A leggere sul Corriere online di venerdì 14 che il Movimento 5 Stelle, M5S, torna in testa al gradimento degli elettori, si può restare basiti. Venendo al termine di una settimana nella quale quel movimento si è coperto di ridicolo in Italia e nel mondo, sollazzando i tanti nemici con errori di ogni tipo, sul piano etico prima ancora che politico, ci si sarebbe aspettato altro. Invece l’elettorato lo premia nelle intenzioni di voto.
Si aggiunga che il sondaggio è uscito la sera di giovedì, giorno nel quale il movimento era atteso al tribunale di Roma per un altro possibile scandalo: quello dei contratti stipulati con i candidati alle elezioni comunali presso un privato studio di consulenti d’azienda. Il contratto di fedeltà, il cui testo è reperibile online, prevede la multa di 150.000 euro per gli eletti disobbedienti: a chi, lo si capirà più avanti.
Il tutto, a pochissima distanza dalla criticatissima virata “legalitaria” che, in solitario, Grillo aveva compiuto sulle dimissioni da incarichi pubblici, di personaggi M5S indagati.
Si dirà: dejà vu nella campagna elettorale statunitense: Trump più merda in faccia riceveva più saliva nei sondaggi. Deve esserci dell’altro, e va capito.
Cominciamo dal richiamare l’antefatto.
Il 9 si ha notizia che il presidente dell’associazione M5S, il comico genovese Beppe Grillo, ha stipulato il 4 gennaio, all’insaputa di tutti, l’accordo di adesione al gruppo dei liberali e democratici europei del Parlamento Europeo, Alde. Di conseguenza, M5S abbandona i colleghi del gruppo Efdd del quale è copresidente il Nigel Farage fondatore di Ukip, capo degli euroscettici britannici e leader della campagna referendaria che ha portato Il Regno Unito fuori dall’UE.
Lo scandalo è grosso, C’è chi si rallegra per il supposto rinsavimento di Grillo (Roberto Speranza, minoranza PD) e chi l’accusa di tradimento (i leghisti all’unanimità). Nigel Farage spara addosso a Grillo la più infamante delle accuse che possa essere rivolta al suo movimento: “Beppe Grillo si unirà ora all’establishment eurofanatico di Alde, che supporta il Ttip, l’immigrazione di massa e l’esercito europeo ma si oppone alla democrazia diretta”.
La base M5S è in subbuglio, per almeno due buone ragioni. Molti, nel gruppo dirigente e nella base, fanno circolare il netto dissenso rispetto alla scelta operata dal vertice. Tutti contestano il fatto che la consultazione online, chiesta da Grillo a poche ore dalla firma ufficiale dell’accordo a Bruxelles, andasse fatta prima dell’intesa con il capogruppo Alde, l’ex premier belga Guy Verhofstadt, e che richiedesse più tempo per un minimo di dibattito interno.
Sia come sia, la base corrisponde alla proposta del leader, con un 78,5% dei votanti che non ammette replica.
Nel frattempo, c’è rivolta nei liberali europei, che mettono alla gogna Verhofstadt, schiaffandogli sotto il naso le dichiarazioni antieuropeiste di Grillo, i continui attacchi di M5S alle istituzioni europee, la manifesta volontà dei grillini di tirar fuori l’Italia dall’euro e quant’altro. Vi è evidenza che i due abbiano concordato in tutta fretta la misura di congiunzione in vista della vicina elezione del nuovo presidente del Parlamento Europeo, dopo la decisione del socialdemocratico Martin Schulz di lasciare lo scranno più alto dell’istituzione per dare una mano a SPD nelle elezioni tedesche. I più maliziosi fanno anche i conti in tasca ai protagonisti e denunciano il pingue ritorno in centinaia di migliaia di euro che il regolamento parlamentare consentirebbe con l’ingresso MsS in Alde.
Comunque sia, i liberali sconfessano il presidente e rinviano al mittente la richiesta di adesione, ritenendosi incompatibili con chi fino a poche ore prima stava con la punta estrema del razzismo e della xenofobia europee, Farage. L’ineffabile ex capo di governo belga dà la sua versione ufficiale dei fatti: “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa, non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. “Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave”.
Grillo fa fatica a riprendersi dall’uppercut. Scrive sul blog: “”L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco”.
Il capo dei leghisti Matteo Salvini riassume: “Fallita la svendita dei vertici grillini”.
Maurizio Gasparri, senatore forzista, definisce Grillo “”ridicolo e incapace”.
Esponenti del Pd parlano di “figuraccia,” “punizione all’opportunismo”, “schiaffo alla base”.
Grillo va per qualche ora in confusione, sino a ipotizzare di restarsene solo, sedotto e abbandonato, in Parlamento Europeo. Poi va a Canossa da Farage che lo riprende in casa, facendogli però pagare uno scotto politico durissimo a livello di comando del gruppo, e la totale inversione ad U rispetto ai termini del documento previsto con i liberali.
Gli eurodeputati Marco Affronte e Marco Zanni protestano abbandonando il gruppo, altri cinque deputati esprimono in pubblico mal di pancia ma si fanno convincere dalle telefonate di Grillo a restare. Arriva l’annuncio che, per danno d’immagine, chi lascia dovrà pagare la penale di 250.000 euro.
Era indispensabile evocare alcuni dettagli dell’antefatto, in quanto utili ai ragionamenti di seguito proposti.
Andando al sondaggio pubblicato nella tarda serata del 13 gennaio, effettuato da Ipsos PA per conto del Corriere della Sera, si legge che il 30,9% degli intervistati si dichiara pronto a votare M5S, il 30,1% il Pd. Distanziati, appaiati intorno al 12,5%, Lega e Forza Italia. Primo partito, gli indecisi, col 33,2%. Rispetto al sondaggio di dicembre, M5S fa +0,9, Pd -0,2.
Resta la domanda iniziale: come mai la vicenda europea non solo non ha accresciuto il vantaggio che i democratici avevano registrato in sondaggi precedenti, ma ha addirittura rimesso in sella M5S?
Soccorrono innanzitutto i dati del sondaggio Ipsos. Richiesti se abbiano seguito la vicenda M5S/Alde, gli intervistati rispondono: non ne ho sentito parlare (18%), ne ho solo sentito parlare (37%), l’ho seguita nei fatti principali (38%), l’ho seguita nei dettagli (10%). Leggasi: 1 italiano su 10 è informato dell’accaduto in modo approfondito.
Richiesti come vedono M5S dopo l’accaduto, gli intervistati rispondono: non so (25%), perderà consensi e non li recupererà (8%), non perderà consensi (14%), perderà consensi ma li recupererà in breve (26%). Leggasi: solo 8 italiani su 100 castigheranno M5S per la figuraccia europea. Interessante apprendere che se è al 40% la percentuale di intervistati che prevede nessuna perdita di consenso o perdita con recupero a breve, la percentuale arriva a 71% tra gli elettori grillini. Più di ¼ degli intervistati arriva a detta conclusione in base a precedenti esperienze, visto che M5S, rimediate brutte figure, ha saputo sempre rilanciarsi.
Sembra di poter derivare, dalle narrazioni di antefatto e fatto, le seguenti osservazioni.
M5S continua ad operare su fondamento soprattutto carismatico. Adepti e follower sono meno interessati alla conoscenza dei fatti, e più interessati alla parola di coloro ai quali hanno dato fiducia. I fatti, laddove meritassero attenzione, l’avrebbero solo attraverso il filtro del fiduciario carismatico. E’ tipico dei movimenti non ricercare conferme da fatti e ragionamenti, che sono innecessari nelle dinamiche carismatiche, per questo catalogate da taluni nella categoria delle vicende psichiche di fede e amore. Sfugge, a chi aderisce al processo carismatico, proprio come capita all’innamorato e al credente, ogni cosa che abbia a che vedere con la categoria degli interessi (che però, con gli ideali, è a fondamento della politica e di tutti i suoi attori …).
M5S, dirigenti e aderenti, si mostra a digiuno di Europa e delle sue regole. La cosa è gravissima, perché significa che il primo partito italiano del momento si schiera contro qualcosa che non conosce e, ancora più grave, non è interessato a conoscere. Se Grillo avesse avuto conoscenza anche minima delle regole sulle quali vivono i comportamenti di Bruxelles e delle sue istituzioni, mai avrebbe tentato il suo azzardo, perché mai liberali e democratici francesi e tedeschi avrebbero accettato di prendere con lui non un caffè ma l’ascensore. Può ritenere che il presidente del gruppo potesse bypassare le regole del voto interno (che prevede per modifiche del gruppo la maggioranza di 2/3), solo chi non pratica regolamenti e regole della democrazia “formale” che considera inutili e superate, avendo optato per le adesioni di massa online.
In quest’ambito va detto (se Grillo avesse ascoltato i suoi eletti nell’assemblea di Strasburgo, sicuramente glielo avrebbero spiegato) che l’autostima politica e professionale dei parlamentari europei è altissima, in particolare tra i liberali, e mai si sarebbero prestati agli inciuci che vediamo nel nostro parlamento.
Spiace, da italiano, aver rimediato rispetto agli altri paesi membri, una figura da “pirla” come direbbero a Milano. L’esponente M5S e vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, ha affermato: “Nell’Europarlamento la scelta del gruppo è una questione tecnica, Vedrete le nostre scelte quando voteremo. Se l’adesione a un gruppo fosse per affinità politica, allora avremmo sbagliato gruppo. Siamo contrari agli Stati Uniti d’Europa nel lungo periodo e vogliamo subito un referendum sull’euro”.
Sempre per parlare milanese, pur nel rispetto della posizione politica espressa, si afferma che il resto è una pirlata. Se c’è un parlamento politico al mondo è quello europeo, dove eletti nei tanti paesi membri, convengono sotto distinti simboli politici, non per rappresentare gli interessi del proprio paese, ma le conflittuali posizioni politiche europee. Difatti si formano maggioranze e opposizioni, come forse Di Maio ha finalmente appreso, visto che è stato respinto non su base tecnica ma su base politica, essendo considerato non affine al progetto politico del gruppo. Siamo all’abc delle istituzioni. O si vogliono ingannare elettori e militanti, facendo con le mani cose diverse da quelle che si raccontano con la bocca, (tanto tutti guardano alla bocca), o serve un corso accelerato in diritto e istituzioni europee. Nel secondo caso, coraggio Di Maio lei è ancora giovane, può farcela!
La prova offerta da Grillo e, stando ai risultati del sondaggio, dall’opinione pubblica, illustra perfettamente a quale grado sia sceso il cinismo italiano, dopo decenni di intossicazioni, ruberie, delusioni, corruttela. Il primo partito del paese zigzaga disinvoltamente dall’estrema destra xenofoba razzista e antieuropea al fior fiore dell’europeismo democratico e liberale e, respinto, torna al capolinea col cappello in mano, e tutto va bene Madame la Marquise! Nessuna autocritica, tanto il consenso aumenta, e se non subito, dopo qualche giorno. Tradotto in analisi politologica significa che, almeno per ora, e almeno per i pentastellati, non vi è interesse alle coerenze: l’importante è tenere alta la bandiera dell’onestà pubblica. Ma questo significa che il Movimento non è soggetto politico con contenuti e soggettività forte, tanto da potersi schierare con tutto e il suo contrario, a distanza di poche ore. Al mio paese, quei comportamenti definiscono un voltagabbana e sanno di inaffidabilità.
L’elettorato M5S sembra non riporre speranza nelle altre possibilità di voto, consegnandosi in questo modo alla volatilità del suo vertice. Eppure, mai come in questa occasione quel vertice ha mostrato disprezzo per i eletti, ranghi intermedi, base, gli elettori. Qualunque leader politico, di fronte alla più clamorosa figuraccia internazionale patita da un capo partito italiano (per trovare qualcosa del genere, occorre andare agli anni di Berlusconi, commiserato pubblicamente da Sarkozy e Merkel), si sarebbe dimesso. Per molto meno Renzi è diventato un signor nessuno dalla sera alla mattina.
Non vale per il carismatico M5S, che si fa scrivere a casa Grillo, e assume decisioni in alleanza con lo studio “Casaleggio & Associati”, quasi M5S fosse un’azienda privata e non un movimento politico finanziato anche con denaro pubblico.
Si scrive di concezione chiusa e privatistica dell’attività politica. C’è di più: il meccanismo interno prevede che sulle questioni di rilievo decida in ultima istanza il garante. Una persona, non un organo, come ad esempio un collegio di probiviri. Il garante è il presidente del partito, Beppe Grillo. Caso eclatante dove controllato e controllore si identifica addirittura in una persona. Come ha ricordato Sergio Romano in questi giorni, è quello che accadeva nel partito bolscevico ai tempi di Lenin.
Si dirà che non c’è alternativa al malaffare di partiti truffaldini, e che per mantenersi puri persino una struttura opaca e occhiuta, che intervenga quando opportuno contro chi va fuori dal seminato e tradisce la causa della ramazza collettiva, è nell’attuale situazione l’unica soluzione possibile per evitare ruberie e inciuci dei quali la nostra democrazia è infetta. In tempi neppure troppo lontani, si affermava che non c’era alternativa alla rivoluzione, al taglio di teste e altre delizie pur di affermare il mondo nuovo. Sappiamo come è andata.
Forse l’equivoco di fondo che gira intorno a M5S sta nel raccontare la politica come categoria dell’etica, facendo affidamento sulla visione insieme troppo pessimistica e troppo ottimistica della natura umana. Per cui tutti sono infami, ma fortunatamente arriva un Puro collettivo che fa “tana libera tutti” e ci salva. Robespierre, tanto per scomodare qualche esempio nobile, si produsse su premesse del genere. Hitler, Khomeini e il citato Lenin, tutti falliti aspiranti alla società della purezza.
La politica, in quanto categoria dell’umanità associata, è fallibile, falla e non sarà mai infallibile. Per questo accetta il check and balance, la cultura della legge e del controllo serrato di terzi su chi comanda. Dove è democratica, rigetta l’uomo solo al comando, si dà istituzioni di rappresentanza, organi e ruoli, li privilegia e rispetta. Rigetta capi carismatici e scorciatoie plebiscitarie, perché sa che conta solo il faticoso sforzo delle riforme giorno per giorno.