non ha la tessera. Né si può continuare a dire: abbiamo fatto tutto bene, ma comunicato male; così non si cambia.
A livello nazionale, per Zingaretti non c’è stata una politica sui piccoli comuni: in otto anni sono stati tagliati 13 miliardi agli enti locali che hanno portato allo spopolamento delle province e all’impoverimento del Paese. In democrazia il tema della credibilità è fondamentale, ma bisogna chiedersi se sia giusto rispettare le promesse elettorali fino in fondo, come vuole fare questo governo. “Il costo sarà un disastro: prevedo 18 miliardi bruciati sugli interessi. Dobbiamo rifondare un modello economico, sociale che migliori e garantisca la crescita e l’equità. E dobbiamo saltare il Rubicone per rifondare la Ue: un’Europa unita non ci può essere se non c’è un’Europa democratica. Insisto sugli Stati Uniti d’Europa. No a chi vuole picconare e distruggere l’Europa: le grandi potenze non aspettano altro”.
Abbiamo chiesto a Zingaretti cosa intendesse per “cambiare”’? Cambiare l’animo dei politici o direttamente certi politici Pd? “Entrambi”, ha risposto sorridendo sornione. Perché nel primo caso non basta un coach, tantomeno un creatore d’immagine, meglio sarebbe sostituire quei politici. L’empatia come non si impara, così non si compra come un vestito. Chi ha governato per anni senza ascoltare, senza dare risposte, senza prendere decisioni, disprezzando i compagni e considerando nemici gli alleati, non ha nemmeno l’apertura mentale di farsi un esame di coscienza per mettersi in discussione. Il nemico cresce dentro di sé, nutrito dall’odio e accarezzato dalla paura verso qualcuno che ti possa portare via la poltrona. Cresce come una serpe in seno perché intimamente sai di essere politicamente inadeguato e culturalmente impreparato per il ruolo che occupi e temi anche le ombre. Salvo poi atteggiarti a buonista e aprire le porte a tutti quelli che arrivano a spazzar via la cultura italiana.
Nietzsche in Aurora ha scritto: “Il serpente che non può cambiar pelle, muore”.