Ha fatto discutere, farà discutere ancora, soprattutto deve far riflettere l’intervento del presidente francese Emmanuel Macron di martedì scorso al Parlamento Europeo. Lasciamo perdere il fatto che le parole di Macron non sempre, anzi spesso, non corrispondono al suo “fare”: il “fare” di ieri, il “fare” di oggi; si può legittimamente presumente al “fare” di domani. Non è questo che ora importa. E’ l’allarme lanciato che merita attenzione. E’ un grido di allarme, di dolore: un richiamo alle responsabilità singole e collettive; e d’accordo: Macron è anche lui, per la sua quota parte, responsabile della situazione che si è creata.

Ma questo nulla toglie alla fondatezza della analisi: “Non possiamo far finta di essere in un tempo normale, c’è un dubbio sull’Europa che attraversa molti dei nostri Paesi, sta emergendo una sorta di guerra civile europea, ma non dobbiamo cedere al fascino dei sistemi illiberali e degli egoismi nazionali… Di fronte all’autoritarismo che ci circonda la risposta non è la democrazia autoritaria ma l’autorità della democrazia”.
Se è cosi, ed è così; se il pericolo viene da queste tendenze cosiddette “sovraniste”; se dobbiamo guardare con preoccupazione a quanto avviene a Budapest e a Varsavia, a Londra e a Barcellona, a Madrid e a Vienna, ma anche a Parigi – si, la Parigi di Macron, con le sue Libie e le sue Sirie – e in Italia, con i Luigi Di Maio, i Matteo Salvini, le Giorgia Meloni, i Silvio Berlusconi, i Matteo Renzi – se tutto questo è vero: ci si illude, si vuole illudere, si è solo interessati a piccole postazioni di posticcio potere, se si invoca più di “questa” Europa; se si oppone alla miope visione delle “piccole patrie” e dei mille campanili la ancor più miope e sterile visione delle autonomie spicciole, governate da poteri reali e tecnicamente irresponsabili.

Non serve ancora più questa Europa che ha prodotto e produce solo voraci burocrazie e ha generato e genera i “mostri” denunciati da Macron. Occorre piuttosto seguire la rotta cinquant’anni fa tracciata da Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Ignazio Silone, Piero Calamandrei, Antonio Giulio Borgese, Thomas Mann; e poi, con loro, Konrad Adenauer, Winston Churchill, Alcide De Gasperi, Maurice Schuman; quello che occorre sono gli Stati Uniti d’Europa, che prendano a modello istituzionale quello che tracciarono, nei “Federalist Paper”, Alexander Hamilton, John Jay, James Madison; occorre un nuovo diritto mondiale, una nuova Costituzione transnazionale, una diversa concezione del diritto che si basi sul diritto umano e civile alla conoscenza, al sapere, alla libertà di sapere e conoscere; al diritto universale al diritto. Solo così si daranno le giuste risposte alle domande e agli allarmi lanciati Macron.