All’inizio del 2003, su Micromega (1/2003), il dott. Antonio Ingroia e il dott. Roberto Scarpinato, in atto, quest’ultimo, Procuratore Generale di Palermo, scrivevano: “La dimensione politica della mafia non é un dato eventuale e aggiuntivo del fenomeno, ma genetico e strutturale…ma… se é la politica il nerbo della potenza mafiosa, come può la stessa politica abbattere la potenza mafiosa?” (si può notare che, al tempo della sontuosa domanda -2003- in Sicilia, il tasso di omicidi era giunto a 1.23 per 1000 abitanti: 1.24, la media nazionale). C’é un errore, proseguivano: si tratterebbe delle “tesi ricorrenti”, secondo cui “la democrazia consiste nella dittatura della maggioranza aritmetica..”. Per “…impedire il suicidio della democrazia…”, si può ricorrere ad Autorità che “…sospendono o relativizzano il dogma del consenso…bisogna dunque affidare a un’istanza politica superiore il compito di ‘sospendere’ autoritativamente la democrazia elettiva aritmetica, al fine di salvare la democrazia sostanziale, cioé il bene comune della generalità dei cittadini contro la stessa volontà della maggioranza”. Si riteneva, già allora, configurabile all’uopo un “…commissariamento europeo nei confronti degli stati membri i cui vertici dovessero risultare in collegamento diretto o indiretto con la criminalità organizzata”.
Oggi, l’On. Luigi Di Maio, dichiara: “Chiediamo all’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa -n.d.r.) l’invio degli osservatori internazionali in Sicilia, per monitorare il corretto svolgimento delle elezioni; siamo molto preoccupati per il rischio voto di scambio”.
Nel corso degli ultimi mesi, un altro noto magistrato del Pubblico Ministero, il dott. Antonino Di Matteo, ha ripetutamente, e pubblicamente, manifestato il suo apprezzamento per il M5S (rispetto al suo Codice di Comportamento, fra l’altro).
Pochi giorni fa, il candidato del MoVimento, Giancarlo Cancelleri, ha annunciato un “conto alla rovescia”, che sarebbe cominciato per la coalizione di centro-destra, e che sarà scandito da “arresti e condanne”.
Nello Musumeci, a sua volta, a margine degli arresti domiciliari appena disposti a carico del Sindaco di Priolo (in provincia di Siracusa), candidato all’Assemblea Regionale per Forza Italia (“avevo ragione io: non bisognava candidarlo“, ha dichiarato), non é sembrato discostarsi dal concetto di “impresentabili”: copyright della Commissione Antimafia, e delle sue “liste”: la cui redazione é stata invocata, piuttosto risolutamente, ancora da Di Maio; e mentre anche il Vice-Presidente della stessa Commissione, l’On. Claudio Fava, per parte sua, concorre simultaneamente alla Presidenza siciliana, con la lista “Cento passi per la Sicilia”.
La scelta del candidato del centro-destra risulta culturalmente gregaria, rispetto alla concezione dominante: quella che riduce l’azione politica in Sicilia (per ora) al profilo politico di un collettivo “minus habens”. Di recente, il Prof. Sabino Cassese, a proposito dei fenomeni corruttivi (com’é noto, secondo certa catechesi, anche di rango legislativo, ormai sempre più assimilati a quelli “mafiosi”), ha osservato: “…bisognerebbe avere dati meno impressionistici sugli snodi e sui luoghi dove si sviluppala corruzione”.
Sicché, proprio politicamente, quell’affermazione di Musumeci appare anche sdrucciolevole. In quanto sembra volersi cimentare su un terreno, quello tribunizio-inquisitorio, in cui il M5S é egemone: e senza che “i grillini”, prevedibilmente, abbiano da temere competizioni su questo registro. Si ha semmai l’impressione che da simile “riconoscimento metodologico”, prenderà slancio e forza Cancelleri, e non Musumeci. E che questa uscita verrà intesa, dai più, nel senso che, in fondo, “hanno ragione loro”. Ad ogni modo, si vedrà.
Quella che pare indiscutibile, comunque, é la seguente acquisizione: elezioni, che si terranno per rinnovare Organi politico-amministrativi chiamati a governare 5 milioni di persone, sono sotto tutela: e il giudizio sulla loro validità e autonomia istituzionale, a cominciare dai suoi stessi protagonisti, é rimesso ad un sistema di burocrazie non elettive, nazionali e sovranazionali: secondo varie sfumature di sudditanza, ma entro un sostanziale unanimismo sottoculturale.
Queste, le inferenze che ne vengono:
1) le “liste di impresentabili” hanno matrice investigativa, e prescindono ampiamente da un accertamento giurisdizionale;
2) per assumere “la qualità”, basta anche una Misura di Prevenzione non definitiva; a sua volta, fondata, diciamo, su una Nota di Servizio di Polizia;
3) la “democrazia aritmetica”, per risalente elaborazione, é ritenuto un “dogma”, che, nell’incalzare del “fenomeno mafioso”, va sconfessato presidiando ispettivamente e, se del caso, coercitivamente, l’urna elettorale;
4) il sigillo dell’ “Europa Commissaria” é stato invocato ieri, e di nuovo oggi;
5) sembra delinearsi una “clausola di gradimento” dell’esito elettorale, criptica, ma di forza quasi formale: concettualmente prossima ad un potere di veto, gravemente illegalistico.
Non é, pertanto, l’azione di questo o di quello a sormontare, in un crescente smarrimento dei rudimenti primi della democrazia: ma un certo “Spirito del Tempo”, che soffia da molti anni: scegliendo le sue maschere, più o meno effimere.
Questo vento si chiama dittatura, della specie “commissaria”, secondo la partizione di Carl Schmitt: perché fondata sulla temporanea sospensione dell’ordinamento esistente. E, con le dittature, si sa dove si comincia, e si sa pure dove si finisce.