Per ora abbiamo diversi aspiranti chef, neppure un pasticciere e molti pasticcioni. La pasticceria è chimica: non si può improvvisare, gli ingredienti devono essere perfettamente dosati, altrimenti la torta non cresce. Quando poi si vota di pancia, può capitare che si rimanga addirittura senza dessert. Perché non ci sono più i soldi per acquistare lo zucchero.
Che ne faremo della torta italiana? Io avrei un’idea: dimezzarla. Non resta che rinunciare a babà, pastiere napoletane, cassate e cannoli siciliani, canditi e marzapani. Perderemo le delizie italiane che tanto amiamo. Dimagriremo. Ma riusciremo almeno a mangiare ancora il piatto forte. Se l’Italia vuole sopravvivere, deve dividere la torta in due. Ogni parte provvederà al proprio fabbisogno, amministrativamente parlando. Ognuno per sé, Dio per tutti. Patti chiari, amicizia lunga.
Federalismo!
Mi spiego: il no del Sud alle riforme è stato determinante. Il Sud non ha voluto risparmiare sulla spesa dei senatori e del Cnel, ha voluto mantenere il potere alle Regioni; ergo prenda in mano la responsabilità della propria scelta che non è solo politica, ma soprattutto economica. Ogni Regione si amministri autonomamente con le proprie risorse. Lo spartiacque sia Roma, nel mezzo a fare la bella Pompilia. Cosa che del resto fa da quando c’è la democrazia in Italia, che si è accomodata troppo comodamente nei vari palazzi reali. Non sto rimpiangendo i Savoia, per carità, ma la Repubblica ha instaurato un andazzo troppo oneroso. Democrazia non è riempire la pancia a tutti i politici. Renzi ha cercato di metterli a stecchetto, adeguando la paga dei senatori a quella del sindaco del più piccolo Comune del Paese. E zac, gli hanno sfilato la torta da sotto il naso. Ora che se la mangino, viene da dire. Solo che in quella torta ci stiamo tutti noi. E la torta finirà ben presto con questi avidi pasticcioni, che finora hanno solo dimostrato di essere inadeguati a governare.
Prima che il lievito impazzisca e la torta diventi un pasticcio, sarebbero quindi da sfornare dei piccoli pasticcini, seguendo le ricette regionali. E chi darà da mangiare agli extracomunitari che arrivano sulle coste del Meridione? Ah, Bruxelles forse provvederà a mandare quelle stucchevoli palle di cocco, visto che la torta preparata da Renzi non è stata gradita.
Ma chi se la gode è la Merkel: non aspetta altro che riempirsi la pancia di babà; un paio di mesi fa l’aveva pur detto: se non eravamo in grado di sfamarci, dovevamo mettere in vendita il forno italiano. Certo, la frittata l’ha fatta Grillo, ma altro i 5 Stelle non sanno fare, come stanno dimostrando nelle città che amministrano. Quindi fra un po’ verrà a nausea.
Mia nonna mi ripeteva sempre: chi troppo vuole, nulla stringe. L’Italia sta insieme perché il suo stivale è infilato in un collant, ma prima o poi la maglia si romperà. L’abbiamo tirata troppo in tutti i sensi. E visto che non abbiamo acquisito un senso nazionale comune, la cosa migliore è divorziare. Fortunatamente il nostro Stato è laico e non vige la formula del matrimonio cattolico: “Finché morte non ci separi”. Ora abbiamo un’Italietta, meglio sarebbe avere due Italie. Il federalismo è l’unica via, se Roma non vuole finire tra due fuochi. Morta, appunto. Montesquieu ha scritto che le rivoluzioni accadono a causa dell’incertezza del futuro che paventa una classe sociale cresciuta nel reddito, ma che non è al potere perché lo Stato non è stato capace di garantirle riforme adeguate.
Invece la fantapolitica, che crea la realtà romanzesca italiana, sogna un governo tecnico guidato da Prodi, un uomo per tutte le stagioni e per tutti i partiti, perché non si capisce quello che dice, così non si capisce quello che fa, cioè nulla. D’Alema sogna di essere Prodi. Berlusconi sogna una grande coalizione con Grillo. Grillo sogna il potere assoluto. E tutti sono terrorizzati di prendere in mano la patata bollente italiana. Al voto subito! C’è bisogno di nuovi scenari, alleanze, partiti per andare avanti.