Le diplomazie sono al lavoro per evitare il peggio. Ma, tra Governo italiano e Regione siciliana, la guerra è già scoppiata. Casus belli, i tagli imposti da Roma alla Sicilia. Dopo avere sottratto circa 4 miliardi di euro dalle ‘casse’ regionali in meno di tre anni (tra accantonamenti e fondi Pac- Piano di azione e coesione) e dopo avere incassato la rinuncia a quattro miliardi di contenziosi con lo Stato (atto firmato la scorsa estate dal Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, senza il parere del Parlamento dell’Isola), il Governo Renzi non è ancora sazio. Così, attraverso, Alessandro Baccei, l’assessore regionale all’Economia inviato in Sicilia dalla Capitale, sta cercando di imporre un ulteriore taglio di circa 400 milioni di euro a un’Isola già stremata.
Una richiesta dinnanzi alla quale un po’ tutti i deputati regionali (anche del Pd) si stanno opponendo, perché, in una terra già finanziariamente dissanguata, quest’ennesima batosta non potrebbe che tradursi nell’ennesimo atto di una ‘macelleria sociale’ che è già in corso. Si andrebbero a colpire, per intenderci, categorie già messe alquanto male: i precari degli enti locali della Regione, gli operai forestali, i dipendenti della Regione (soprattutto la dirigenza) e dipendenti delle società pubbliche.
Una mannaia contro la quale, con un ritrovato vigore, si sta opponendo anche il Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che con Baccei ha instaurato un vero e proprio braccio di ferro. Da qui una sorta di sceneggiata dal sapore vagamente ‘minatorio’ orchestrata dal Governo Renzi, che ‘contesta’ il bilancio provvisorio redatto dallo stesso Baccei e che fa trapelare l’ipotesi di un’impugnativa che bloccherebbe le già asfittiche ‘casse’ regionali e il pagamento degli stipendi a circa 50 mila persone.
In teoria, la Ragioneria dello Stato avrebbe trovato da ridire sul fatto che l’assessore romano abbia scelto di dare copertura ad alcune spese solo per 4 mesi, rinviando tutto alla manovra di maggio. Ma il burocratese nasconde, e alquanto male, le ragioni di uno scontro più sostanziale. E anche se Baccei, oggi, annuncia che si è trattato di un equivoco, che ha già inviato a Roma chiarimenti, il messaggio è arrivato forte e chiaro: opporsi al Governo Renzi può portare sventure.
Secondo alcune indiscrezioni, l’esecutivo nazionale starebbe valutando anche l’ipotesi di un commissariamento della Regione siciliana. Se sia un altro 'messaggio in codice' o una reale intenzione, non si sa. Di certo a Roma se ne è parlato, come ci confermano alcuni parlamentari nazionali eletti in Sicilia.
Il commissariamento potrebbe arrivare nel caso in cui la Sicilia non fosse in grado di approvare il proprio bilancio 2015 entro Maggio. Questa ipotesi, in realtà, è piuttosto controversa. Perché se, da un lato, il Governo Renzi, sbarazzandosi di Crocetta (con lui decadrebbero anche i deputati dell’Ars) avrebbe via libera, dall’altra dovrebbe assumersi in prima persona la responsabilità di tagli draconiani verso 5 milioni di siciliani. Cosa che, in termini elettorali, non sarebbe vantaggioso. Anzi.
C’è da dire che, a decidere un eventuale commissariamento della Regione, dovrebbe essere il Parlamento nazionale. Secondo lo Statuto autonomistico della Sicilia (che, lo ricordiamo spesso ai lettori americani, è una delle cinque Regioni italiane a Statuto speciale e opera attraverso un proprio Parlamento), non sarebbe il Governo Renzi a disporre il commissariamento della Regione. Dovrebbero essere Camera e Senato, in seduta plenaria, a votare lo scioglimento del Parlamento dell’isola e a nominare tre commissari.
Questo prevede lo Statuto, che fa parte della Costituzione italiana. Se Renzi pensasse di forzare la mano, difficilmente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, consentirebbe una tanto plateale violazione dello Statuto siciliano. Almeno così si suppone.
Il disegno attuale, con ogni probabilità, è comunque quello di far fare il ‘lavoro sporco’ a Crocetta, che però non ci sta, almeno finora. Vedremo cosa farà domani, quando si recherà nella Capitale per partecipare al Consiglio dei Ministri convocato – così si sussurra, per fare la ‘festa’ alla Sicilia.
Come finirà? L’unica cosa certa è che la mossa del Governo nazionale, ed anche questa è una notizia, non ha fatto proseliti in Sicilia, né nella maggioranza, né nell’opposizione.
“Sarebbe curiosamente contraddittorio – afferma il segretario regionale del Pd siciliano, Fausto Raciti – che il Governo Renzi possa impugnare il bilancio provvisorio per un fatto di date, mettendo a rischio migliaia di lavoratori precari, proprio mentre l'assessore all'Economia è espressione dello stesso Governo nazionale e del presidente della Regione a garanzia del rapporto istituzionale. Mi sembra paradossale”.
Insomma, sembra dire Raciti: il Governo Renzi impone alla Regione Baccei come assessore all’Economia; quest’ultimo, nell’esercizio delle proprie funzioni di assessore regionale commette errori e lo stesso Renzi la fa pagare ai siciliani? Sarebbe, per l’appunto, paradossale…
Ancora più esplicito Nello Musumeci, leader dell’opposizione all’Assemblea regionale siciliana (il Parlamento dell’Isola): “La considero una mossa inusuale. Roma è in debito nei confronti della Regione siciliana per non avere mai rispettato gli articoli finanziari del nostro Statuto, ovvero gli articoli 36, 37 e 38 (la cui mancata applicazione ha consentito a Roma, nel corso dei decenni, di non erogare alla Sicilia ingenti risorse finanziarie, vanificando, di fatto, i punti più importanti dell’Autonomia siciliana. Secondo le stime si parla di almeno 7 miliardi di euro l'anno, ndr).
"Nei mesi scorsi- prosegue Musumeci- il Governo Renzi fa ha perfino ottenuto dal remissivo Crocetta, sotto ricatto, la rinuncia a circa 4 miliardi di contenzioso. Il volere adesso minacciare chissà quali provvedimenti di commissariamento è una vergognosa speculazione politica contro una Regione siciliana in difficoltà. Una Regione che oggi è in grande difficoltà per responsabilità che, nella cosiddetta Seconda Repubblica, sono divise egualmente tra centrodestra e centrosinistra”.
Musumeci commenta anche l’opposizione di Crocetta a questa 'guerra punica' renziana contro la Sicilia: “E’ una resa dei conti interna al Partito democratico che governa la Sicilia da ormai 5 anni. Con Raffaele Lombardo prima e con Crocetta oggi. Solo che a pagare il conto sono i Siciliani.”.
E alla domanda su cosa dovrebbe fare Crocetta domani per dimostrare di essere davvero al servizio della Sicilia, Musumeci risponde lapidario: “Dovrebbe dimettersi, è inadeguato per questo ruolo. Dovrebbe rinascere tre volte e con un codice genetico diverso per essere un buon Presidente della Regione”.
Critico con il Governo nazionale anche Michele Cimino, deputato vicino a Crocetta che, come Musumeci, si sofferma sulla mai risolta questione della mancata applicazione delle norme finanziarie dello Statuto:
“Crocetta in Consiglio dei ministri – dice Cimino – chieda come mai il Governo nazionale vuole le imposte da colossi del web come Google per gli accessi in Italia, mentre alla Sicilia non riconosce le imposte di chi produce e deturpa la nostra Isola. Serve una rivoluzione culturale e politica per promuovere e tutelare un diritto fondamentale che alcuni fingono di non capire”.
Ndr: Il caso Sicilia non è ancora stato affrontato dal Consiglio dei Ministri. Vi terremo aggiornati.